Prima di scrivere questo pezzo, confesso di aver guardato la sezione dedicata allo ius soli su Fanpage.it. È piuttosto istruttiva una rassegna cronologica sulla questione, se si vuole comprendere quanto la discussione su una nuova legge sulla cittadinanza sia stata usata in maniera strumentale da tutte, dico tutte, le forze politiche italiane, per poi essere abbandonata in nome di ragioni che definire ridicole appare piuttosto riduttivo. La cosa oltremodo singolare dell’intero dibattito, in effetti, è proprio il persistere delle stesse obiezioni, degli stessi luoghi comuni e delle stesse reticenze che da anni tengono in ostaggio il provvedimento di riforma della legge sulla cittadinanza comunemente (e in parte erroneamente) denominato ius soli.
Il punto è che c'è una distanza siderale fra ciò che una nuova legge dovrebbe disciplinare e i toni da apocalisse che vengono utilizzati per opporvisi. La legge attualmente in vigore stabilisce infatti che sia di diritto cittadino italiano chi abbia almeno un genitore con cittadinanza italiana, mentre per l'ottenimento della cittadinanza negli altri casi sono necessari una serie di requisiti e una soglia minima di età, fissata a 18 anni. Il nuovo testo, nella versione approvata alla Camera e sepolta al Senato, si limiterebbe ad ampliare le fattispecie per l'acquisto della cittadinanza italiana, introducendo una sorta di ius soli temperato e una specie di ius culturae.
Facciamo un bel respiro e proviamo a definire con calma di cosa stiamo parlando. Prima di tutto l'idea è quella di dare la cittadinanza italiana a chiunque sia nato in Italia da genitori stranieri, dei quali almeno uno dei due sia in possesso del diritto di soggiorno permanente (riconosciuto "al cittadino dell'Unione europea e ai suoi familiari, che abbiano soggiornato legalmente e in via continuativa per cinque anni nel territorio nazionale") o del permesso di soggiorno di lungo periodo (che ha chi è in possesso dei seguenti requisiti: "titolarità, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità; – reddito non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale; – disponibilità di alloggio; – superamento di un test di conoscenza della lingua italiana"). Parliamo dunque di bambini e ragazzi che sono in Italia da anni, con genitori "integrati" e da tempo inseriti nel tessuto sociale italiano.
La nuova legge dovrebbe introdurre poi una fattispecie nuova, il cosiddetto ius culturae, che permetterebbe di associare la cittadinanza al completamento di un percorso formativo. Ovvero: "acquistano il diritto alla cittadinanza quei minori, che siano nati in Italia o vi abbiano fatto ingresso entro il dodicesimo anno di età, che abbiano frequentato regolarmente un percorso formativo di almeno cinque anni sul territorio nazionale". Bambini e ragazzi nati in Italia o giunti qui da piccolissimi, che parlano italiano, studiano nelle scuole italiane e in Italia hanno tutto il loro mondo.
Come altro definirli se non italiani?
Ecco, per quanto possa sembrare strano, intorno a questa legge (peraltro finanche troppo timida, a parere di chi scrive) si sono alzate barricate mai viste prima e si sono viste retromarce, timidezze e vigliaccate anche a sinistra. Le obiezioni sono più o meno sempre le stesse, alcune davvero improponibili, come vi avevamo mostrato alla fine del 2017 (quando il ddl "dieta mediterranea" divenne prioritario…).
La strategia dei progressisti: far vincere la linea di Salvini per non far vincere Salvini
Il riaprirsi del dibattito sullo ius soli temperato e sullo ius culturae ha visto il riemergere di una delle teorie più dannose della storia politica italiana, che sintetizzeremo con lo slogan "facciamo come dice la destra, altrimenti vince la destra". Basta scorrere la vostra bacheca Facebook o lo stream di Twitter per apprezzare un florilegio di "gli italiani non capirebbero", "la gente ha paura, non possiamo voltarci dall'altra parte", "non è il momento giusto, si fa un favore a Salvini proprio adesso che lo abbiamo messo in difficoltà". A scrivere, nella stragrande maggioranza dei casi, sono persone genuinamente "di sinistra" (o quantomeno progressiste), che rilanciano concetti elaborati dai grandi strateghi della politica italiana.
Piuttosto interessante è notare come nel ragionamento complessivo si inserisca la questione degli sbarchi e dell'accoglienza. Che, detto a bassa voce, è una sciocchezza che serve solo a utilizzare il frame "emergenziale" nel racconto sullo ius soli. Gli sbarchi c'entrano poco o nulla con il dare la cittadinanza ai figli di immigrati che già vivono e lavorano in Italia: si tratta di questioni diverse, che non si intersecano se non in casi rarissimi e che in ogni caso attengono a sfere distinte (la cittadinanza e l'accoglienza). Perché buttare tutto in un unico calderone?
La debolezza del ragionamento sulla non-opportunità di approvare lo ius soli per non ridare forza alla propaganda di Salvini, del resto, è piuttosto evidente. La destra ha conquistato consensi proprio perché gli avversari non sono stati in grado di ribaltare la discussione, si sono fatti dettare l'agenda e le priorità, si sono convinti a rinunciare a storici riferimenti ideologici per scimmiottare modi e forme dell'avversario. Così, nelle praterie aperte da Alfano prima e Minniti poi hanno cavalcato i cavalli della propaganda salviniana; nel vuoto della proposta politica progressista si sono imposte visioni del mondo manichee, si è affermata una narrazione tossica della questione immigrazione, che ha armato le matite degli italiani in cabina elettorale.
Le bufale della destra: la sostituzione etnica e l'Islam in Parlamento
Da destra si agitano sempre gli stessi feticci, con bufale da competizione di cui avevamo già parlato qui. Il primo e più ricorrente argomento è quello della famosa "sostituzione etnica degli italiani", qui perfettamente riassunta da un pezzo de Il Giornale. Anche volendo glissare sull'inconsistenza delle teorie cospiratorie in stile "piano Kalergi", va detto che lo ius soli / ius culturae riguarderebbe solo i minori che vivono e studiano in Italia da anni e peraltro anche in numero limitato. Ma soprattutto, parliamo di persone che nella quasi totalità dei casi acquisirebbero comunque la cittadinanza italiana a 18 anni.
Una variante della sostituzione etnica è quella dell'islamizzazione dell'Italia, che passerebbe anche dalla possibilità per un non meglio specificato partito islamico di entrare in Parlamento grazie ai voti dei nuovi cittadini italiani (grazie Il Tempo per la perla). Si tratta dell'evoluzione de "il PD vuole lo ius soli per recuperare voti", che non tiene conto né del fatto che i minorenni non votano (!!!), né del fatto che stiamo parlando di qualche decina di migliaia di persone l'anno che, lo ripetiamo, diventerebbe comunque italiana al compimento della maggiore età (e, sommessamente, segnaliamo che in Italia vi sono già circa 2 milioni di musulmani, non si capisce cosa cambierebbe…).