In Umbria il Pd ‘imita’ il M5s: una penale di 30mila euro per chi cambia partito
Il voto in Umbria, il prossimo 27 ottobre, sarà il primo vero banco di prova per testare la tenuta del patto di governo tra Partito Democratico e Movimento 5 Stelle. Nella Regione il Pd corre ai ripari contro i cambi di casacca, e vuole prevedere una penale da trentamila euro per gli eletti al consiglio regionale che decideranno di passare con altri gruppi, e soprattutto si pensa a Italia Viva di Renzi.
Ieri sono state consegnate tutte le liste in Corte d'Appello e venerdì sera i venti candidati in corsa per il parlamentino umbro sono stati convocati nello studio di un notaio, a Perugia, per firmare le candidature. "Già una novità rispetto al passato, quando era il notaio a presentarsi al partito", ha raccontato uno del gruppo a ‘Il Messaggero'. Ma la vera novità è stata un contratto con tanto di penale. I dem che decideranno di lasciare il partito prima di fine legislatura dovranno versare alla segreteria regionale trentamila euro. Secondo il patto tra i candidati umbri ed il Pd, il candidato eletto dovrà versare 1000 euro al mese dei circa settemila dello stipendio da consigliere in Regione, che moltiplicato per cinque anni fa sessantamila. I trentamila di penale sono la metà esatta di quella somma. La clausola è stata messa a punto dal commissario del partito umbro, Walter Verini, insieme al nuovo tesoriere, il manager Paolo Coletti.
Pd e 5Stelle si sono messi d'accordo per questa tornata elettorale, che è arrivata prima del previsto, cioè dopo che la giunta della dem Catiuscia Marini è caduta meno di sei mesi dopo essere stata travolta dallo scandalo sui concorsi nella sanità pubblica. La condizione per siglare il patto però è la non appartenenza del candidato unitario a nessuno dei due partiti: la scelta è caduta su Vincenzo Bianconi, imprenditore 47enne di Norcia e presidente di Federalberghi Umbria, espressione, appunto, della società civile.
Verini è il commissario scelto da Zingaretti per guidare il partito dopo lo scandalo in Regione. "Si tratta di una proposta fatta nel corso di una riunione da un candidato, peraltro già segretario regionale del Pd di qualche anno fa. Visto che già nella scorsa legislatura ci sono stati abbandoni dal gruppo e dal partito e vista la turbolenza della fase, ha proposto di prevedere una forma di risarcimento al Pd e alla sua comunità di elettori nel caso uno decida di rompere il patto con gli elettori e con il partito", ha spiegato all'Adnkronos. "Questa proposta – ha precisato – è stata condivisa da tutti gli altri candidati e il tesoriere l'ha inserita nel patto che i candidati, iscritti al Pd, firmano con il partito". Non si tratta, ha aggiunto, di una norma anti-Renzi: "Si tratta solo di un modo per rafforzare il patto tra candidato, partito e elettori e ripeto è stato condiviso da tutti i candidati Pd" alle regionali.
Nella lista Pd ci sono almeno tre o quattro candidati vicini all'area renziana, che hanno buone possibilità di farcela. Si tratta dell'uscente presidente del consiglio regionale Donatella Porzi, che è stata la più votata tra i dem la scorsa volta (8700 preferenze). E poi ci sono Marco Guasticchi e Giacomo Leonelli, vicini rispettivamente a Luca Lotti e a Maria Elena Boschi. E anche il viceministro Anna Ascani, di Città di Castello, che ha da poco fondato una nuova corrente nel Pd, ‘Energia democratica', può contare su un paio di uomini fidati in lista.