Inchiesta Liguria, cosa ha detto Toti nell’interrogatorio: “Ogni euro incassato è andato alla politica”
È durato più di otto ore l'interrogatorio del presidente della Liguria Giovanni Toti, sentito dagli inquirenti della Procura di Genova. A quanto risulta, i magistrati gli avrebbero rivolto oltre cento domande nel corso del colloquio, e il presidente ligure avrebbe risposto a tutto per chiarire la sua posizione. L'incontro con i pm Federico Manotti e Luca Monteverde era molto atteso anche dallo stesso Toti: il suo legale, Stefano Savi, aveva fatto sapere che da giorni l'ex europarlamentare si preparava per l'interrogatorio, in modo da poter respingere in modo puntuale tutte le accuse. La linea difensiva è che i versamenti ricevuti da Toti siano stati semplici finanziamenti, avvenuti alla luce del sole.
Toti ha anche depositato una memoria difensiva di 17 pagine a corredo dell'interrogatorio. Nelle prime righe del documento, il presidente ha scritto che lo scopo è "spiegare le linee politiche e morali che, da quanto ho assunto l'onore di guidare Regione Liguria, hanno sempre informato l'attività perseguita dalla Giunta regionale nella unica prospettiva di servire il bene e l'interesse comune dei cittadini liguri e delle loro istituzioni".
Le parole di Toti: "Ho sempre perseguito l'interesse pubblico"
Nella memoria, Toti ha affermato: "C'è da parte mia la ferma volontà di collaborare alla ricostruzione della verità", per restituire "alla mia figura di uomo e di servitore dello Stato la dignità che ho costantemente cercato di preservare". E ancora: "Nel mio percorso politico ho sempre cercato di perseguire l'interesse pubblico, il quale è il fine ultimo della mia azione politica. Tale fine è seguito non già mediante la contrapposizione con le rivendicazioni dei privati, quanto piuttosto attraverso la veicolazione di queste verso l'interesse della collettività e del territorio, modalità con la quale si realizza la migliore essenza dell'interesse pubblico".
Il presidente ha anche sostenuto che nell'ordinanza di custodia cautelare, "così come nell'intero impianto accusatorio", la Procura abbia analizzato "solo una limitatissima parte dei rapporti tra amministrazione, presidente, e mondo del lavoro e delle imprese. E di tale limitatissima parte si fa paradigma per tutto il resto". Al contrario, "è da una visione di ampio respiro, che abbracci tutto l'arco della mia presidenza, che si può apprezzare la nostra visione politica e comprendere appieno come tutte le mie azioni (anche quelle contestate) siano state ispirate, certamente dalla giusta attenzione verso le imprese operanti sul territorio, ma nell'unica prospettiva della tutela dell'interesse collettivo e del suo progresso".
Tutti i soldi incassati hanno avuto "destinazione politica"
Toti ha ammesso di aver ricevuto finanziamenti, ma questi non avrebbero mai influenzato la sua azione da presidente: "Non mi sono mai sentito debitore nei confronti di chi aveva contribuito alla mia iniziativa politica: il fatto di essere contributore o comunque politicamente vicino non ha mai rappresentato un titolo per ricevere da parte mia favori o trattamenti preferenziali".
"Ogni euro incassato ha avuto una destinazione politica: nessun contributo ha prodotto arricchimento o utilità personale a me, agli altri appartenenti al mio partito o a terzi privati", ha insistito Toti. "Ogni dazione di denaro è stata accreditata con metodi tracciabili e rendicontata. Del pari tutte le spese sostenute sono state rendicontate e pubblicizzate in termini di legge e anche oltre. I bilanci e i rendiconti sono stati (e sono ancora) pubblicati sui siti internet delle organizzazioni politiche a mio sostegno".
Infatti, "proprio per fugare ogni minimo possibile sospetto e garantire massima trasparenza e possibilità di controllo, particolare attenzione è stata posta nel separare ogni aspetto economico della mia vita privata da qualsiasi attività economica legata alla politica, tanto da separare anche i conti correnti personali e utilizzare per l'attività politica esclusivamente conti dedicati e ‘trasparenti', con strumenti di accredito e spesa tracciati, tracciabili e sempre rigorosamente documentabili".
Gli incontri sullo yacht di Spinelli e i finanziamenti
La memoria difensiva ha parlato anche degli incontri avvenuti sullo yacht dell'imprenditore Aldo Spinelli, a cui è stato "dato risalto", "quasi fosse un luogo nascosto e lussuoso di piacere. Basta conoscere le abitudini di vita e lavoro di Spinelli per sapere che la barca è da sempre utilizzata come succursale dell'ufficio, essendo essa più vicina fisicamente ai terminal del Gruppo della abitazione di Spinelli".
