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Renzi blinda legge elettorale: direzione Pd approva Italicum senza modifiche

Il pronunciamento definitivo della direzione nazionale del Partito Democratico sull’Italicum: minoranza sul piede di guerra, nessuna apertura da parte renziana.
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Ore 19.55 – La direzione del Pd approva l'Italicum senza modifiche. La Direzione del Partito Democratico ha approvato la relazione del segretario Matteo Renzi che ha proposto di non modificare l'Italicum nella terza lettura alla Camera dei deputati, ma il partito ancora una volta si è spaccato. Anche se la relazione è passata all'unanimità, infatti, la minoranza Dem non ha partecipato al voto. Una decisione che amplifica la spaccatura nel partito ma che era nell'aria dopo che Renzi nel suo discorso aveva detto chiaramente che non ci sarebbe stata alcuna apertura alle richieste della minoranza.

Ore 18:15 – Cuperlo, raccogliendo in qualche modo l'invito di Pippo Civati, ha fatto sapere che non parteciperà al voto chiesto da Renzi sulla proposta di legge elettorale: "È vero, la legge in discussione è molto diversa da quella approvata in un primo momento, ma non basta ancora. Servono cambiamenti e tu, Matteo, devi fidarti dei tuoi parlamentari e non imporre un voto blindato".

Ore 17:30 – Oggi si voterà sull'Italicum e questa sarà l'ultima direzione del PD in cui si affronterà il tema della legge elettorale. È con questa comunicazione che il Presidente del Consiglio Matteo Renzi apre il suo intervento alla direzione nazionale del Partito Democratico: "È un passaggio decisivo per la nostra dignità, per chiudere una discussione aperta da tempo e portata avanti anche con il concorso delle altre forze politiche […] La legge elettorale non è solo uno strumento di discussione tecnica, ma anche il modo per dimostrare di essere capaci di fare ciò che per anni non siamo stati in grado di fare". E alla minoranza interna manda un messaggio chiaro: "Abbiamo fatto un percorso, modificando la prima versione dell'Italicum, in questo modo eleggeremo il 28% di candidati con il candidato di collegio e il 72% di candidati con le preferenze e non faremo candidature plurime. Sul premio di maggioranza abbiamo deciso di darlo alla lista…altrimenti conveniva rimanere DS e Margherita. Io non sono d'accordo nel fare un ritocco per rimandare la legge di nuovo al Senato, ma soprattutto sono contrario alla logica del ricatto interno al partito, come fa D'Attorre. E non prendo nemmeno in considerazione l'idea di discuterlo, perché il PD non è il partito in cui quando non si è d'accordo si minaccia di mandarci sotto col voto segreto. Il mio non è un aut aut, ma un lavoro che va avanti da 13 mesi".

Nel corso del suo intervento, non sono mancate le stoccate a Landini ("il suo tentativo di Coalizione Sociale sarà respinto dalla realtà, non è nemmeno il passato della sinistra") e a Salvini ("Più tempo passa in televisione e meglio è per noi, così gli italiani impareranno a conoscerlo"): due persone che "sono ormai fenomeni televisivi". E Grillo? "Da spauracchio è diventato sciacallo", chiosa Renzi.

Le posizione sono note: da una parte la maggioranza renziana che punta a blindare la legge elettorale nella formulazione approvata al Senato (più che di Italicum ormai si dovrebbe parlare di Espositum, in effetti), dall’altra le diverse anime che compongono la minoranza del Partito Democratico che, in modi e logiche diverse, propongono cambiamenti radicali e chiedono di rivedere anche il progetto di riforma della Costituzione. Posizioni cristalizzate da settimane e che emergeranno nella discussione odierna all’interno della direzione nazionale del partito, convocata dal Presidente Orfini proprio alla scopo di pronunciare la parola definitiva sull’Italicum, che i renziani intendono approvare definitivamente alla Camera dei deputati verosimilmente nell’ultima settimana di aprile.

L’impianto della legge elettorale non convince la minoranza, soprattutto per quel che concerne i capilista bloccati (che depotenzierebbero il valore delle preferenze) e le candidature multiple; in più, come sottolineava Bersani qualche giorno fa, “il combinato disposto di riforme istituzionali e legge elettorale ci consegna una deformazione seria dell'equilibrio democratico”, dal momento che, con lo stop all’elezione diretta dei senatori (e ai mutamenti nella proporzione numerica), si consegnerebbe al primo partito di governo un peso “eccessivo” e libero da contrappesi giudicati essenziali per la tenuta democratica. Il “problema” è che la direzione di oggi prevede “votazioni”, dunque implica la possibilità che il PD decida in maniera definitiva la linea da seguire nelle prossime settimane sull’Italicum e alla quale i gruppi parlamentari “dovrebbero” poi adeguarsi. Una prospettiva che la minoranza, considerato anche l’equilibrio numerico interno alla direzione, ritiene inaccettabile: cuperliani – bersaniani e civatiani in effetti da tempo chiedono l’apertura di un tavolo di confronto e considerano il voto sull’Italicum come una forzatura inaccettabile. Anche perché, come notano in molti, anticipare i tempi sull’Italicum (che sembrava dovesse essere discusso a fine maggio) significa intersecare la discussione parlamentare con la campagna elettorale e dunque, indirettamente, depotenziare la portata della critica della minoranza. In effetti appare arduo immaginare un braccio di ferro in Parlamento fra minoranza e renziani, proprio mentre sul territorio il partito è impegnato in una campagna elettorale che si annuncia comunque molto complessa in alcune regioni chiave (Veneto e Campania su tutte).

E allora, che farà la minoranza? Prima di tutto, andrebbe ribadito un concetto: al momento non c'è nel Pd una minoranza "unita", che si raccolga intorno ad un leader e che abbia una piattaforma comune, ma una serie di gruppetti, più o meno rappresentati in Parlamento e tra i militanti. Insomma, sono diverse le correnti e diverse le strategie. Una situazione fotografata da Pippo Civati, che oggi, nel chiedere di non partecipare al voto della direzione, immagina un intervento unico della minoranza e invita a definire "una volta per tutte il campo di chi è in minoranza, perché le ambiguità di questi mesi non hanno fatto altro che creare confusione: una minoranza che non si preoccupi delle sigle e dei posizionamenti, ma dei contenuti e della qualità della nostra democrazia; non interessata ai posti, ma al pluralismo e alle garanzie". Di diverso avviso il portavoce dei bersaniani, D'Attorre che, pur da una prospettiva molto critica nei confronti di Matteo Renzi ("bisogna aver chiara la distinzione fra comandare e dirigere […] non serve la solita esibizione muscolare ad uso streaming, che eluda i problemi di merito e si risolva con una conta"), ha confermato la sua partecipazione all'assemblea odierna. Per fare cosa? Prendere atto del voto e comunque impostare una battaglia in Parlamento sugli aspetti centrali dell'Italicum, parrebbe.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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