Le elezioni le ha vinte Giorgia Meloni, il merito è suo anche se in questa impresa è stata aiutata da chi avrebbe dovuto contrastarla: il Partito Democratico di Enrico Letta, ad esempio.
Sia chiaro: il Partito Democratico di Enrico Letta non ha aiutato Giorgia Meloni volutamente, ci sarebbe mancato pure questo, ma direi per insipienza, il che forse è peggio.
C'è una frase che mi torna in mente: "Tra uno stupido e uno cattivo preferisco il secondo, perché ogni tanto ha delle pause".
Sì, Partito Democratico, sto parlando proprio di te. Tu che in campagna elettorale esultavi della tua perspicacia comunicativa perché avevi realizzato un manifesto "memabile", come dicevano certuni nelle tue file, imitando un linguaggio da gggiovani (con tre "g") anche se poi vestivano in giacca e cravatta blu scuro sorseggiando sondaggi perdenti.
"Con questa classe dirigente non vinceremo mai", disse Nanni Moretti, e più o meno siamo sempre lì, nei pressi del peggior risultato di sempre del PD, quel risultato che nel 2018 dette l'impressione di una scossa e oggi – tutto sommato – "poteva andare anche peggio, Giorgia Meloni avrebbe potuto avere i due terzi del Parlamento".
Oggi Debora Serracchiani che in conferenza stampa dice "siamo il più forte partito di opposizione", fa tristezza. Il PD ha governato per l'ultimo anno e mezzo con due dei tre partiti che oggi sostengono Giorgia Meloni, poi ha rivendicato quel governo in campagna elettorale, poi ha perso tre punti percentuali durante quella stessa campagna elettorale (chissà come mai); oggi il PD ha il fiato sul collo di un rinato M5S a guida Giuseppe Conte (che il PD aveva sbattuto fuori dalla coalizione), e la cosa più intelligente che viene in mente a Debora Serracchiani oggi è dire "siamo il più forte partito di opposizione".
Che culo, ragazzi.
Stefano Bonaccini, autocandidato a sostituire Enrico Letta, stamani ha sentito l'impellente bisogno di twittare "Complimenti" a Giorgia Meloni. La rincorsa all'essere sempre più disponibili con le istanze degli avversari, quasi la vergogna di ritenerli avversari, porterà presto a mandarsi rose rosse, bacetti democratici e votare magari insieme "i provvedimenti più importanti", ovviamente "per il bene del Paese".
Nel frattempo, questa notte, con un estremo gesto di galanteria, l'Emilia Romagna di Stefano Bonaccini è passata a votare in maggioranza la destra di Giorgia Meloni.
Il PD di Enrico Letta si è dimostrato inconsistente, volatile, nella sostanza inutile. E le persone non lo hanno votato.
Del resto è difficile votare per qualcuno che si ritiene inutile, no? Neanche il richiamo all'eterno "voto utile" è servito; figuratevi, ha fallito anche il vecchio jolly sempre valido ma non questa volta.
Facciamo un gioco: ricordate una cosa – una sola cosa – per cui sia possibile dire "questa è una battaglia del PD di Enrico Letta"?
Una battaglia per cui il Partito Democratico di Enrico Letta si sia speso in modo incontrovertibile in questi anni? A me pensando a Enrico Letta viene in mente soltanto "Mario Draghi", ma lui non è una battaglia, è un uomo e certamente non un'agenda. E se lo fosse, non sarebbe un'agenda rossa.
Pensando al M5S mi viene in mente il Reddito di cittadinanza.
Pensando alla Lega di Salvini mi vengono in mente i porti chiusi, la flat tax e la battaglia contro la legge Fornero.
Pensando a Giorgia Meloni mi vengono in mente le parole "Italia" e "patria", e poi i blocchi navali.
Addirittura pensando a Unione Popolare mi viene in mente la patrimoniale. Oppure se penso a Gianluigi Paragone penso all'uscita dall'Europa e alla galassia NoVax.
Pensando al Partito Democratico, invece, mi vengono in mente soltanto dei "forse".
Stiamo attenti: qui non si tratta di valutare la qualità delle promesse, ma di considerare il fatto che queste proposte siano percepite come tali oppure no, e quelle del PD sono un eterno "forse".
"Forse" il salario minimo, che se fosse stato tanto convinto il PD lo avrebbe proposto prima, e indicando magari anche una cifra.
"Forse" il matrimonio egualitario.
"Forse" una legge sul fine vita.
"Forse" firmiamo per l'ennesima volta gli accordi con la Libia però noi siamo per l'accoglienza.
"Forse" faccio un'alleanza con il M5S, ma poi no perché scelgo l'agenda Draghi.
"Forse" faccio un'alleanza con Calenda, ma poi no perché lui ha scelto Renzi.
"Forse" Giorgia Meloni è un pericolo democratico, ma forse no e complimenti a lei che ha vinto.
Il risultato di questo ballo giocato su mattonelle contrapposte è stato per il Partito Democratico di Enrico Letta un disastro, e ovviamente si è trasformato in un trionfo per Giorgia Meloni.
Ah, una cosa resterà veramente indimenticabile dell'azione di Enrico Letta: l'essere riuscito a far eleggere ancora una volta Bruno Tabacci e Pierferdinando Casini, simboli dell'era berlusconiana. E aver lasciato a casa Monica Cirinnà, simbolo della legge sulle Unioni civili, ed Enrico Rossi governatore della Toscana per dieci anni, l'unica regione italiana che in queste elezioni politiche ha votato in maggioranza per il centrosinistra.
E ora?
Oggi il futuro è tutto da scrivere, ma penna inchiostro e fogli ce li ha in mano la destra. Vedremo cosa riusciranno a fare, e vedremo se "il maggior partito di opposizione" (cit.) le darà una mano anche questa volta oppure avrà il coraggio di intestarsi delle battaglie per cui valga la pena essere ricordato, e magari la prossima volta anche votato.