Qualche giorno fa, il segretario generale dello Spi – Cgil Ivan Pedretti, sul suo blog sull’Huffington Post lancia l’allarme: il Governo vuole tagliare le pensioni di reversibilità. Spiega Pedretti: “Alla Commissione Lavoro della Camera è appena arrivato un disegno di legge delega del governo che contiene un punto molto controverso che agita non poco gli animi di chi un domani potrebbe, suo malgrado, avere diritto alla pensione di reversibilità. Provo a spiegarlo con parole semplici, vista la complessità della materia: secondo questo disegno di legge le reversibilità vengono considerate prestazioni assistenziali e non più previdenziali. Che cosa significa e che cosa comporta tutto questo? Significa che l'accesso alla pensione di reversibilità d'ora in poi sarà legata all'Isee, per il quale conta il reddito familiare e non quello individuale. Di conseguenza il numero di coloro che vi avranno accesso inevitabilmente si ridurrà e saranno tante le persone che non si vedranno più garantito questo diritto”.
La notizia, come spesso accade, ha bisogno di qualche ora di incubazione perché ci si accorga della sua rilevanza. Poi, viene ripresa dalla quasi totalità dei mezzi di informazioni, con toni più o meno prudenti e ricostruzioni più o meno sensate. Il Sole 24 Ore riporta le dichiarazioni di Cesare Damiano, Presidente della Commissione Lavoro, che rilancia le perplessità della Cgil: “La delega del Governo sul tema del sostegno alla povertà, in sé positivo, prevede la possibilità di tagliare le pensioni di reversibilità. Per noi questo non è accettabile. Si tratterebbe dell'ennesimo intervento dopo quelli, pesanti, del Governo Monti”.
Messa in questo modo, la questione sembra semplice: nel ddl delega sul piano per la povertà, il Governo ha inserito una norma che permetterà la trasformazione delle pensioni di reversibilità da prestazione previdenziale a prestazione assistenziale, legandola all'Isee e dunque “demolendo un diritto individuale e rendendo la pensione, frutto di contributi versati, inaccessibile per centinaia di migliaia di donne”. Insomma, si cambia tutto e in molti / molte vedranno tagliata la loro pensione.
La realtà è, come sempre, un po’ più complessa e articolata. Innanzitutto già poche ore dopo la diffusione della notizia da Palazzo Chigi avevano fatto sapere che “se ci saranno interventi di razionalizzazione saranno solo per evitare sprechi e duplicazioni, e riguarderanno solo le prestazioni future, non quelle in essere”. E poche ore fa il ministro Poletti ha tagliato corto: “Evidentemente c'è chi cerca facile visibilità e si diletta ad inventare un problema che non c'è per poi poter dire di averlo risolto. La proposta di legge delega del governo lascia esplicitamente intatti tutti i trattamenti in essere. Per il futuro non è allo studio nessun intervento sulle pensioni di reversibilità; tutto quello che la delega si propone è il superamento di sovrapposizioni e situazioni anomale”. Insomma, per semplificare: si tratterà di un “riordino” delle prestazioni di natura previdenziale e assistenziale che appunto cercherà di evitare duplicazioni e sovrapposizioni, determinando “soglie di accesso” alle stesse, sulla base dell’Isee. Tecnicamente l’intero intervento prevede non un risparmio per le casse dello Stato, ma uno stanziamento di 600 milioni di euro per il 2016 e di un miliardo di euro per il 2017.
Ecco, per sintetizzare: c'è un ddl delega allo studio della Commissione Lavoro (che tra l'altro sta esaminando un disegno di legge specifico "Disposizioni in materia di trattamenti pensionistici di reversibilità", che porta la firma del deputato del Partito Democratico Bobba) che, tra le altre cose, si propone di modificare il sistema di assegnazione delle pensioni di reversibilità, eliminando alcune disfunzioni e inserendo legami più stringenti con il reddito. In ogni caso, il ddl approvato dal Cdm parla di una “razionalizzazione delle prestazioni di natura assistenziale, nonché di altre prestazioni anche di natura previdenziale, sottoposte alla prova dei mezzi”, per la quale comunque non si terrà conto della componente patrimoniale dell’Isee, ma solo di quella reddituale. Si tratta poi di una legge delega, che conterrà solo le linee generali di indirizzo al Governo, dunque per avere il testo “effettivo” del provvedimento bisognerà attendere ancora molto. Ma, a quanto spiegato da fonti istituzionali, il Governo non ha intenzione di toccare “i diritti acquisiti”, dunque le norme varranno solo per le future prestazioni prestazioni previdenziali, non per quelle attuali. Ovviamente bisognerà capire come e in che tempi si interverrà, anche in considerazione dei tagli già portati a termine nel settore. Che siano nuovamente i pensionati a dover pagare il prezzo più alto di un "riordino amministrativo", appare un rischio da scongiurare, in effetti.
Si tratta, del resto, di un intervento importante, considerando il peso che hanno le pensioni di reversibilità per le casse dell’Inps: solo nel 2015, si legge su Repubblica, le pensioni di reversibilità sono state 183.085 con un importo medio di 650 euro (ricordiamo che l’importo dovuto è pari al 60% della pensione del familiare deceduto, dell’80% se nel nucleo familiare c’è un figlio, del 100% con due o più figli; l’importo viene tagliato del 25% se supera i 1500 euro mensili, del 40% se supera i 2mila euro, del 50% se supera i 2500 euro).