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Inchiesta a Venezia, cosa c’è scritto nelle carte dei pm: “Illegittimità diffusa”

Parlano di “un sistematico perseguimento di interessi personali” e di “un contesto amministrativo improntato a un’illegittimità diffusa” i pm che si stanno occupando dell’inchiesta a Venezia, dove risulta indagato anche il sindaco Luigi Brugnaro.
A cura di Annalisa Girardi
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Fin dall'inizio delle indagini della Procura veneziana nel capoluogo regionale – in cui è stato arrestato anche l'ex assessore comunale Renato Boraso (che ha dato le dimissioni dal carcere), mentre il sindaco Luigi Brugnaro risulta indagato – sarebbe emerso "un contesto amministrativo improntato a un'illegittimità diffusa", specialmente in alcuni settori: quello urbanistico, dell'edilizia e delle gare di appalto. È quanto scrivono i pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini nelle loro richieste sulle misure cautelari relative all'indagine. E parlano anche di una "corruzione ambientale", che riguarderebbe la struttura amministrativa del Comune, delle partecipate o in strutture regionali come la Commissione Vas o l'Arpav.

Nelle carte i pm scrivono anche il blind trust creato proprio per gestire le aziende di Brugnaro per suo conto, evitando così possibili situazioni di conflitto di interessi, sarebbe in realtà "inefficace", in quanto "è evidente come Brugnaro non abbia in realtà dismesso la propria partecipazione" alle società. Non solo: è in mano a  "fedelissimi" alti funzionari del Comune che "svolgono tuttora l'incarico di amministratori del reticolato di società" del sindaco.

I magistrati parlano di "un sistematico perseguimento di interessi personali". E affermano che sia il sindaco, così come dirigenti, amministratori o comunque figure di spicco delle partecipate "hanno avuto l'evidenza" del "mercimonio della funzione pubblica" da parte di Boraso, decidendo comunque di non "riprenderlo, censurarlo o denunciarlo". In tal senso per i pm è "clamoroso" quanto avvenuto alcuni mesi fa, quando Brugnaro ha avuto un confronto faccia a faccia con Boraso sulle sua attività, ma "solo al fine di invitarlo a essere più prudente, avvisandolo pure che la Guardia di Finanza e gli inquirenti gli avevano messo gli occhi addosso, garantendogli comunque il suo ‘silenzio'".

In totale sono 32 le persone indagate nell'inchiesta: ci sono anche il capo e il vice capo di gabinetto del Comune Morris Ceron e Derek Donadini. La Procura sta indagando per presunti atti corruttivi legati a Boraso e Brugnaro, e su una serie di false fatturazioni per coprire le tangenti ai politici da parte di 14 società in tutto. C'è poi un fascicolo a parte legato alle trattative per la vendita dell'area dei Pili e di Palazzo Papadopoli, in sono coinvolti anche l'imprenditore di singapore Ching Chiat Kwong e l'emissario italiano Carlo Louis Lotti.

"L'interesse per il proficuo utilizzo dell'area dei Pili non è mai cessato. Si può anzi affermare, anche alla luce delle attività di intercettazione, che la messa a profitto dell'area dei Pili costituisce, permanentemente, un cruccio per il sindaco", scrivono i pm.

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