Italia viva ha iniziato un'audace campagna di comunicazione a sostegno delle donne afghane, che ora rischiano la vita nel nuovo Emirato islamico, appena proclamato dai talebani. Un'appassionata denuncia per sensibilizzare l'opinione pubblica sul destino delle donne di Kabul, che dopo 20 anni di occupazione militare da parte degli Stati Uniti e delle forze Nato, sono ripiombate nell'incubo della Sharia. I gruppi al potere hanno infatti dichiarato di voler governare il Paese secondo una rigida interpretazione della legge islamica, e così le afghane hanno di colpo perso i diritti acquisiti dopo un lento percorso di conquista di una maggiore indipendenza e di un riconoscimento all'interno della società.
"Vorrei che le tante amiche e compagne di mille battaglie si facessero sentire. Ciò che sta accadendo alle ragazze di Kabul ci riguarda non solo perché rischiamo l'esplosione dell'immigrazione e soprattutto nuovi attentati terroristici. Ci riguarda come donne, come esseri umani, come cittadini del mondo. È ripartito il campionato di calcio. Mi spiace che nessuno abbia proposto di inginocchiarsi anche per le ragazze afghane", ha detto oggi Maria Elena Boschi, lodando la posizione presa dal governo italiano e dal premier Draghi, e non perdendo occasione per criticare l'ex presidente del Consiglio Conte, che ha giudicato "distensivi" i primi segnali lanciati dai talebani.
Le dichiarazioni di Boschi al Giornale sono state rilanciate anche dalla collega di partito Raffaella Paita e dalla parlamentare di Iv Silvia Fregolent. Mentre la ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti pochi giorni ha twittato così: "Il grido di aiuto delle donne e delle bambine afghane non può rimanere senza risposta. L'Italia è al lavoro e farà la sua parte".
Lo stesso leader di Italia viva Matteo Renzi ha pubblicato un'immagine drammatica di una madre afghana, che non riuscendo a scappare da Kabul attraverso l'aeroporto ha lanciato il figlio neonato oltre il filo spinato, per affidarlo a un militare, sperando di salvargli la vita, consapevole che non lo avrebbe più rivisto: "Questo gesto è il gesto drammatico per eccellenza: una madre per salvare il figlio lo abbandona a sconosciuti. Ma meglio gli sconosciuti che gli estremisti. Rifletta chi in queste ore chiede di aprire ai Talebani, signori del terrore e del terrorismo. Dolore, dolore, dolore ".
Tutti accorati messaggi di solidarietà, a fianco di una minoranza che già adesso viene perseguitata, come raccontano diverse testimonianze, e che pagherà il prezzo più alto per l'ascesa dei fondamentalisti islamici. Chiedere ai calciatori di inginocchiarsi all'inizio di una partita, così come hanno fatto spontaneamente molte squadre durante gli Europei, ricordando le battaglie contro il razzismo del Black Lives Matter, è un'iniziativa pienamente condivisibile, se non fosse che gli esponenti di Italia viva hanno la memoria corta.
Ci ricordiamo tutti degli arditi elogi pronunciati da Matteo Renzi durante un incontro pubblico in Arabia Saudita, non più tardi di qualche mese fa, in piena crisi di governo. L'evento si chiamava "Il futuro di Riad", organizzato nell'ambito della manifestazione "La Davos del deserto" dal principe ereditario saudita Mohammed bin Salman. Il leader di Iv, in qualità di conferenziere e membro del board della Future Investment Initiative – la fondazione controllata dalla famiglia reale saudita che aveva promosso l'evento – era stato invitato per un colloquio con il principe Mohammad bin Salman: "Per me è un privilegio poter parlare con te di Rinascimento", aveva detto Renzi, per poi aggiungere: "Credo che l'Arabia Saudita possa essere il luogo per un nuovo Rinascimento", dicendosi come se non bastasse anche "invidioso" della situazione occupazionale del Paese, grazie a un costo del lavoro molto basso rispetto a quello italiano.
Parole molto gravi, per le quali il senatore, pur essendo stato criticato, non ha mai fornito spiegazioni. Come non ha mai chiarito la questione degli 80mila dollari l'anno che, come hanno raccontato il ‘Domani' e il ‘Fatto Quotidiano', Renzi ha percepito per i suoi meeting in Arabia Saudita. E stiamo parlando di un Paese in cui le donne vivono una condizione di subalternità. Solo da poco (nel 2017) è caduto per loro il divieto di guidare, ed è recentissimo il permesso che hanno ottenuto di partecipare all'hajj, il tradizionale pellegrinaggio alla Mecca, senza un parente maschio che faccia da tutore, a condizione però che partano in gruppo. Eppure, come ha denunciato un corrispondente dell'Afp a Riad, nonostante il via libera del governo, diverse agenzie turistiche hanno fatto sapere che non accetteranno donne senza un tutore maschio. Il passo avanti della società sembra sia al momento rimasto solo sulla carta.
Non vorremmo quindi che per Italia viva la vita delle donne saudite valesse di meno di quella delle donne afghane. Per toglierci questo dubbio inviteremmo Renzi a rispondere delle sue affermazioni, magari in una conferenza stampa, come aveva promesso.