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In Italia il reddito reale delle famiglie è più basso che nel 2008, in Europa sale: il dato Eurostat

In Italia il reddito disponibile delle famiglie è sceso, nel 2023, rispetto all’anno precedente, e così il distacco con la media europea è cresciuto. L’Italia va meglio su occupazione e povertà lavorativa, ma per giovani e donne la situazione resta critica. Lo riporta il Quadro di valutazione sociale di Eurostat.
A cura di Luca Pons
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Per le famiglie italiane il reddito, nel 2023, è calato in media rispetto al 2022. Si parla del "reddito disponibile reale lordo", cioè dei soldi che si hanno concretamente a disposizione, misurati non in assoluto ma sulla base di quante cose permettono di acquistare. Come riportato da Eurostat nel suo nuovo Quadro di valutazione sociale, questo reddito per le famiglie europee in media è cresciuto nell'ultimo anno. Non solo: il risultato italiano è il peggiore tra tutti i Paesi dell'Unione europea, con l'unica eccezione della Grecia. Vanno meglio occupazione e disoccupazione, con un calo piuttosto sostenuto dopo la pandemia, ma per donne e giovani i dati mostrano ancora moltissime difficoltà nel mondo del lavoro.

Quanto è sceso il reddito delle famiglie italiane negli ultimi anni

In media nell'Ue, il reddito disponibile è passato da 110,12 a 110,82 (considerando che il reddito fosse uguale a 100 nel 2008). Invece, l'Italia è passata da 94,15 a 93,74. È stato il secondo anno di calo, dopo una crescita costante registrata dal 2012 in poi e interrotta solo, temporaneamente, dal Covid. Insomma, che sia a causa dell'inflazione o della crescita lenta dei salari, questo dato significa che le famiglie italiane hanno un potere d'acquisto più basso che in passato, mentre la media europea continua a crescere.

Bene occupazione e disoccupazione, ma l'Italia è ancora tra le ultime in Ue

Al contrario, l'Italia va bene per quanto riguarda l'occupazione e la disoccupazione. Entrambe sono in rapido miglioramento dal 2021, con gli effetti della ripresa dopo la pandemia. In più, nel 2023 è sceso il rischio di povertà per chi lavora, con il dato più basso dal 2010.

Tutti e tre i risultati vanno comunque messi in prospettiva. La percentuale di persone che lavorano ma rischiano di finire in povertà è al 9,9%: la seconda più alta tra i principali Paesi dell'Ue (dietro la Spagna), e molto più alto della media europea dell'8,3%. La disoccupazione è al 7,7%, il peggior risultato in Europa dopo Grecia e Spagna e lontana dalla media Ue (6,1%). E lo stesso vale per l'occupazione: è al 66,3%, ultimo posto in Europa e molto più basso dalla media europea del 75,3%.

Anche per la disoccupazione di lunga durata, cioè quella di chi non trova lavoro per almeno dodici mesi, è in calo in Italia (al 4,2%) come nel resto d'Europa (al 2,1%): dopo la pandemia ha continuato una discesa che era iniziata nel 2015. Un altro dato che si può considerare positivo per l'Italia è che è sceso il tasso di cosiddetti Neet, cioè i giovani che non studiano, non lavorano e non sono in formazione. La percentuale nel 2023 è scesa al 16,1% dei 15-29enni, mentre dieci anni fa era oltre il 26% e prima della pandemia era al 23%. In Europa, in media rientra tra i Neet l'11,2% dei giovani.

I numeri che fanno preoccupare giovani e donne

I problemi si trovano invece guardando a categorie come giovani e donne. Il Gender employment gap, cioè la differenza il tasso di occupazione maschile e femminile, in Italia è praticamente identico da oltre dieci anni: circa 19 punti percentuali. In Europa è quasi la metà, a 10,2 punti. A sua volta, il tasso di disoccupazione è molto più basso per gli uomini (6,8%, qui l'Italia è a un solo punto di distanza dalla media Ue) e molto più alto per le donne: 8,8% contro il 6,4% europeo.

Lo stesso vale guardando ai giovani. Il loro tasso di disoccupazione in Italia è al 22,7%, leggermente più basso rispetto al 2022 (un punto in meno) ma ancora il peggiore in Europa dietro Spagna e Grecia. Per i giovani uomini, il tasso di disoccupazione è sceso leggermente più in fretta che per le donne ed è al 21,1%, mentre per le giovani è al 25,2%. La media europea, invece, cambia poco in base al genere e favorisce le donne: 14% di disoccupazione femminile, 14,9% di disoccupazione maschile.

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