Avete a cuore la restaurazione del mondo precedente? Vi piacciono i bei tempi andati in cui ogni cosa, dalla più inutile alla più importante, veniva decisa nelle segrete stanze? Siete, in definitiva, conservatori, leggermente cinici, monarchici incalliti o semplicemente incoscienti del mondo che cambia? Bene, allora Internet farà al caso vostro.
Contro ogni aspettativa, oltre ogni elegante teorizzazione che abbiamo mille volte ascoltato sulla trasparenza e la libertà del web, se lo vorrete la Rete diventerà la vostra clava, il grimaldello attraverso il quale l’intelligenza collettiva verrà irrisa e ridotta a macchietta. Perché, come è evidente, Internet non garantisce intelligenza e democrazia, non tutela buon senso e virtù ma racconta semplicemente e con molta precisione noi stessi.
In un Paese ridicolo Internet aiuterà ad essere ridicoli, in un Paese maleducato non si curerà troppo delle nostre buone maniere, in un Paese falso sarà, prima di ogni cosa il megafono di grandi interessate falsità.
Pensavo queste cose in questi giorni leggendo in Rete e sui media del referendumsondaggio sulla indipendenza del Veneto i cui numeri, trionfalmente comunicati, sembrano più il risultato più di uno scherzo di quattro buontemponi che non il risultato delle aspirazioni nordcoreane di qualche indipendentista particolarmente accanito.
Secondo tali cifre (che ovviamente non c’è alcun modo di verificare) il 90% dei cittadini veneti, scrutinati nella loro quasi totalità (secondo gli organizzatori del sondaggio avrebbero votato, su Internet o attraverso altri sistemi oltre 2 milioni e 300 mila persone), una maggioranza senzaprecedenti con un’affluenza al voto senza precedenti, avrebbe voluto mandare un segnale di grande distanza alla solita Roma ladrona ecc ecc.
Non mi interessa discutere di simili cifre (in un sondaggio Demos commissionato da Repubblica nei giorni successivi la percentuale presunta dei cittadini delal Regione favorevoli all’indipendenza del Veneto è crollata dal 90% ad un meno improbabile 55% e nemmeno delle complicate e curiose motivazioni tecnologiche che, secondo gli organizzatori, avrebbero portato a questo luminoso risultato: vorrei invece soffermarmi sul ruolo che la comunicazione digitale gioca oggi nelle nostre vite.
Se abbiamo a cuore trasparenza e lealtà Internet ci potrà essere utile: anche un semplice sondaggio di opinione come quello organizzato in Veneto (previsto da una recente normativa regionale del 2012 che i leghisti hanno pensato per loro stessi) può oggi essere costruito in maniera univoca e chiara con modalità e risultati verificabili, con presidi tecnologici che riducano a numeri trascurabili le molte possibilità di adulterazione che il voto elettronico in genere consente.
Se oltre alle petizioni on line ci interesserà sperimentare la democrazia elettronica (terreno ancora più scivoloso che tutti nel mondo utilizzano con grande cautela e circospezione) potremo forse provare ad immaginare meccanismi di partecipazione dal basso potenti e chiari, anch’essi basati sulla possibilità per chiunque (o anche solo per certificatori terzi) di accedere al codice ed alla verifica dei dati. Una cosa molto diversa da quella messa in piedi da Beppe Grillo dopo molte promesse andate smarrite con “Il Sistema Operativo del Movimento Cinque Stelle”, specchio per le quattro allodole che ancora credono di poter esercitare la democrazia dal basso su base fiduciaria senza aver accesso al server del proprietario del giocattolo.
Sia nel caso del referendum di Plebiscito.eu (mai nome fu più azzeccato) sia nell’idea di democrazia web a la Casaleggio, oltre la pantomima rimane evidente anche un breve insegnamento morale molto importante: Internet in sé non garantisce il futuro fulgido e progressivo di un bel nulla. Sono le persone a costruirlo, in mille differenti maniere fra le quali ovviamente anche la Rete è compresa. Certo non tutti lo vogliono: nel Paese dei furbi Internet prima di tutto proverà ad essere furba.