Non siamo un partito, non siamo una casta, siamo cittadini punto e basta. Al di là dei gusti musicali, non c'è dubbio che il ritornello della canzone simbolo della cavalcata grillina alle politiche del 2013 avesse il pregio di fotografare con nitidezza le differenze sostanziali tra il Movimento 5 Stelle e "tutti gli altri". Ad un anno e mezzo dal trionfale (e foriero di illusioni) ingresso in Parlamento, di quello slogan resta poco o niente. Abbiamo avuto modo di spiegare (qui, se vi interessa) il perché riteniamo quasi completa la trasformazione del Movimento 5 Stelle in un partito tradizionale e il perché consideriamo preoccupante (e deludente) l'involuzione delle dinamiche politiche interne, l'impoverimento del dibattito e la povertà (di idee, contenuti e modalità espressive) della comunicazione ufficiale. La sensazione, avvalorata dagli apprezzamenti ma anche dalle tante critiche ricevute, è che ci sia un enorme bisogno di luoghi in cui discutere, di spazi di confronto, di momenti di aggregazione e discussione. E il timore è che Italia 5 Stelle sia tutt'altro che questo.
Cosa si farà al Circo Massimo – Ad anticipare il programma della manifestazione romana è Stefania Carboni su Giornalettismo:
"Oramai è cosa quasi certa. In “Italia a 5 stelle“, sul palco del Circo Massimo, ci saranno 27 interventi, ciascuno di un quarto d’ora. Venerdì la scena sarà tutta di Beppe Grillo, ma sabato e domenica la parola passerà anche agli eletti. Alcuni eletti. Ci sarà Carlo Sibilia che parlerà di sovranità, i neo sindaci Patrizio Cinque e Filippo Nogarin, e poi ancora Massimo De Rosa, Vincenzo Maurizio Santangelo, Danilo Toninelli, Andrea Cioffi, Giuseppe Brescia, alcuni europarlamentari e i big del Movimento. Non a caso la chiusura sarà dedicata domenica pomeriggio ad Alessandro Di Battista (che tratterà di politica estera), Laura Castelli (economia) e il vicepresidente alla Camera Luigi Di Maio, alle 15.45, che passerà poi il microfono al leader genovese."
Tra i relatori spicca l'assenza di Federico Pizzarotti (ci torneremo), ma soprattutto appare evidente come la struttura non si discosti molto da quella di un congresso di partito e come sia evidente il processo di definizione delle gerarchie. Un ulteriore limite è rappresentato dal fatto che, a differenza dei congressi di partito, non ci sono documenti su cui discutere, non c'è una linea da votare / bocciare / modificare, non è in via di definizione una proposta politica vincolante, non ci sono quadri da eleggere o gruppi dirigenti da appoggiare / sfiduciare. Insomma, Grillo ha preso il modello assembleare tipico dei partiti (di sinistra) del Novecento, lo ha svuotato di quel residuo di "rappresentatività" e lo ha trasformato in una vetrina dell'attività fatta e dei progressi compiuti. Innestando il tutto su un partito strutturato e non scalabile.
È vero, non siamo ancora al modello convention forzista, dal momento che nel corso della tre giorni sono previsti momenti di confronto fra eletti ed attivisti. O meglio, ci saranno "3 stand dedicati ai parlamentari di Camera e Senato e a quelli europei che riceveranno i cittadini e gli attivisti per rispondere alle loro domande". Insomma, tu domandi, loro rispondono. Non proprio il massimo, a maggior ragione per chi ha sperimentato le agorà in piazza e per chi si è fatto portavoce di un "modello diverso per la politica e per il Paese".
Ma quindi, di che parliamo ad Italia 5 Stelle? – Scartato il modello assembleare, non considerati gli esperimenti in stile Leopolda (tavoli tematici aperti alla partecipazione e successiva forma assembleare con interventi su temi specifici o sul riassunto del lavoro dei tavoli), bocciata la formula "aperta", appare chiaro come la modalità scelta per la tre giorni del Circo Massimo influenzerà direttamente anche i contenuti ed i temi trattati. Sarà, per dirla con le parole dei "dissidenti", una vetrina autocelebrativa dell'attività svolta finora dai gruppi parlamentari e (con qualche eccezione) dai rappresentanti territoriali. Insomma, serviva "una cosa viva", l'organizzazione ha confezionato una passerella, uno show.
Via libera al resoconto dell'attività parlamentare, all'informazione sulle proposte alternative e alla celebrazione dell'opposizione dura e pura al Governo Renzi. Niente da fare per la riflessione sullo stato del Movimento, per il confronto sull'organizzazione e per il "conflitto" fra le diverse anime dell'arcipelago grillino (quanto al fantomatico "banchetto dei dissidenti", a noi non risulta alcun tipo di conferma ufficiale). Una scelta dettata dalla volontà di tenere a freno tensioni e spinte centrifughe, forse, ma che porterà ad una eliminazione del conflitto solo superficiale (perché le tensioni restano eccome…).
Pizzarotti, i dissidenti, l'allergia al confronto – Il caso Pizzarotti è emblematico in tal senso. Il M5S aveva a disposizione una occasione senza precedenti: il confronto nel merito delle scelte tra l'ala intransigente e rigorista e la parte che ha provato con l'esperienza diretta cosa significa "amministrare", tra i professionisti dell'opposizione (compito svolto anche al meglio, in alcuni casi) e chi si è dovuto reinventare "tecnico" e ha scoperto il "realismo oltre gli slogan". Un confronto su questioni concrete, come ci spiega un fedelissimo del sindaco di Parma: "Ti faccio un esempio, sul significato della parola ‘compromesso'. Se in campagna elettorale prometto A, ma poi scopro che per una serie di vincoli (normativi, di bilancio) posso fare solo B oppure C, cosa faccio: mi assumo la responsabilità di scegliere o mi dimetto perché avevo promesso A?". C'è qualcuno in casa 5 Stelle che potrebbe rispondere a tale domanda "sulla base" di una pratica consolidata, di uno Statuto, di una linea politica condivisa, o di semplici decisioni comuni? Eppure di A ne hanno promesse tante in questi mesi…
Una occasione straordinaria, cui si è scelto di rinunciare a cuor leggero. Una scelta decisamente discutibile anche in relazione ad una questione non secondaria: non siamo in campagna elettorale, non c'è alcun bisogno di enfasi e retorica, ma c'è invece la necessità di (ri)elaborare una piattaforma politico – programmatico – ideologica degna di questo nome. C'è un disperato bisogno di ripensare il Movimento e, se necessario, di correggere una rotta che ha portato alla sua istituzionalizzazione e al lento offuscamento di principi cardine: la democrazia diretta, "l'uno vale uno", la trasparenza, la condivisione, la rivoluzione dei comportamenti e delle pratiche politiche. Questioni dirimenti e, ce lo consentirete, probabilmente più importanti dell'elenco delle volte in cui si è votato no alla fiducia al Governo Renzi.
Ps: per inciso, la questione "Pizzarotti" non è l'unica ferita aperta nel corpo grillino; dagli espulsi agli emarginati (in Parlamento), dalla comunicazione allo staff, dai temi etici alle scelte in campo economico, dalla trasparenza al peso degli iscritti: insomma, le questioni sono tante e per nulla secondarie. Far finta che non esistano è un errore, politico e strategico.