In Italia oltre una persona su quattro è a rischio povertà o esclusione sociale
Gli italiani sempre più a rischio povertà ed esclusione sociale. Lo sono 17 milioni 469 mila persone, ben oltre il parametro di 12 milioni 882 mila stabilito da Europa 2020. Si tratta del 28,7% dei residenti, stando ai dati diffusi dall'Istat, uno su quattro. Il risultato è sintesi di "un aumento degli individui a rischio di povertà (dal 19,4% a 19,9%) e del calo di quelli che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (dal 12,1% a 11,7%)". Resta invariata la stima di chi vive in famiglie gravemente deprivate (11,5%)".
Nella condizione peggiore, i nuclei familiari: è a rischio il 48,3% con tre o più figli, in crescita rispetto all'anno scorso (39,4%). Una percentuale che sale al 51,2% se si tratta di minorenni. Il dato generale è stabile al 28,7%, ma esistono fortissime differenze territoriali. Nel Mezzogiorno sono a rischio il 46,4% delle famiglie, il 24% al Centro (in entrambi i casi si tratta di percentuali in aumento). Al Nord, invece, la stima è del 17,4%, in lieve calo rispetto al 2014.
Per "rischio di povertà e di esclusione sociale" si intendono nove parametri che certificano una condizione "di grave deprivazione materiale": essere in arretrato con il pagamento delle bollette, della rata di un mutuo o di un prestito, non potere riscaldare adeguatamente l'abitazione, non potere sostenere spese impreviste di 800 euro, non potersi permettere un pasto proteico almeno una volta ogni due giorni, non potersi permettere neanche una settimana di vacanza l'anno fuori casa, non potersi permettere un televisore a colori, non potersi permettere una lavatrice, non potersi permettere un'automobile e non potersi permettere un telefono. Se le famiglie rientrano in almeno quattro di queste condizioni, corrono questo rischio.
In Italia la metà delle famiglie residenti può contare su un reddito netto non superiore a 24.190 euro, cioè a 2.016 euro al mese, valore anche in questo caso "sostanzialmente stabile" rispetto all'anno precedente. La novità però, sottolinea l'Istat, è il fatto che il reddito familiare in termini reali interrompe "una caduta in atto dal 2009, che ha comportato una riduzione complessiva di circa il 12% del potere d'acquisto delle famiglie". In ogni caso, la disuguaglianza è ancora molto forte: "Nella graduatoria dei Paesi dell'Ue l'Italia occupa la sedicesima posizione assieme al Regno Unito". Tra i Paesi con una disuguaglianza maggiore Cipro (0,336), Portogallo (0,340), Grecia (0,342) e Spagna (0,346).
Se si guarda la disuguaglianza confrontando i redditi, emerge che il 20% più ricco delle famiglie italiane percepisce il 39,3% dei redditi totali; mentre il 20% più povero ne percepisce il 6,7%. La situazione è andata peggiorando con la crisi tra il 2009 e il 2014, quando la contrazione di reddito in termini reali è stata molto più forte per le famiglie con i redditi più bassi (che hanno visto un abbassamento del 13%, a fronte di una riduzione media del 9,0%). Il risultato è che il reddito delle famiglie più ricche è passato da 4,6 a 4,9 volte quello dei nuclei più poveri.
Anche sulla questione reddituale, persistono disuguaglianze tra Nord e Sud. Nel Mezzogiorno e nelle Isole vive il 36,8% delle famiglie più povere, il 14,8% al Centro e l'11,1% al Nord. Una famiglia su quattro tra le più ricche è stabilita al Nord e al Centro, al Sud solo il 7,8%.