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In Libia scoperte due fosse comuni con i corpi di 49 persone migranti, Oim: “Trattati come merce”

Negli ultimi giorni in Libia sono state trovate due fosse comuni con decine di corpi di persone migranti. Questo drammatico ritrovamento conferma le denunce di ONG e organizzazioni internazionali sulle sistematiche violazioni dei diritti umani lungo la rotta migratoria.
A cura di Francesca Moriero
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Sono 49 le persone migranti trovate in due fosse comuni scoperte in Libia negli ultimi giorni. La prima fossa, con 19 corpi, è stata scoperta giovedì 6 febbraio a Jikharra, nel nord-est del Paese, mentre la seconda, con gli altri 30 corpi, è stata rinvenuta la scorsa domenica, 9 febbraio, in una zona desertica vicino a Cufra, nel sud-est della Libia, a circa 700 chilometri di distanza. Le autorità libiche, insieme alla Mezzaluna Rossa, stanno indagando sul caso. L'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) ha espresso "shock e preoccupazione per la scoperta", evidenziando che "le circostanze della morte e la nazionalità delle persone sepolte rimangono così sconosciute".

Le autorità libiche hanno comunicato che la seconda fossa comune è stata trovata durante un'operazione di polizia, che ha portato all'arresto di quattro persone sospettate di traffico illecito di migranti: "C'era una banda i cui membri hanno deliberatamente privato i migranti della loro libertà, li hanno torturati e li hanno sottoposti a trattamenti crudeli, umilianti e disumani", ha detto la procura. Al momento non si sa la causa della morte delle persone, e si attendono le autopsie.

Non è la prima volta che vengono trovate fosse comuni

Da anni, le organizzazioni umanitarie denunciano il ritrovamento di fosse comuni in Libia, mettendo in evidenza le continue violazioni dei diritti umani subite dai migranti. Pochi giorni fa, al Parlamento Europeo, è stato presentato State Trafficking, un nuovo rapporto d'inchiesta del gruppo di ricerca internazionale RRX, che opera sotto pseudonimo collettivo. Il documento descrive in dettaglio il sistema di traffico di esseri umani tra Tunisia e Libia, che coinvolge autorità locali, milizie e reti criminali e solleva gravi preoccupazioni sulla complicità degli Stati coinvolti. Basato su testimonianze dirette raccolte tra il 2023 e il 2024, analisi satellitari e interviste con esperti, il rapporto evidenzia come le persone migranti siano sottoposte a violenze, torture e detenzione arbitraria e fa luce proprio sulla presenza di fosse comuni nel deserto: in un lungo capitolo del rapporto, secondo le testimonianze, infatti, si racconta come molti corpi vengano abbandonati o sepolti in fosse comuni, segno di una brutalità sistematica che "non fa distinzione tra vivi e morti". Le testimonianze raccolte descrivono poi le condizioni della prigione di Al Assah in Libia, un centro di detenzione sotto il controllo delle autorità libiche e del Dipartimento per il Combattimento dell’Immigrazione Illegale (DCIM) dove i migranti vengono divisi in base al loro valore economico e costretti a subire torture, violenze e sfruttamento lavorativo. Le persone più vulnerabili, tra cui donne e bambini, sono spesso vittime di abusi sessuali. Per ottenere la libertà, in Libia, i detenuti sono obbligati a contattare le proprie famiglie e chiedere un riscatto, che varia tra i 400 e i mille euro, con cifre più alte per le donne.

L'Italia e gli accordi con la Libia

L’Italia fa accordi di cooperazione con la Libia già dal lontano 2017, nel quadro del Memorandum d'Intesa che ha aperto la strada ad anni di collaborazione con le autorità locali. Con il supporto dell’Unione Europea, l'Italia ha destinato centinaia di milioni di euro alla formazione e all'equipaggiamento della Guardia Costiera libica e delle forze di sicurezza al fine di bloccare le partenze illegali delle persone migranti. I fondi provengono in parte dal bilancio italiano e in parte dal Fondo fiduciario dell'UE per l'Africa, creato appunto per gestire i flussi migratori.

"Le circostanze delle morti sono ancora in fase di indagine, ma è evidente che i migranti in Libia vengono trattati come merce, senza alcuna protezione", ha dichiarato un portavoce dell'OIM. Nel frattempo, molte ONG continuano a chiedere maggiore responsabilità da parte dei governi europei, inclusa l'Italia, nel garantire la sicurezza e i diritti dei migranti richiedenti asilo.

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