E proprio per quanto riguarda Spinelli, e i finanziamenti ricevuti, Toti ha sottolineato che la maggior parte dei pagamenti "si spalmano nel tempo in modo totalmente decontestualizzato rispetto ai colloqui" sugli interessi delle aziende di Spinelli. "In particolare la prima elargizione del Gruppo Spinelli alle campagne politiche del mio partito risale addirittura alla prima campagna elettorale (2015) quando io non ero ancora governatore", e i finanziamenti si sono succeduti nel tempo seguendo "gli eventi politici della Regione (elezioni comunali, regionali o manifestazioni varie)", e non "specifiche situazioni economiche" o "vicende di interesse per Spinelli".
Per di più, ha insistito il presidente ligure, se si registra ogni versamento ricevuto "appare chiaro che il donatore stesso non considera in alcun modo la sua dazione di denaro come merce di scambio o pagamento di un interesse illecito". Altrimenti, chi registra il pagamento si starebbe denunciando da solo.
Gli affari del porto di Genova
C'è poi un passaggio in cui Toti ha parlato della situazione del porto di Genova, e in particolare del rinnovo della concessione per il terminal Rinfuse chiesta da Spinelli: "Tutte le proposte arrivarono da soggetti terzi e furono elaborate e valutare dagli uffici secondo i termini di legge". La proposta di assegnare la concessione a Spinelli non fu "soggetta a valutazione né amministrativa né tecnica degli uffici della Regione". Per cui "il mio intervento sulle vicende" – che Toti ammette – "fu una semplice opera di mediazione e sollecitazione alla realizzazione di un interesse squisitamente pubblico". Ovvero, far continuare il lavoro del terminal "senza ricadute negative sulla forza lavoro e sugli investimenti", evitando "che guerre commerciali o, peggio, il contenzioso legale tra gruppi (nello specifico Spinelli ed Msc) sfociando in contenziosi legali, amministrativi o civili (o addirittura penali) rallentassero o peggio bloccassero la vita del porto con grave nocumento alla economia ligure".
"Mai fatte pressioni" per ottenere favori
"Non ho mai travalicato le specifiche competenze degli enti e degli uffici preposti", ha scritto ancora Toti. Nessuna insistenza, quindi, per ottenere favori nei confronti di chi lo finanziava: "Mai ho fatto pressioni verso alcun soggetto, mai ho servito un interesse particolare in danno di quello collettivo". Tutti gli interventi nell'ambito delle autorizzazioni e delle procedure burocratiche sono stati limitati a "chiedere una attenzione coerente con le esigenze di rapidità del mercato, o di realizzazione delle opere sollecitate dagli altri organi amministrativi e di governo", oppure "a sollecitare, all'interno dei percorsi amministrativi e legislativi, la solerzia e l'attenzione dei Comuni liguri nel realizzare i piani strategici regionali".
Corruzione elettorale e mafia: "Dai riesini sarebbero venuti 400 voti, numero irrilevante"
Nella memoria c'è anche un riferimento alla comunità riesina di Genova, di cui due esponenti sarebbero stati al centro di un presunto episodio di corruzione elettorale e voto di scambio, che però comunque non coinvolgerebbe direttamente Toti: "È da evidenziare che vinsi le elezioni con circa 380mila voti. Il sostegno della comunità riesina si sostanzia, nelle indagini, con una certa approssimazione, di 400 voti, giusto per proporzione e per capire che l'apporto non è tale da turbare l'equilibrio democratico del voto, per altro particolarmente irrilevanti nel caso del candidato, Ilaria Cavo, a cui viene attribuito il mio appoggio".
I fratelli Testa, che avrebbero rappresentato la comunità e sono indagati, "venivano presentati come attivisti politici con incarichi in Regione Lombardia da due onorevoli. Nel loro curriculum vi erano incarichi politici legati alla giunta regionale lombarda. Entrambi gli onorevoli (Sorte e Benigni) ne garantivano le qualità personali". Infine, sempre i Testa "sui social (e credo formalmente) erano rappresentanti ufficiali della comunità riesina nel mondo: il fatto di essere riesini e loro rappresentanti non può equivalere ad essere considerati come persone di malaffare. Analoga attenzione a gruppi organizzati rappresentanti cittadini di comune estrazione (lucani, calabresi nel mondo) è prestata dalla politica di ogni colore, al fine di raccoglierne il consenso".
Nessuna decisione sulle dimissioni
Resta sul tavolo la questione delle dimissioni, chieste a gran voce dalle opposizioni. Con tutta probabilità, molto dipenderà dalla richiesta di sollevare la misura cautelare degli arresti domiciliari, che confina Toti dal 7 maggio. L'impressione, come aveva sottolineato anche il ministro alla Difesa Guido Crosetto – schierandosi in difesa di Toti – è che potrebbe essere quasi impossibile continuare a svolgere le funzioni di presidente di Regione se resteranno in vigore i domiciliari. Lo stesso Antonio Tajani oggi ha dichiarato: "Se dovessero essere revocati gli arresti domiciliari, si andrebbe nella direzione della permanenza di Toti alla presidenza della Regione Liguria". Tutto starà comunque alla valutazione politica dello stesso Toti, dato che non esistono obblighi di dare le dimissioni in situazioni simili.