Italia fuori dalla Via della Seta, Conte: “Meloni ha fatto un autogol, lo pagheranno famiglie e imprese”
La decisione era stata preannunciata nei mesi scorsi, ma oggi è arrivata la notizia ufficiale: l'Italia non rinnoverà il Memorandum di intesa con la Cina siglato nel 2019. La "disdetta" è stata notificata con una lettera del ministero degli Esteri all'ambasciata cinese.
Nella missiva viene spiegato che l'Italia non estenderà l'intesa oltre il termine previsto del 22 marzo 2024, ma si ribasce la volontà di rafforzare e sviluppare la "collaborazione bilaterale" a mutuo beneficio dei due Paesi. Nessuna comunicazione ufficiale da Palazzo Chigi, che si limita a un "no comment", mentre a spiegare il senso del mancato rinnovo dell'accordo è il ministro degli Esteri Antonio Tajani.
L'accordo, ha detto il titolare della Farnesina, "non era vantaggioso per noi in prospettiva perché Germania e Francia hanno avuto un fatturato superiore al nostro. Adesso vediamo come rafforzare il rapporto con la Cina ma già stiamo lavorando tanto con loro, c'è un partenariato strategico. Pochi giorni fa – ha aggiunto – è stata in Cina la ministra Bernini, prima c'era stata la mia visita. Non c'è nulla di negativo nei confronti della Cina. Procediamo come abbiamo sempre proceduto, tutto va avanti".
Il Memorandum sulla nuova Via della Seta era stato firmato il 23 marzo 2019 in un incontro a Villa Madama tra l'allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio (che lo aveva materialmente siglato) e il presidente cinese Xi Jinping, anche se ad avviare i contatti era stato il governo guidato da Paolo Gentiloni.
L'Italia era l'unico Paese del G7 ad aver aderito alla proposta di Pechino, cosa che aveva fatto storcere il naso ai partner, in particolare agli Stati Uniti. Il patto (avviato con 29 accordi, tra soggetti sia pubblici che privati) impegnava i due Paesi a lavorare alla Belt and Road Initiative, rafforzando le relazioni politiche e gli scambi commerciali.
L'uscita dalla Via della Seta, come dicevamo, era stata ampiamente anticipata: Meloni l'aveva di fatto preannunciata al G20 di Bali al primo ministro cinese Li Qiang rilanciando allo stesso tempo il Partenariato Strategico Globale – che nel 2024 compirà 20 anni – e che sarà, aveva detto, "il faro per l'avanzamento dell'amicizia e della collaborazione tra le due nazioni in ogni settore di comune interesse". Per rilanciare il Partenariato Tajani si era poi recato in visita a Pechino nel settembre scorso.
Le reazioni
Il leader di Azione Carlo Calenda parla di "una decisione sacrosanta", mentre Italia Viva chiede che il titolare della Farnesina riferisca al Parlamento. "C'è stata questa richiesta, adesso verifichiamo, diciamo che è un mese molto complicato, molti impegni anche internazionali del governo, un'aula già impegnata su mille fronti. Lo chiederò, sicuramente verrà, quando è impossibile dirlo perché devo ancora parlarne con il ministro Tajani", ha spiegato il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani.
"La decisione del presidente Giorgia Meloni di revocare gli accordi con la Cina, sottoscritti dall'ex presidente Conte, è un'ottima notizia per diversi motivi. Innanzitutto, questa scelta è volta a preservare l'economia italiana, i mercati nazionali e continentali, le nostre infrastrutture strategiche, il patrimonio manifatturiero e artigianale da troppo tempo cannibalizzato dalla potenza asiatica a causa del mai affrontato problema della concorrenza sleale", ha dichiarato il vicepresidente della Camera dei deputati, Fabio Rampelli, di Fratelli d'Italia.
"È stato il virus del globalismo a mettere in ginocchio la nostra capacita' produttiva. Ricordo che negli anni l'ascesa cinese imperial-comunista, ha danneggiato fortemente il commercio italiano e quello europeo, si è infiltrata in porti e industrie, in quartieri e intere città con conseguenze socio economiche devastanti. L'export cinese, plagiando i nostri prodotti e utilizzando manovalanza a basso costo e priva degli elementari diritti sindacali e politici, ha attuato politiche commerciali scorrette, antitetiche a quelle rigidissime imposte alle nostre aziende, secondo un approccio tafazzista".
"Motivo per il quale continuo a ribadire la necessita' di valutare la compatibilità con la sua presenza nel Wto, l'Organizzazione mondiale del commercio – ha aggiunto il parlamentare -. Sono certo che la decisione di uscire dalla nuova via della Seta avrà un impatto positivo sull'economia italiana, consentendo di migliorare le politiche commerciali. Ormai è chiaro a tutti che la nuova via della Seta è utile solo alla Cina nella sue mire espansionistiche e predatorie. Ben vengano accordi commerciali con Pechino, ma senza legarsi mani e piedi a un regime liberticida. L'Italia sarà soggetto protagonista per dare nuovo impulso al Patto di Abramo che può cucire insieme le migliori energie di quattro Continenti".
Conte: "Mossa riporta all'anno zero relazioni Roma-Pechino"
Per il leader del M5s Giuseppe Conte lo stop alla Via della Seta, "è una decisione che si giustifica solo per ragioni ideologiche, fatta per compiacere altri che non sono le imprese italiane. Stiamo imparando a conoscere bene questo sovranismo in versione meloniana: supino con la tecnoburocrazia di Bruxelles e pronto a inchinarsi e non a dialogare alla pari con i nostri alleati. Meloni e il Governo chiedano alle nostre imprese cosa pensano in proposito. Non possono essere certo contente di una mossa che riporta all'anno zero le relazioni commerciali tra il nostro Paese e la Cina, e che rischia di affossare il potenziale allargamento del mercato italiano e delle sue eccellenze", ha detto all'Adnkronos.
Per la Via della Seta "avevamo lavorato a un'intesa programmatica che non interessava nessun asset e infrastruttura strategica del nostro Paese. Anzi avevamo contestualmente potenziato lo strumento della golden power per tutelare più efficacemente i nostri interessi nazionali. Meloni ha fatto un autogol, ma come succede da quando è entrata a Palazzo Chigi a pagarne lo scotto saranno se mai le imprese e le famiglie", ha aggiunto.
"L'Osservatorio economico della Farnesina parla chiaro: nei primi 9 mesi del 2023 l'export italiano in Cina ha registrato una crescita tendenziale del 25,1%, attestandosi quasi a 15 mld di euro. Tajani li ha letti i dati dei suoi uffici? Meloni si è accorta che anche Biden ha ricevuto Xi Jinping negli Usa? Che Macron e Sanchez sono andati in Cina in visita?", ha detto ancora il leader pentastellato all'Adnkronos. "Gli accordi della Via della Seta, che ad oggi sono stati sottoscritti da 17 Paesi europei, sono serviti anche a migliorare i rapporti commerciali per provare a riequilibrare una bilancia commerciale che nel rapporto con la Cina non pendeva certo a nostro favore".