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Istat, in Italia pochi diplomati e laureati: il 24% non studia e non cerca lavoro

L’Istat ha diffuso il suo report sui livelli di istruzione. Troppo pochi i laureati, appena il 18,7% dei 25-64enni contro il 31,4% della media Ue. Pochi anche i diplomati, solo il 60,9% rispetto a una media europea del 77,5%. Siamo poi al primo posto nell’Ue per i Neet: sono 2 milioni e 189mila i giovani che non studiano né cercano lavoro.
A cura di Giorgio Tabani
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 Solo il 18,7% dei 25-64enni possiede un titolo di studio terziario in Italia, un valore pari a poco più della metà rispetto alla media europea (31,4%). Sono i numeri del report sui livelli di istruzione dell’Istat riferito all'anno 2017. Rispetto al resto dell'Unione Europea, l’Italia ha una posizione molto arretrata riguardo al secondo obiettivo della strategia Europa 2020 sull’istruzione: innalzare al 40% la quota di giovani 30-34enni con titolo di studio terziario. Si tratta di un traguardo ritenuto fondamentale, "sia per stimolare la crescita economica sia per rendere compatibile crescita e inclusione sociale". Nel 2017 gli appartenenti a questa fascia d'età con un titolo di studio terziario erano il 26,9% (contro il 39,9% della media Ue): nonostante un aumento del 7,7%, fra il 2008 e il 2017, l’Italia è la penultima tra i Paesi dell’Ue.

Pochi, rispetto alla media europea, i giovani stranieri con una laurea. Solo l’11,8% dei 30-34enni stranieri ha un titolo terziario (contro il 30,1% dei cittadini italiani), segno che "l’Italia attrae stranieri poco istruiti". In Europa la quota di stranieri in possesso di un titolo terziario è stimata al 35,6%, con una differenza media rispetto ai cittadini Ue del 5%. In Francia il divario fra stranieri e cittadini francesi è del 9%, mentre è praticamente assente in Germania e addirittura l'ago della bilancia pende in favore degli stranieri nel Regno Unito. Tra i grandi Paesi dell'Ue, solo la Spagna ha un differenziale più alto dell'Italia, pari al 20,9%, ma è accompagnato da una quota di stranieri con un titolo di studio terziario molto più elevata rispetto a quella italiana.

Molto forte anche il divario di genere, rispetto al resto dell'Ue: oltre una giovane su tre laureata a fronte di un giovane su cinque. Dal 2008 al 2017, però, l'aumento di donne giovani laureate è stato molto più significativo rispetto a quello degli uomini. La percentuale dei 30-34enni con una laurea nelle discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) è del 24,2%: il 37,5% dei laureati è maschio mentre il 16,3% è femmina. Oltre una laureata su quattro ha un titolo nell’area disciplinare umanistica e servizi (27,7%). Tra le donne è superiore anche la quota di laureate in medicina e farmacia (18% verso 13,4%). Importante anche il divario territoriale: la quota di 30-34enni laureati è bassa nel Nord e nel Centro (30,0% e 29,9%), mentre nel Mezzogiorno si riduce al 21,6% e il differenziale si sta ampliando.

Gli scarsi risultati dell'Italia dipendono della carenza di corsi terziari di ciclo breve professionalizzanti, alternativi al tradizionale sistema universitario: in Spagna e Francia circa un terzo dei titoli terziari dei 30-34enni ha queste caratteristiche. Nel nostro Paese, dal 2010, esistono solo gli Istituti Tecnici Superiori (Its), scuole di alta tecnologia legate al sistema produttivo che hanno il compito di formare tecnici in aree strategiche quali la mobilità sostenibile, l’efficienza energetica, il made in Italy, le nuove tecnologie per la vita, i beni culturali e il turismo, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Al momento gli Its sono 98 e propongono 435 corsi da 1800/2000 ore di formazione svolte in un biennio (compreso uno stage obbligatorio per almeno il 30% delle ore complessive), con almeno il 50% dei docenti provenienti dal mondo del lavoro. Gli iscritti totali sono, però, al momento solo 10.586. Da ottobre di quest'anno partiranno invece le lauree professionalizzanti, con i primi quindici corsi e un massimo di 600 studenti totali. Si tratterà di due anni di formazione e uno di tirocinio.

