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Imu semplificata a partire dal 2025, cosa vuol dire per i Comuni e le nuove aliquote

Con un decreto del ministero dell’Economia sono state varate le nuove categorie che i Comuni possono applicare per decidere le aliquote dell’Imu dal 2025. Dopo la semplificazione, l’anno prossimo le amministrazioni comunali dovranno elaborare i nuovi importi sulla base di questa suddivisione. Ecco cosa cambierà.
A cura di Luca Pons
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Dopo mesi di lavorazione, è arrivato in Gazzetta ufficiale il nuovo decreto del ministero dell'Economia sull'Imu. Il testo, pubblicato il 18 settembre, è un'integrazione di un altro decreto risalente a luglio dello scorso anno. La sua entrata in vigore significa che il metodo per decidere le aliquote Imu del 2025 sarà diverso. Le ‘categorie' che i Comuni possono usare per calcolare l'imposta municipale non saranno più oltre 200mila, come oggi, ma solo 128. Questo vuol dire anche che le differenze tra un Comune nella scelta delle aliquote dovrebbero ridursi.

Negli anni, infatti, le complicate regole dell'Imu hanno fatto sì che nascessero differenziazioni anche molto sottili per stabilire quanto deve pagare un certo tipo di immobile rispetto a un altro. Distinzioni che poi, magari, passando da un Comune all'altro spariscono, o sono gestite in modo diverso. Il nuovo decreto non cancellerà del tutto questa possibilità, ma l'obiettivo è di ridurla.

A partire dal 1° gennaio 2025, le quasi 8mila amministrazioni comunali italiane dovranno inviare al ministero del'Economia il prospetto delle loro nuove aliquote e detrazioni Imu, tramite il portale Federalismo fiscale. Per farlo, dovranno esaminare il nuovo decreto, capire che differenze porterà per il loro territorio e approvare nuove delibere. Chi non lo fa sarà obbligato a far pagare ai propri cittadini le aliquote standard, senza nessun aumento particolare. Cosa che significherebbe certamente un'Imu più bassa per molti abitanti, ma anche molte meno entrate per le casse comunali.

L'elenco completo delle nuove fattispecie per variare le aliquote Imu è disponibile sulla Gazzetta ufficiale, come allegato al decreto. Alcune differenze sono evidenti: ad esempio, quando si parla di "fabbricati rurali", non si potrà fare alcuna distinzione nel livello di Imu da versare (se non tra i fabbricati usati per vivere e quelli da lavoro). Anche per le abitazioni di lusso (quelle che al catasto risultano come castelli, palazzi, o ville signorili) non ci sarà nessuna differenziazione, pagheranno tutte la stessa aliquota.

Per alcune attività specifiche – quelle del gruppo D, ovvero che non servono a uno scopo preciso e non possono servire ad altro senza cambiamenti radicali, come un cinema, un teatro o un ospedale privato – ci sarà invece la possibilità di abbassare l'Imu. Ad esempio se la superficie è particolarmente ridotta, o se si trovano in una zona ‘difficile' dal punto di vista economico (anche solo mal servita con i mezzi pubblici). O, ancora, se sono stati resi inagibili da calamità naturali. Fabbricati di questo tipo potranno anche ricevere un'Imu pari a zero, a discrezione del Comune.

Le case in affitto avranno un'aliquota diversa a seconda di varie caratteristiche: la superficie, il tipo di contratto e la tipologia di edificio, se chi paga l'affitto è un parente del proprietario o meno, l'Isee… Prevista anche una differenziazione specifica per gli affitti brevi – categoria che incluse anche gli Airbnb. In questo caso, dipende se a mettere in affitto è un privato che gestisce solo quell'alloggio, o un imprenditore del settore.

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