“Impunità parlamentare” ed impunità familiare, ognuno fa quel che può… dal Ministro Romano in giù
In Italia, si può guidare contro mano e farla franca, rubare a piene mani nelle casse di un Ente e sperare nella prescrizione, costruire un edificio abusivo e contare i giorni necessari al condono. L’importante è che contro mano non vi scontriate con il figlio di qualcuno che conta, che una vostra condanna per furto non favorisca un vostro potente avversario, che il palazzo che avete costruito non copra il panorama di un vicino illustre.
Gaber a proposito degli evasori fiscali diceva “ognuno fa quel che può… c’è chi evade molto e chi poco, dipende dalle possibilità…”.
La stessa cosa vale per l’immunità, in fondo: sei Ministro? Un’accusa per mafia ti scivola via coperta dall’interesse degli alleati di mantenerti in carica.
Sei parlamentare? Prima di portarti in tribunale devono chiedere il permesso ai tuoi colleghi.
Sei delle forze dell’ordine? Quando ti fermano approcci l’agente con “collega” e, con fare cameratesco, invochi clemenza.
Sei giornalista? Prima di scrivere male di te i colleghi ci penseranno su.
In fondo, ognuno cerca la propria di immunità, perché si sa, la legge è uguale per tutti, ma è più uguale per alcuni. Diceva Leo Longanesi che sul nostro tricolore dovrebbe essere riportato il motto “tengo famiglia”, perché in fondo in ciascuno di noi alberga un Alberto Sordi un po’ cialtrone che da vincitore sfodera l’arroganza della posizione di privilegio, mentre da perdente si esibisce in una piagnucolosa richiesta di grazia.
Attenzione però… l’importante è che il gruppo cui si appartiene sia forte (famiglia, ordine professionale, categoria, etc.) e che si abbia un’adeguata posizione sociale, altrimenti la giustizia diventa ferrea ed allora: se sei profugo, devi tornare al tuo Paese anche se lì c’è la guerra; se sei tossicodipendente, sei un criminale da mandare in galera.