In Italia pochi diplomati rispetto rispetto alla media Ue. Al primo posto in Europa per numero di Neet

Il numero di 25-64 anni con almeno un titolo di studio secondario superiore è il principale indicatore del livello di istruzione di un Paese. Il diploma è infatti considerato il livello minimo indispensabile per acquisire le competenze di base necessarie a vivere nella società attuale. Nel 2017 il loro numero in Italia è, però, ancora piuttosto basso (60,9%, +0,8% rispetto al 2016) e molto inferiore alla media europea (77,5%, +0,6% rispetto al 2016), nonostante il recupero effettuato negli ultimi anni. Molto forte il gap di cittadinanza: tra gli stranieri solo il 47,7% ha almeno il diploma di scuola secondaria superiore contro il 62,5% degli italiani. A differenza di quanto accaduto in altri paesi europei, in Italia questo divario è cresciuto nel tempo. Una peculiarità, condivisa con la Spagna, è il marcato vantaggio delle donne nei livelli di istruzione secondaria: 63% contro il 58,8% degli uomini. Sul territorio nazionale il più basso livello di istruzione si riscontra al Sud, dove poco più di un adulto su due ha conseguito almeno il diploma di scuola secondaria superiore.

I più giovani sono anche i più istruiti: il 74,8% dei 25-34enni ha almeno il diploma di scuola secondaria superiore contro il 47% dei 60-64enni; resta, però, forte lo svantaggio dell’Italia rispetto al resto dell'Ue. Il risultato è frutto dei notevoli progressi sul fronte degli abbandoni scolastici. La quota di 18-24enni che posseggono al massimo un titolo secondario inferiore e sono fuori dal sistema di istruzione e formazione (Elet, Early leavers from education and training) sono passati dal 19,6% del 2008 al 13,8% del 2016; nel 2017 la percentuale si è attestata sul 14%. La Strategia Europa 2020 sull’istruzione fissa al 10% l’obiettivo per l’Europa. La media Ue è vicina a raggiungere l'obiettivo, lo stesso accade – tra i più grandi Paesi europei – per il Regno Unito, mentre la Germania l’ha già praticamente raggiunto e la Francia lo ha superato da molti anni. I giovani stranieri che abbandonano la scuola sono quasi il triplo degli italiani: 33,1% contro 12,1%, ma il loro numero è in costante riduzione. Non accenna a ridursi, invece, il divario territoriale:  il 18,5% degli abbandoni scolastici avviene nel Mezzogiorno,  l'11,3% nel Nord e il 10,7% nel Centro.

Nel 2017 sono 2 milioni e 189mila (il 24,1%) i Neet, i giovani di 15-29 anni che non studiano né lavorano. Dopo il record toccato nel 2014, a seguito della crisi economica, il valore ha poi iniziato a scendere dal 2015, ma resta ancora circa il 5% in più rispetto al 2008. Si tratta del livello più elevato tra i Paesi Ue, che hanno una media del 13,4%. I Neet sono di più (25,5%) fra chi ha solo il titolo secondario superiore, rispetto a chi ha un titolo inferiore (23,4) e chi ha un titolo terziario (21,4). Nel 2008 erano, invece, più diffusi tra i giovani con basso titolo di studio ma, negli anni della crisi, la crescita ha riguardato soprattutto quelli con medio e alto titolo di studio. Questa condizione è più diffusa fra le donne: 26% contro il 22,4% degli uomini. I Neet sono poi più del doppio al Sud (34,4%), rispetto al Nord (16,7%), mentre nelle regioni centrali il valore è solo di poco superiore a quello del Nord (19,7%). Molto elevata la quota di stranieri Neet: 34,4% contro il 23% degli italiani, una differenza dovuta quasi esclusivamente alla componente femminile (23,7% e 44,3% le rispettive quote tra le italiane e le straniere).

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