Tecnicamente dovremmo riportarvi le ultime indiscrezioni sulla trattativa per la modifica del porcellum, ma in tutta onestà la stanchezza per un balletto che va avanti da mesi ha ormai preso il sopravvento. Anche perché, tra annunci, ritardi, tatticismi e tecnicismi, la sensazione è quella di una legge che, più che alla volontà di ridare senso e valore alle intenzioni di voto dei cittadini, risponderà a precisi calcoli politici e finirà inevitabilmente con l'essere un compromesso al ribasso. Molto più interessante è invece provare a capire in che modo i partiti si preparano alle elezioni politiche del 2013 che, con buona probabilità, si terranno in primavera. Occorre subito dire che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la situazione sembra piuttosto cristallizzata per quanto riguarda "alleanze e schieramenti", mentre appare completamente fluida per ciò che concerne leadership e "candidature ecellenti".
Ad esempio, non sembrano più esserci dubbi sul fatto che alle urne il centrosinistra si presenterà con il nuovo soggetto Pd – Sel, con l'ipotesi di successive convergenze parlamentari con l'Unione di Centro. E, sia detto per inciso, la cosa presuppone almeno due certezze legate alla nuova legge elettorale (alle quali il PD legherà la prosecuzione delle trattative): la garanzia per l'Unione di Centro di ottenere una soglia di sbarramento "morbida" e la ripartizione proporzionale dei seggi unita ad un premio di maggioranza "leggero".
Dall'altra parte, il restyling del Popolo della Libertà presupporrà con buona probabilità l'ingresso di una serie di formazioni minori, nate nel caos della dissoluzione del Berlusconi quater, con la conferma del legame con La Destra. Per restare nel novero dei partiti tradizionali, sembra davvero incerto il destino di Italia dei Valori e Lega Nord, per ragioni opposte lontane da ogni ipotesi di accordo con le altre formazioni e difficilmente capaci di catalizzare nuovi consensi.
Accanto all'offerta politica tradizionale, ci sarà ovviamente il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, che i sondaggi continuano a dare intorno al 20%. Una cifra che potrebbe lievitare durante la campagna elettorale, sempre che la macchina organizzativa messa in piedi dall'ex comico riesca a superare intoppi e problematiche di vario tipo (candidature, ridefinizione del programma, comunicazione eccetera). Da valutare invece il peso elettorale della nuova formazione politica di centro cui lavora da tempo Luca Cordero di Montezemolo (con il suo think thank "Italia Futura") e che dovrebbe avvalersi del contributo di "Fermare il declino" di Oscar Giannino (circolano ipotesi che vorrebbero gli ultra – liberisti ben oltre il 10%).
Come dicevamo, per paradossale che possa sembrare, nessuno degli schieramenti ha per il momento un leader in pectore, un candidato unico alla Presidenza del Consiglio (con la sola eccezione, forse, del Pdl che dovrebbe riproporre il "grande comunicatore"). Un particolare di non poca importanza, dal momento che valutazioni più o meno condivise parlano di un 15% di voti "legato" a doppio filo alla figura del leader, ma soprattutto in un momento in cui il tema della leadership resta cruciale anche in relazione alla credibilità internazionale del Governo "chiamato a fare come Monti, dopo Monti". In tal senso, nel sottolineare che tale assenza di leadership vale anche per il Movimento 5 Stelle (visto che Grillo ha sempre negato di volersi candidare), ci sentiamo di sottoscrivere l'analisi che Luca Ricolfi fa oggi su La Stampa:
Se fossi il leader di una forza politica tradizionale sarei preoccupato, molto preoccupato. La forza d’urto dell’onda anti-partiti potrebbe essere assai forte, specie sotto l’ipotesi Ber-Ber: un Pd guidato da Bersani (l’usato sicuro) e un Pdl guidato da Berlusconi (lo strausato insicuro). E molto mi sorprende che, quando si parla di premio di maggioranza, se ne discuta come se potesse andare solo al Pd o al Pdl, o addirittura come se la corazzata Bersani-Vendola avesse già la vittoria in tasca. Se fossi Bersani non sottovaluterei né l’area Montezemolo né quella di Grillo, specie nella sciagurata eventualità che i partiti continuino a restare insensibili al «grido di dolore» che, da tanti anni e da tante parti d’Italia, i cittadini levano contro la politica e i suoi indistruttibili, irrottamabili, rappresentanti di sempre.