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In Italia mancano gli infermieri: stipendi tra i più bassi dell’Ue, fuga all’estero e abbandoni volontari

La carenza di infermieri in Italia non è solo un problema numerico, ma il sintomo di una crisi profonda che riguarda condizioni di lavoro, retribuzioni inadeguate e mancanza di ricambio generazionale. Secondo il nuovo rapporto Gimbe, mentre la domanda di assistenza cresce il numero di professionisti diminuisce, con dimissioni volontarie e fughe all’estero.
A cura di Francesca Moriero
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La carenza di infermieri in Italia sta diventando un'emergenza che sta sempre più minacciando la stabilità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Non si tratta solo di un problema legato al numero di professionisti disponibili, ma anche alle difficili condizioni di lavoro, agli stipendi tra i più bassi d'Europa e alla crescente difficoltà nel reclutare nuovi infermieri. Una situazione che è poi ulteriormente aggravata dall'invecchiamento della popolazione, che aumenta la domanda di assistenza, e dalla necessità di rafforzare la sanità territoriale attraverso le strutture previste dal PNRR. Senza un numero adeguato di infermieri, questi investimenti rischiano di risultare inefficaci. A complicare ancora il quadro, il crescente numero di dimissioni, pensionamenti e abbandoni della professione che non viene compensato da nuovi ingressi. Il nuovo rapporto della Fondazione Gimbe, insomma, dipinge un quadro decisamente allarmante.

"Siamo di fronte a un quadro che compromette il funzionamento della sanità pubblica e mina l'equità nell'accesso alle cure, soprattutto per le persone anziane e più vulnerabili, sia in ambito ospedaliero che territoriale, dove gli investimenti del Pnrr rischiano di essere vanificati senza un'adeguata dotazione di personale infermieristico", ha dichiarato Nino Cartabellotta presidente della Fondazione Gimbe.

Numeri insufficienti e squilibri territoriali

Secondo i dati del Ministero della Salute, nel 2022 in Italia erano attivi circa 302.841 infermieri, di cui 268.013 nel SSN e il resto impiegato in strutture equiparate. La distribuzione sul territorio è però fortemente disomogenea: si passa infatti dai 3,83 infermieri ogni mille abitanti in Campania ai 7,01 della Liguria. Se si considera poi il dato complessivo, in Italia ci sono 6,5 infermieri ogni mille abitanti, ben al di sotto della media OCSE di 9,8 e di quella UE di 9. Peggio di noi, in Europa, solo pochi paesi come Spagna, Polonia, Ungheria, Lettonia e Grecia; oltre alla carenza generale, il rapporto tra infermieri e medici evidenzia un sistema sbilanciato: in Italia ci sono 1,5 infermieri per ogni medico, mentre la media OCSE è di 2,7.

"È evidente che oltre 60 mila infermieri, ovvero più di 1 su 6, esercitano come liberi professionisti o all'interno di cooperative di servizi e rappresentano forza lavoro strutturale del Ssn", afferma Cartabellotta

Dimissioni e fughe dalla professione

Uno degli aspetti più preoccupanti è il costante esodo degli infermieri dal SSN: dal 2020 al 2022, circa 16.192 professionisti hanno lasciato il settore pubblico, con un picco di 6.651 dimissioni nel solo 2022. Ancora più allarmante è il numero di cancellazioni dall'albo professionale FNOPI, necessarie per esercitare la professione: tra il 2020 e il 2024, oltre 42.713 infermieri si sono cancellati, di cui 10.230 solo nel 2024.

"Questo trend in continua ascesa", dice Cartabellotta, "non viene compensato dall'ingresso di nuove leve, aggravando la carenza di personale e l'insostenibilità dei carichi di lavoro".

Le motivazioni variano infatti tra pensionamenti, trasferimenti all'estero, decessi e abbandoni volontari. Una vera e propria "emorragia di professionisti", che si somma a un altro problema: il progressivo invecchiamento del personale attivo. Nel 2022, il 27,3% degli infermieri del SSN aveva infatti più di 55 anni, mentre un ulteriore 22% era tra i 50 e i 54 anni: questo significa che nei prossimi anni un numero elevato di professionisti andrà in pensione, aggravando così ulteriormente la crisi.

Retribuzioni inadeguate e scarsa attrattività

A rendere ancora meno appetibile la professione infermieristica ci sono poi gli stipendi, tra i più bassi in Europa: nel 2022, la retribuzione annua lorda di un infermiere italiano era di 48.931 dollari a parità di potere d'acquisto, ben 9.463 dollari in meno rispetto alla media OCSE (58.394 dollari). A livello europeo, solo alcuni paesi dell'Europa dell'Est, oltre a Portogallo e Grecia, offrono stipendi inferiori. Il problema si aggrava considerando che, tra il 2001 e il 2019, il salario medio degli infermieri italiani è addirittura diminuito dell’1,52%, mentre in molti altri paesi è aumentato. Oltre alle fughe, c'è poi ancora un altro problema che si aggiunge agli altri: non si formano abbastanza infermieri per sostituire quelli che lasciano. Nel 2022, in Italia si sono laureati solo 16,4 infermieri ogni 100mila abitanti, mentre la media OCSE è di 44,9. E poi "l'attrattività" del corso di laurea in Scienze Infermieristiche, che è in calo. Significa che se prima della pandemia c'erano 1,6 candidati per ogni posto disponibile, nel 2024-2025 il rapporto è crollato a 1,04: questo vuol dire che ormai ci sono appena abbastanza candidati per coprire i posti disponibili.

L'aumento della domanda di infermieri

Nonostante il quadro allarmante, il bisogno di infermieri continua a crescere. L'Italia è un paese che invecchia rapidamente: nel 2024, gli over 65 erano il 24,3% della popolazione (14,4 milioni di persone), e si prevede che entro il 2050 saliranno al 34,5% (18,9 milioni). Una trasformazione demografica che comporta un aumento esponenziale delle richieste di assistenza: secondo dati ISTAT, già nel 2023, oltre 11 milioni di over 65 soffrivano di almeno una malattia cronica, e quasi 8 milioni presentavano due o più patologie. Una nuova riforma della sanità territoriale prevista dal PNRR punterebbe proprio sugli infermieri per migliorare l'assistenza domiciliare e nelle Case della Comunità, Ospedali di Comunità e Centrali Operative Territoriali. Per il pieno funzionamento di queste strutture servirebbero però tra 20mila e 27mila infermieri, che al momento, però, non ci sono.

"La profonda crisi che investe il personale infermieristico", conclude Cartabellotta "impone un piano straordinario per la professione. Accanto ad un aumento salariale, è fondamentale intervenire a livello regionale e locale con misure di welfare mirate: alloggi a costi calmierati, agevolazioni per trasporti pubblici e parcheggi. Sul versante organizzativo, occorre garantire sicurezza sul lavoro e rivedere profondamente l'impianto operativo".

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