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Immigrazione, la risoluzione europea bocciata svela distanze e ipocrisie di Pd e M5s

La risoluzione europea sui “porti aperti”, votata dal Pd e bocciata a causa dell’astensione dei Cinque Stelle è la prova che non c’è accordo nella coalizione giallorossa sul tema immigrazione. A dominare è l’ipocrisia: mentre i Cinque Stelle non vogliono cancellare il decreto sicurezza bis, il Pd non si capisce cosa voglia fare dell’accordo sulla Libia.
A cura di Vitalba Azzollini
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Il Parlamento europeo, riunito in plenaria a Strasburgo, ha bocciato con 290 voti contrari, 288 favorevoli e 36 astensioni un testo di risoluzione sulle attività di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo. Il Movimento Cinque Stelle si è astenuto dal voto, mentre  il Pd ha votato a favore e la Lega contro.

Il testo, presentato dal presidente della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, Juan Fernando López Aguilar, conteneva 18 raccomandazioni agli Stati membri dell’UE finalizzate a una maggiore collaborazione ed efficienza nelle attività di ricerca, soccorso e ricollocamento dei migranti. Nelle premesse del testo si evidenziava – tra le altre cose – che, nonostante il calo significativo degli arrivi, “la rotta dalla Libia verso l'Europa continua a essere la rotta migratoria con il numero di vittime più elevato del mondo (646 decessi finora nel 2019) e con un numero di morti, nel 2018, cinque volte superiore a quello del 2015, in particolare a causa di una riduzione delle attività di ricerca e soccorso al largo delle coste libiche”; che il diritto internazionale del mare richiede agli Stati di adottare “servizi di ricerca e soccorso adeguati ed efficienti”;  che “le persone intercettate dalla guardia costiera libica sono trasferite in centri di detenzione dove sono sistematicamente esposte a detenzioni arbitrarie in condizioni disumane e dove la tortura e altri maltrattamenti, compresi gli stupri, nonché le uccisioni arbitrarie e lo sfruttamento sono endemici” e “l'UNHCR ritiene che la Libia non soddisfi i criteri per essere designata come luogo sicuro ai fini dello sbarco a seguito del soccorso in mare”.

Il Parlamento, quindi,  ribadiva che “la creazione di percorsi sicuri e legali è il modo migliore per evitare la perdita di vite umane”; invitava il Consiglio a “presentare tempestivamente una posizione su un meccanismo equo e sostenibile di distribuzione per le persone”; invitava altresì gli Stati membri, tra le altre cose, “a evacuare rapidamente i centri di detenzione in Libia e a trasferire i migranti, anche nell'UE”, “a potenziare le operazioni proattive di ricerca e soccorso”, a “sfruttare appieno tutte le navi in grado di assistere nelle operazioni di ricerca e soccorso, comprese le navi gestite da ONG”, fermi restando gli obblighi statuali, e a “mantenere i loro porti aperti alle navi delle ONG”.

La delegazione dei 5 Stelle aveva presentato alcuni emendamenti alla risoluzione. Il primo chiedeva un meccanismo di ricollocazione permanente e obbligatorio per gli arrivi via mare (ed, essendo stato approvato, era incluso nella versione finale); il secondo puntualizzava che i “percorsi sicuri e legali” di entrata rappresentano la “vera alternativa al traffico di esseri umani”; il terzo subordinava l’apertura dei porti al rispetto delle convenzioni internazionali e di “altre norme applicabili”, dunque anche di quelle interne ai singoli Stati. A causa del mancato accoglimento di questi ultimi emendamenti, il M5S si è astenuto dal voto, concorrendo così alla bocciatura della risoluzione, come detto.

Prima di svolgere alcune considerazioni su quanto accaduto a Strasburgo serve precisare che la risoluzione, atto di soft law, non avrebbe avuto efficacia vincolante per i Paesi UE: tuttavia, da essa sarebbero scaturiti impegni “politici”. Ciò premesso, la criticità più rilevante può ravvisarsi nell’emendamento che chiedeva di introdurre, nella parte relativa all’apertura dei porti alle ONG, il richiamo a norme internazionali e ad “altre norme applicabili”. Mentre la menzione delle prime sarebbe stata inutile – nella risoluzione erano già citate tutte le fonti internazionali in tema di diritto del mare, che peraltro sarebbero restate applicabili in ogni caso, in quanto fonti di rango superiore – il riferimento alle seconde avrebbe significato per l’Italia il rimando a una legge interna ben precisa: quella di conversione del cosiddetto decreto Sicurezza bis. Essa, com’è noto, consente al ministro dell’Interno (insieme a quelli dei Trasporti e della Difesa) di vietare l’ingresso nel mare territoriale delle navi – prevalentemente ONG – che trasportano migranti irregolari. Pertanto, nel mentre la risoluzione valorizzava il ruolo delle ONG come mezzi di soccorso integrativi rispetto a quelli strutturali degli Stati membri, il rimando voluto dal M5S alle “altre norme applicabili”, quindi anche alla legge Sicurezza bis – e al potere da essa previsto di vietare alle ONG l’entrata in acque italiane – avrebbe operato in senso esattamente opposto. Appare palese l’assurdo: assurdo amplificato dal fatto che, nella stessa risoluzione, il Parlamento invitava la Commissione a valutare se “azioni adottate da alcuni Stati membri conformemente al loro diritto nazionale per impedire alle imbarcazioni di soccorso di entrare nelle loro acque territoriali” fossero rispettose del diritto dell'UE in materia di asilo e di convenzioni internazionali. In questo passaggio è chiaro il riferimento a posizioni assunte dal governo italiano proprio in forza della legge Sicurezza bis.

C’è anche un altro tema rilevante e di notevole attualità: al punto 10 della risoluzione si invitava la Commissione e gli Stati membri a “valutare le accuse di gravi violazioni dei diritti fondamentali da parte della guardia costiera libica e a porre fine alla cooperazione nel caso di gravi violazioni dei diritti fondamentali subite dalle persone intercettate in mare” e “di riesaminare urgentemente tutte le attività e le pratiche di cooperazione con la guardia costiera libica (…) e sospendere tali attività e pratiche finché non siano state introdotte garanzie relative al rispetto dei diritti umani”. Ecco, se la risoluzione fosse passata, il punto 10 avrebbe “politicamente” impegnato il governo italiano a operare valutazioni idonee a fermare il rinnovo automatico del Memorandum con la Libia, previsto per il 2 novembre prossimo, date le evidenze – richiamate nella stessa risoluzione – emerse da rapporti dell’Onu su quanto avviene nei campi di detenzione libici. La risoluzione non è passata, ma il Pd, che al contrario del M5S ha votato a favore della stessa, dovrebbe fornire qualche giustificazione se non si opporrà al rinnovo del citato Memorandum: la coerenza lo richiederebbe.

Un’ultima considerazione: se gli Stati europei si sono divisi anche in relazione a un documento privo di efficacia vincolante, la “svolta epocale” di cui qualcuno ha parlato di recente (pre-accordo di Malta) non può che restare ancora un miraggio.

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