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Covid 19

Italia divisa in 3 fasce: una Regione gialla o arancione potrà avere una zona rossa all’interno

Entra oggi in vigore il nuovo dpcm anti Covid, e scatta la classificazione delle Regioni in tre fasce di rischio. Come ha spiegato ieri Direttore Generale della Prevenzione del ministero della Salute Gianni Rezza “c’è anche una certa flessibilità del sistema. La possibilità per esempio di fare zone rosse all’interno di una Regione non rossa c’è comunque”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Continuano le polemiche dei governatori per la classificazione fatta dal governo, in collaborazione con l'Istituto di superiore di sanità, in attesa dei nuovi dati del monitoraggio settimanale sulle Regioni, che potrebbero portare a un aggiornamento di quei 21 parametri, che servono ad assegnare a ogni territorio un colore, giallo, arancione o rosso, in base al livello di gravità della situazione sanitaria legata al Covid-19. Queste misure, definite "sartoriali", serviranno a scongiurare un nuovo lockdown generalizzato.

Oggi, al più tardi domani, arriveranno i dati relativi alla settimana 26 ottobre-1 novembre. Il Direttore Generale della Prevenzione del ministero della Salute Gianni Rezza ieri ha tenuto una conferenza stampa al ministero sull'analisi dei dati della cabina di regia regionale, spiegando che una Regione in rosso o arancione resta per un minimo di due settimane in questa fascia di rischio, "poi può esserci una descalation", cioè può scendere in una fascia di rischio più basso. Così come Regioni che si trovano nella zona gialla potrebbero anche passare in una fascia più alta di rischio: è il caso di Campania, Liguria, Veneto e Toscana. "C'è anche una certa flessibilità del sistema – ha spiegato Rezza – La possibilità per esempio di fare zone rosse all'interno di una regione non rossa c'è comunque. Anzi si è sempre fatto".

Le polemiche delle Regioni di centrodestra

Il braccio di ferro continua perché la maggior parte delle Regioni continua a chiedere misure nazionali, mentre il governo insiste sulla necessità di intervenire a livello locale. Una delle principali perplessità su questa prima classificazione che parte da oggi, cioè da quando è entrato in vigore l'ultimo dpcm, è che i dati utilizzati siano vecchi, perché risalenti allo scorso 25 ottobre.

"Questa polemica non la capisco", ribadisce la sottosegretaria alla Salute, la dem Sandra Zampa replicando al sospetto che ci siano due pesi e due misure nella divisione dell'Italia in tre fasce di pericolosità del virus e che siano state penalizzate le Regioni che fanno capo al centrodestra. "Sono le stesse Regioni ad alimentare i dati e siedono con tre loro rappresentanti nella Cabina di regia che da maggio scorso lavora serenamente valutando questi numeri. C'è un rappresentante della Lombardia, uno della Campania e uno dell'Umbria: quindi ce ne sono due dell'opposizione". E ancora: "È grottesco solo pensare che abbiamo bacchettato le Regioni per ragioni politiche, anche perché  ci sono anche territori come la Puglia governate dal centro-sinistra".

"Il report costruito sui dati della settimana precedente in base ai numeri che sono alimentati dalle stesse Regioni tiene conto di un trend in evoluzione – spiega la sottosegretaria Zampa – Perché bisogna ricordarsi che le misure di restrizione che si adottano hanno bisogno di un paio di settimane per produrre effetti. Come si è visto in Campania dove l'R-t si è stabilizzato, forse anche grazie alle misure che sono state prese a livello locale". E rispetto al fatto che non si sia atteso il nuovo report che viene pubblicato oggi, Zampa replica: "Era urgente intervenire e diverse Regioni avrebbero già dovuto prendere delle misure come dicono anche i nuovi dati dei contagi sempre in salita. Non mi sembra che si stia registrando una inversione di tendenza e quindi non credo che il nuovo report sposterà tanto".

Come si decide la fascia di rischio per ogni Regione

La classificazione viene effettuata da una Cabina di Regia, di cui fanno parte dipartimento della prevenzione del Ministero della Salute, di cui Gianni Rezza è  il direttore generale, l'Istituto Superiore di Sanità, presieduto da Silvio Brusaferro, e i membri designati dalla Conferenza delle Regioni, in questo caso Lombardia, Campania e Umbria. Nel corso della conferenza stampa di ieri Brusaferro ha mostrato una vera e propria timeline dove sono raccolte, settimana dopo settimana, le valutazioni di rischio delle singole regioni a partire dal 4 maggio e fino al 25 ottobre. Da questo quadro emerge che i primi segnali di una ripresa della circolazione del virus sono stati individuati già nel periodo tra il 6 e il 19 luglio quando si è registrato un aumento dei casi a livello nazionale tale da indicare l'inizio di un passaggio di fase che si è poi concretizzato tra il 28 settembre e il 4 ottobre.

È però nella settimana che va dal 12 al 18 ottobre che la situazione epidemiologica ha subito un'impennata, fino ad arrivare ai dati attuali. Cardine del sistema di sorveglianza è il calcolo del fattore Rt, che indica la velocità di trasmissione del virus. In pratica l'Rt misura la capacità di un soggetto infetto di infettare altre persone. Se è inferiore a 1 significa che l'epidemia è in regressione, se invece è superiore a 1, il virus si diffonde con velocità crescente. Il sistema individuato dal ministero della Salute prevede quattro differenti scenari. Lo scenario 1 presenta una situazione di trasmissione localizzata (focolai) in cui l'Rt regionale è sopra il livello di soglia per un periodo inferiore a un mese. Lo scenario numero 2 è invece quello in cui c'è una situazione di trasmissione sostenuta e diffusa ma gestibile dal sistema sanitario territoriale con livelli di Rt compresi tra 1 e 1.25. Lo scenario 3 è invece quello in cui c'è una situazione di trasmissibilità sostenuta e diffusa con rischi di tenuta per il sistema sanitario caratterizzata da indici Rt compresi tra 1,25 e 1,50 e infine lo scenario 4 con criticità per il sistema sanitario e con indici Rt sistematicamente superiori a 1,5.

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