Da una parte "Le primarie delle idee", dall'altra il gruppo di "Italia Popolare". In mezzo, Berlusconi dalla D'Urso. La strana domenica del Popolo della Libertà regala un'impietosa rappresentazione dello stato in cui versa quello che fino a pochi mesi fa era il primo partito del Paese. E che oggi, con i sondaggi che lo inchiodano sotto il 20%, rischia di dividersi anche formalmente. Del resto, lo "spacchettamento" è già realta, con i montiani, gli anti – montiani, gli ex An ed i "berlusconiani a prescindere" che vivono praticamente da separati in casa e che aspettano solo "il momentum" per ufficializzare una frattura ampia e difficilmente colmabile.
Meloni, Crosetto e le primarie delle idee – La convention dei due "ex candidati" alle primarie del Popolo della Libertà ha in qualche modo segnato la nascita di una nuova corrente: quella degli anti – montiani "ma anche" anti – berlusconiani, almeno per quanto riguarda la sua candidatura alle politiche del 2013. Un gruppo composito, che chiede "un luogo" dove potersi battere ed imporre una seria discussione sui contenuti, ma anche il ripensamento rispetto alla candidatura del Cavaliere. Insomma, né con Monti né con Silvio. E che vi sia pochissimo margine perché una simile istanza venga recepita ai piani alti di via dell'Umiltà è testimoniato anche dal fatto che il duo Meloni – Crosetto avrebbe già pronto il piano B, dicamo pure C: dar vita ad un movimento più strutturato, con tanto di ipotesi sul nome, forse "Movimento Nazionale" o anche "Fratelli d'Italia".
Italia popolare e il dilemma di Alfano – La corrente montiana del Popolo della Libertà è in buona sostanza il "ripensamento" dello stato maggiore del partito. La convention di ieri, con Angelino Alfano, Gianni Alemanno, Roberto Formigoni, Gaetano Quagliariello, Fabrizio Cicchitto, Maurizio Lupi e con la "partecipazione straordinaria" (tramite messaggio scritto) di Silvio Berlusconi è in effetti servita anche a "valutarne il peso specifico" soprattutto in relazione alla contemporaneità con l'assemblea di Meloni – Crosetto. Tecnicamente però si tratta di un'operazione "benedetta" dallo stesso Silvio Berlusconi, che avviene probabilmente con la certezza pressocché assoluta che il Presidente Monti non accetterà mai la "proposta indecente" di guidare l'intero fronte dei moderati. D'altra parte, che l'operazione sia estremamente discutibile lo conferma finanche uno dei promotori, l'ex ministro Frattini: "Francamente ho ascoltato voci che hanno detto cose molto diverse. Forse si è voluto dare il segnale che gran parte del Pdl è d'accordo su Monti federatore". E sempre in attesa che Alfano decida da che parte stare, a due mesi dalle elezioni.
Gasparri e La Russa, colonnelli alla ricerca di truppe – Chi invece sembra inesorabilmente "in uscita" è il gruppo degli ex an, capeggiato dai colonnelli Gasparri e La Russa. È il Centrodestra Nazionale, che comunque non romperebbe con il soggetto politico guidato da Silvio Berlusconi ma anzi, in qualche modo ne rafforzerebbe il progetto complessivo: da tempo il Cavaliere è convinto che uno spacchettamento possa avere effetti positivi alle urne. Ed è proprio Berlusconi la vera mina vagante nel Risiko – Pdl. Perché se i suoi ormai proverbiali "passi di lato" hanno contribuito non poco alla confusione generale, allo stesso tempo un suo veto può bloccare qualunque progetto, o quantomeno depotenziarne gli esiti. E nessuno o quasi è disposto a correre il rischio di rimanere fuori dal Parlamento per una "questione di principio". Insomma, piaccia o meno, è ancora ad Arcore che si decide il futuro del centrodestra italiano.