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Inchiesta in Liguria e arresto di Giovanni Toti

Inchiesta Liguria, si dimette il capo gabinetto di Toti: continuano interrogatori per voto di scambio

Matteo Cozzani, capo di gabinetto di Giovanni Toti ai domiciliari dal 7 maggio con l’accusa di corruzione elettorale con aggravante mafiosa, ha rassegnato le dimissioni dal suo ruolo. Proprio sul presunto voto di scambio sono stati interrogati i due fratelli Testa, rappresentanti della comunità riesina a Genova.
A cura di Luca Pons
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Sono arrivate le dimissioni di Matteo Cozzani, il capo di gabinetto di Giovanni Toti. L'uomo è indagato per corruzione semplice e per corruzione elettorale con l'aggravanti di aver agevolato cosa nostra (un'aggravante che invece non tocca il presidente ligure), ed è agli arresti domiciliari dal 7 maggio. La notizia delle dimissioni non è una sorpresa: il suo legale aveva reso nota questa decisione già dopo il primo interrogatorio.

Cosa può succedere dopo le dimissioni

Resta da vedere se le dimissioni avranno conseguenze sul piano legale. Infatti, è possibile che gli avvocati di Cozzani chiedano ora una revoca dei domiciliari. L'idea è che gli arresti domiciliari fossero stati decisi soprattutto perché c'era il rischio che il capo di gabinetto commettesse altri reati sfruttando il suo incarico. Una volta lasciato il ruolo, questo rischio sulla carta dovrebbe sparire. E, così, il giudice potrebbe decidere che non c'è più bisogno della misura cautelare. Un ragionamento simile potrebbe farlo anche il presidente Toti, che per il momento però non sembrerebbe intenzionato a rassegnare le dimissioni. La settimana prossima, intanto, il Consiglio regionale discuterà e voterà una mozione di sfiducia nei confronti di Toti.

Nella ricostruzione degli inquirenti, stando alle carte dell'inchiesta, Cozzani sarebbe stato l'uomo che teneva i rapporti con Arturo e Italo Testa, due fratelli rappresentanti della comunità riesina a Genova e non solo, a cui avrebbe chiesto voti alle elezioni regionali del 2020 in cambio di favori. Proprio i Testa sono stati sentiti circa due settimane fa. Diverse pubblicazioni hanno riportato passaggi dell'interrogatorio di garanzia di Arturo, che ha affermato che "non c'era nessun accordo con Toti. Cozzani sarebbe stato considerato il "mandatario" del presidente, e a lui sarebbe stato promesso un blocco di 400 voti della comunità riesina a Genova.

L'interrogatorio di Arturo Testa, rappresentante dei riesini a Genova

In cambio, secondo gli inquirenti, sarebbe arrivata una promessa di posti di lavoro. Testa ha detto che era stata organizzata "una cena a favore di Toti", ma che non c'era nessun accordo alla base: "Chi aveva voglia di votare votava, […] non è che abbiamo mai obbligato nessuno". Ci sarebbero stati alcuni candidati che dopo aver parlato avevano distribuito "dei fac-simile" ai presenti, dicendo: "Se ti ho fatto impressione, votami". Testa ha ribadito: "Da anni facciamo campagna elettorale in tutte le parti d’Italia […] Mai a nessuno abbiamo detto: "Tu devi dare questo perché io ti do questo”, non abbiamo mai barattato niente, lo facciamo per passione".

In un'intercettazione, però, Italo Testa avrebbe detto al fratello che quella sera lo stesso Toti lo aveva preso "sotto braccio" e gli aveva detto: "Fai spuntare un po’ di voti a Certosa e io l’indomani ti faccio calare [assumere in dialetto siciliano, ndr] due o tre al porto. Io sono di parola, lo giuro". Davanti al gip, Testa ha detto che "può darsi" che questa conversazione sia avvenuta, ma ha ribadito che non c'erano accordi con Toti: "Non abbiamo tutta sta confidenza". In un altro passaggio, lo stesso Testa ha detto: "So solo che Cozzani disse a mio fratello – questo me lo ricordo benissimo – che dal porto arrivano sempre richieste".

Diverso tempo dopo le regionali, con l'avvicinarsi delle elezioni politiche del 2022, un'intercettazione riporta che lo stesso Toti avrebbe chiesto a Cozzani della possibilità di parlare nuovamente con i fratelli Testa. "Quelli mi squartano", avrebbe detto Cozzani, apparentemente perché i posti di lavoro promessi non erano poi stati trovati. Toti avrebbe risposto ancora: "Ma perché non gli abbiamo dato dei soldi?".

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