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Intercettazioni, è polemica tra governo, magistrati e stampa: cosa sta succedendo

Sulle intercettazioni è scontro aperto dopo gli annunci del ministro Nordio: i magistrati parlano di una “stagione di conflittualità tra politica e giustizia”, mentre il sottosegretario Delmastro vuole sanzionare i giornalisti che le pubblicano.
A cura di Tommaso Coluzzi
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La polemica sulle intercettazioni è praticamente un tutti contro tutti. Il governo Meloni vuole mettere mano alle regole che decidono l'utilizzo dello strumento da parte dei magistrati, ma non solo. Se da un lato il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha chiarito da tempo la sua posizione – le intercettazioni costano troppo e spesso sono inutili, in sintesi, perciò bisogna ridurle – il sottosegretario Delmastro ha sottolineato più volte che sulle intercettazioni il problema riguarda anche le pubblicazioni da parte della stampa. Tutto ciò ha scatenato le reazioni di magistrati e giornalisti, con una serie di interviste e interventi per marcare le distanze. A cominciare dall'attacco del procuratore De Lucia durante la conferenza stampa dopo la cattura di Matteo Messina Denaro.

"La discussione sull'urgenza di modificare la disciplina delle intercettazioni e sul ruolo del pubblico ministero mi sembra lunare – attacca il procuratore di Roma, Francesco Lo Voi, intervistato da Repubblica – Siamo un Paese con un altissimo tasso di illegalità in cui le intercettazioni sono fondamentali per venire a capo non solo di reati di mafia e terrorismo, ma anche di quei reati ‘spia' che della mafia rappresentano l'altra faccia, o una delle facce, e che sono quelli contro la pubblica amministrazione e quelli fiscali". Per Lo Voi "se non vogliamo più sentirne parlare dobbiamo avere il coraggio non di modificare le intercettazioni, ma di cancellare quei reati" e dire che "non ne vogliamo più sapere perché ci disturbano". Sulla pubblicazione, invece, il procuratore di Roma sottolinea che si tratta di una "urgenza democratica".

Il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, alla Stampa parla di toni che ricordano una "stagione di conflittualità tra politica e giustizia che certo non fa bene al Paese". E su possibili errori nelle intercettazioni, come nel caso Zaia-Crisanti, Santalucia invita Nordio ad agire: "C'è al ministero un ispettorato. Se c'è stato un errore, se la prenda con sé stesso". E ancora, sulla pubblicazione sottolinea: "Dobbiamo sempre ricordare che il processo, con tutti i suoi atti, è pubblico perché così hanno voluto i costituenti".

La pensa in maniera diametralmente opposta il sottosegretario Delmastro: "C'è la necessità di rimettere mano a una riforma, quella entrata in vigore nel 2020, che evidentemente non ha funzionato, visto che anche oggi leggiamo sui giornali conversazioni private che nulla hanno a che fare coi reati contestati agli indagati". L'esponente di Fratelli d'Italia, sentito dal Messaggero, insiste: "Nessuno intende limitare" il diritto di cronaca, ma "le intercettazioni servono ad altro". Si tratta di una "limitazione a un diritto fondamentale dei cittadini, la segretezza delle comunicazioni, consentita ai magistrati per verificare se siano stati commessi reati e non per finire sui giornali". Perciò il sottosegretario propone introdurre sanzioni per giornali e giornalisti che diffondono conversazioni private e di rivedere le regole deontologiche con l'Ordine.

"Questa di imbavagliare i giornalisti è una tentazione che torna ciclicamente – commenta secco il segretario della Fnsi, Raffaele Lorusso, intervistato da Repubblica – ma i giornalisti non fanno intercettazioni e hanno il dovere di dare notizie che abbiano una rilevanza pubblica e sociale". Il segretario del sindacato cita la giurisprudenza europea e attacca: "Il problema non è tutelare il cittadino comune, ma fare in modo che non si pubblichino notizie su personaggi di serie A. Il diritto alla riservatezza è inversamente proporzionale alla notorietà e non per forza comportamenti con una rilevanza pubblica ne hanno una anche penale".

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