Insulti, meme e bufale: la campagna per il referendum costituzionale è stata un disastro
Mancano dieci giorni al referendum costituzionale del 4 dicembre e possiamo dire con certezza che questa campagna è stata un disastro. Basta aprire i principali siti di informazione o fare un giro sui social sin dal mattino per rendersene conto. Solo ieri, con un post sul blog di Beppe Grillo, il Movimento 5 stelle ha definito Matteo Renzi "una scrofa ferita". Ecco, è un buon esempio del livello d'imbarazzo raggiunto, e da entrambe le parti. Anche il fronte del Sì al referendum, infatti, quanto a raffinatezza della campagna si difende bene.
Non che ci fossero grosse speranze su un andazzo diverso, ma forse qualcosa poteva essere evitato. Probabilmente tutto è partito dal proposito originario di Renzi di personalizzare la consultazione referendaria, rendendola un plebiscito pro o contro il suo governo. Scelta che gli si è ritorta contro e che ha provato a tirare indietro, ma con scarso successo. Il risultato è che dalle discussioni il merito della riforma è pressocché scomparso, in una caciara di argomentazioni random e uscite di dubbio gusto.
Da qualche giorno, ad esempio, circola un'immagine della campagna per il No che ritrae i piedi di un uomo sotto la doccia e a terra una saponetta con scritto "Basta un Sì" – un'allusione abbastanza evidente e tra l'altro riciclata.
Proprio quest'ultima foto ha scatenato moltissime polemiche, per il suo essere neanche troppo velatamente omofoba. Monica Cirinnà, ad esempio, ha scritto che "utilizzare il più becero cliché del cameratismo omofobo, che pone l’atto omosessuale in senso spregiativo e canzonatorio, a sostegno della campagna referendaria (del No o del Sì poco importa), è davvero intollerabile".
In generale i fautori della campagna per il Sì hanno lamentato un eccessivo inasprimento dei toni, insulti e "un'assurda campagna d'odio": "Non riusciamo a capire come sia possibile che un confronto su un tema così importante per tutti noi possa trasformarsi in una campagna di bufale violenta, da parte di chi cerca di mistificare i contenuti della riforma per allarmare l’opinione pubblica sul nulla; chi diffonde costantemente notizie false o false interpretazioni", si legge in un intervento sul sito del Comitato Basta un Sì, in cui si denuncia un confronto politico "a volte sconfortante" e "poco onesto intellettualmente".
Il punto è che se da un lato ci sono saponette e la scrofa ferita di Grillo, dall'altro non è che la situazione sia tanto più elevata. Nelle pagine istituzionali si continua a fare leva su argomentazioni (peraltro appartenenti storicamente agli avversari) come la retorica della casta – con fotomontaggi di derivazione cinematografica di non freschissima originalità –
e utilizzare testimonial che nulla hanno a che vedere con il merito ma che hanno un forte carica social o emotiva (come Lucia Annibali). Ma a parte questo, sui social è emerso un sottobosco di pagine in qualche modo riconducibili alla fazione per il Sì che va molto meno per il sottile. Qualche giorno fa è successo un fatto strano: diverse persone si sono ritrovate improvvisamente iscritte alla pagina Fb "Perché Sì", chiaramente pro riforma. Dopo che Valigia Blu ha sollevato la questione, la pagina è sparita. In seguito è emerso che era originariamente dedicata a Corrado Augias e successivamente era stato cambiato il nome. I gestori della pagina ufficiale del Sì al referendum si sono dissociati da questa operazione, ma è lecito pensare che chi l'ha portata avanti non sia un fautore del No, ecco.
Più in generale negli ultimi giorni è un proliferare di pagine smaliziatamente renziane che fanno propaganda per il Sì con meme e gif. Ad esempio, "Brutte facce che dicono No", con i fotomontaggi di Brunetta con i Pokemon
e altre che propongono un tipo di contenuti già ampiamente visto nella propaganda grillina rivisitiati in chiave pro riforma.
Insomma, il terreno su cui si sta giocando la campagna referendaria è ben lontano da quello della discussione sull'opportunità o meno della riforma costituzionale. A guardare la propaganda del No viene quasi voglia di votare Sì, e viceversa. E mancano ancora dieci giorni.