Inps sui voucher: “girone infernale” che non fa emergere lavoro nero e alimenta precarietà
I voucher da dieci euro destinati al pagamento orario delle prestazioni di lavoro occasionale non fanno emergere il sommerso. Piuttosto, il loro ruolo è quello di costituire l'unica fonte di reddito di lavoratori precari e a basso costo, imprigionati in questo "girone infernale". La valutazione viene direttamente dall'Inps, e si trova in un working paper a cura di Bruno Anastasia, Saverio Bombelli e Stefania Maschio. L'analisi è stata presentata via Twitter dal presidente dell'Istituto, Tito Boeri, che l'ha definita "Tutto (o quasi) quello che vorreste sapere sui voucher e non avete mai osato chiedere".
"Una delle (irrealistiche) aspettative del legislatore era che il voucher servisse per l’emersione dal nero", si legge nello studio, che sottolinea come non siano state ottenute "prove statistiche affidabili di un tale passaggio" – che potrebbero essere trovate solo "in via del tutto indiziaria". Ci sono "quasi 100.000 lavoratori che hanno percepito mediamente oltre venti voucher (150 euro netti) per giornata di attività", ma la gran parte degli 1 milione e 380mila percettori di buoni lavoro da 10 euro in realtà opera in nero per molte più ore di quelle pagate con i voucher e le aziende utilizzano questo strumento per mettersi al riparo da leggi e sanzioni.
Dati alla mano, l'analisi dell'Inps ha sottolineato le debolezze del sistema voucher, smentendo che sia stato un grande "successo". Nonostante i numeri siano in crescita esponenziale, i "valori assoluti del fenomeno in esame rimangono modesti, rispetto alla dimensione complessiva della domanda di lavoro".
Chi sono i destinatari dei voucher? Secondo il paper non si tratta per lo più di persone che spesso hanno già un altro impiego fisso e provano ad arrotondare. "Chi pensa che il lavoro accessorio sia rilevante come secondo lavoro di soggetti già ben presenti e inseriti nel mercato del lavoro, con un rapporto di impiego ben strutturato – spiega l'Inps – non trova certo conforto nei numeri. Possiamo anzi sostenere tranquillamente che è fuori strada: ovviamente la fattispecie esiste – con riferimento sia a dipendenti pubblici che privati – ma è lungi dall’essere quella dominante o anche, semplicemente, maggioritaria". Il popolo dei voucher, allora, non è altro che quello di chi passa da un impiego precario all'altro. Anche perché, spiegano i ricercatori, il "voucher è paragonabile a un flirt programmaticamente senza conseguenze". Per la maggior parte, quindi, "non è tanto un popolo ‘precipitato' nel girone infernale dei voucher dall’Olimpo dei contratti stabili e a tempo pieno (Olimpo a cui spesso non è mai salito), ma un popolo che, quando è presente sul mercato del lavoro, si muove tra diversi contratti a termine o cerca di integrare i rapporti di lavoro a part time", si legge nel documento. I destinatari tipo del voucher sono classificabili in quattro categorie: gli occupati part-time (45%), i lavoratori full-time a tempo determinato o stagionali (poco meno del 30%), i lavoratori full-time a tempo indeterminato (poco più del 20% di cui circa uno su cinque ha impiego continuo) e i prestatori che hanno percepito solo l’ammortizzatore.
L'introduzione dei voucher, in pratica, ha sostituito altri contratti parasubordinati già esistenti con soluzioni più flessibili e meno costose anche dal punto di vista amministrativo, a tutto vantaggio delle aziende. Nessuna grande svolta, dunque, solo la creazione di una nuova sacca di precariato e, aggiunge l'Inps, il rischio "di trasformare una domanda episodica di prestazioni accessorie (aggiuntive) in una domanda di lavoro continuativamente accessorio". Già lo scorso maggio Boeri aveva fatto presente come la pensasse sui voucher, che, pur essendo "nati per regolarizzare il lavoro accessorio, creare opportunità di lavoro e integrazione per le fasce più marginali del mercato del lavoro", hanno avuto uno sviluppo diverso: "In alcuni casi abbiamo una precarizzazione evidente, con lavoratori a tempo indeterminato o determinato che adesso hanno i voucher, e in questo senso sono anche controproducenti".
Il giudizio dell'istituto di previdenza sui voucher è talmente negativo che nell'analisi i ricercatori chiedono provocatoriamente: e "se li abolissimo?". "Così come sono stati inventati, anche i voucher possono essere aboliti. Ma ciò che non può essere abolito è il problema sottostante: come si pagano le attività di breve durata?", domanda lo studio, secondo cui "le forze sociali che chiedono l’abolizione dei voucher ritengono che gli altri strumenti esistenti (lavoro a termine, lavoro somministrato) siano idonei e sufficienti a organizzare (e quindi pagare) anche le varie forme di lavoro accessorio". Il problema è che per andare in questa direzione c'è un prezzo da pagare. Da un lato, il "possibile inabissamento in nero (ma non ci sembra questo il punto principale)", dall'altro una "crescita delle attività burocratiche (di intermediazione e di gestione) e del costo complessivo del lavoro".