Il testo della mozione di sfiducia del centrodestra contro il ministro Bonafede
Il centrodestra ha presentato una mozione di sfiducia nei confronti del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, in seguito alle polemiche scoppiate sul caso delle scarcerazioni dei boss mafiosi al 41 bis nell'emergenza coronavirus, culminate con lo scontro tra il Guardasigilli e il magistrato Nino Di Matteo sulla dirigenza del Dap. Il documento vede come prime firme quelle dei capigruppo delle forza politiche di opposizione: Massimiliano Romeo per la Lega, Luca Ciriani per Fratelli d'Italia e Anna Maria Bernini per Forza Italia. Nella mozione vengono indicate tre motivazioni che hanno spinto il centrodestra a chiedere la sfiducia per il ministro Bonafede: le controversie con Di Matteo e le scarcerazioni dei boss quindi, ma anche le rivolte all'interno delle carceri che a inizio marzo hanno provocato 14 vittime.
Lo scontro Bonafede – Di Matteo
Sulle polemiche con Di Matteo, la mozione ricostruisce i fatti a partire dall'intervento del magistrato a Non è l'Arena dello scorso 2 maggio e sottolinea come "la decisione finale della nomina del capo del Dap sia in capo al ministro della Giustizia" e come questo ruolo richieda "un alto profilo istituzionale, competenze in materia penitenziaria e una specifica capacità interlocutoria per il 41-bis". Nel testo si legge ancora che il vertice del Dap e la Direzione generale affari penali non siano ruoli equiparabili tra loro: non è ammissibile paragonare la Direzione al "ruolo che fu di Falcone", ribadisce la mozione in riferimento alle parole di Bonafede, "in quanto a quei tempi non c'erano i Dipartimenti e di conseguenza il ruolo della Direzione generale affari era centrale anche nella lotta contro la mafia".
Non solo: l'opposizione rimarca anche il ministro non può per legge "disporre direttamente di questo secondo ruolo, essendo non solo già occupato al momento della proposta a Di Matteo, ma anche un incarico contrattuale soggetto a concorso obbligatorio". Quindi l'accusa rispetto alla nomina di Francesco Basentini come capo del Dap: una personalità che secondo la mozione "non poteva vantare specifiche competenze ordinamentali in materia penitenziaria e antimafia".
Le rivolte nelle carceri
Nel testo si fa poi riferimento alle rivolte scoppiate nei primi di marzo nelle carceri, "violentissime e apparentemente coordinate" e si suggerisce come ad alimentarle potrebbe essere stata proprio la criminalità organizzata. Un espediente per costringere il ministero a concedere alcune misure per diminuire l'affollamento negli istituti penitenziari, di cui avrebbero potuto beneficiare anche i boss: "Secondo tale ricostruzione, le rivolte erano dunque finalizzate ad alimentare la discussione su indulti, amnistie e provvedimenti, che avrebbero potuto alleggerire il carcere anche per gli uomini della criminalità organizzata. Il ministro Bonafede, viceversa, inizia ad avanzare ipotesi di interventi normativi volti incredibilmente ad accogliere le richieste dei rivoltosi, ma soprattutto ad accettare il principio, indimostrato e scientificamente falso, del nesso di causalità fra detenzione in carcere e contagio", si legge.
Le polemiche sulle scarcerazioni dei boss
Si arriva quindi a parlare delle scarcerazioni dei boss detenuti al 41 bis. La mozione accusa il ministro di non aver lavorato alla predisposizione, all'interno delle carceri, di misure di prevenzione sanitaria che avrebbero dovuto contrastare i rischi di contagio per detenuti, operatori e visitatori: "Carenze e insufficienze del sistema che non potevano essere sconosciute al Ministro; a fronte di tutto questo, il Ministro in varie occasioni non si è mai assunto alcuna responsabilità". Bonafede viene anche accusato di aver dimostrato scarsa conoscenza "dell'attività e dell'organizzazione della macchina ministeriale, che dovrebbe dirigere".
La mozione del centrodestra incolpa anche il Guardasigilli di non conoscere le norme "nominando nei giorni scorsi a vicecapo Dap un magistrato privo dei requisiti di anzianità previsti per legge". E conclude affermando che nel secondo governo di Giuseppe Conte, Bonafede si sarebbe contraddistinto per aver emanato una serie di provvedimenti "al limite della costituzionalità".