L’attesa è tutta per l’incontro di domani fra il ministro della Salute Beatrice Lorenzin e i governatori delle Regioni, nel quale si discuterà di un provvedimento che potrebbe rivoluzionare la sanità italiana: l’abolizione dei ticket per le prestazioni mediche. Si tratta di una questione molto complessa, che il Governo ritiene di dover affrontare non solo per mere ragioni di cassa, ma anche per “riequilibrare” una situazione che presenta fortissime differenze territoriali e determina problematiche in particolare alle fasce a medio – basso reddito della popolazione.
“I ticket valgono tre miliardi sui 113 del Fondo sanitario nazionale, c’è il margine per eliminare la tassa sulla salute”, spiega la Lorenzin, ricordando come ci sia “una disparità dei ticket tra Nord e Sud spaventosa a cui poi si aggiungono fenomeni come quelli delle liste di attesa e della fuoriuscita dal servizio pubblico”. L’idea di base è dunque quella di eliminare i ticket e sostituirli con una serie di misure compensative.
Come spiega Mario Sensini sul Corsera, una delle misure allo studio prevede la riforma del sistema delle detrazioni fiscali per i farmaci e le spese mediche. Al momento, infatti, tutti hanno la possibilità di detrarre dalle imposte il 19% di tali spese, dunque, “si potrebbe pensare di scalettare le aliquote in funzione del reddito personale, fino ad annullare la detrazione per i redditi oltre una certa soglia”. Resterebbe da capire in che misura tale ipotesi tutelerebbe chi è a basso reddito e se non si possa invece orientarsi verso un’altra misura: l’aumento delle soglie di esenzioni. Oggi, infatti, l’esenzione riguarda chi ha meno di 6 anni oppure oltre 65 anni e reddito inferiore a 35mila euro annui, oltre che i pensionati al minimo e chi ha reddito inferiore agli 8500 euro annui (anche disoccupati e loro familiari) : tali soglie potrebbero essere rimodulate e aumentate, garantendo l’esenzione dal ticket anche alle famiglie a medio reddito. Resta invece il nodo delle coperture, che potrebbero essere individuate in ulteriori tagli alla spesa.
Ticket sanitari, di cosa stiamo parlando e quali saranno aboliti
Il ticket sanitario è sostanzialmente una tassa che i cittadini pagano per accedere ad alcune prestazioni sanitarie. Vale la pena di sottolineare che la cifra di 3 miliardi di euro di “valore” è solo una minima parte della spesa per le prestazioni sanitarie, considerando che i cittadini spendono circa 40 miliardi di euro nelle strutture private o convenzionate, pagando dunque una quota superiore rispetto a quella dovuta al “pubblico”. Come ricorda una scheda di Adnkronos, bisogna fare una serie di distinzioni fra le differenti prestazioni, a cominciare dai ticket per l’assistenza farmaceutica, introdotti autonomamente dalle Regioni per far fronte ai propri disavanzi, che sostanzialmente constano in una quota fissa per ricetta o confezione.
Ci sono poi le prestazioni ambulatoriali in cui “l'importo dovuto dall'assistito è pari alla somma delle tariffe delle prestazioni contenute nella ricetta, fino al tetto massimo di 36,15 euro per ricetta” (con qualche eccezione su base regionale, fino ai 46 euro della Regione Sardegna); mentre per le prestazioni di pronto soccorso la legge prevede “il pagamento di un ticket di 25 euro per le prestazioni erogate in Pronto soccorso ospedaliero non seguite da ricovero, classificate con ‘codice bianco' (prestazioni non urgenti, paziente in condizioni non critiche) ad eccezione di traumi e avvelenamenti acuti” (non c’è ticket per codici rosso, giallo e verde, invece). C'è poi un elenco di patologie (malattie rare, croniche, invalidità, tumori, gravidanze) per le quali è prevista l'esenzione totale dal ticket sanitario.