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Il Sud torna a crescere, ma disoccupazione e povertà sono ancora un dramma

Anticipati i dati del Rapporto Svimez 2016: il Pil del Sud torna a crescere dopo anni di recessione. Ma povertà e disoccupazione restano fardelli troppo gravosi.
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Dopo anni di recessione, torna a crescere l’economia del Mezzogiorno d’Italia, con un ritmo superiore a quello del resto del Paese. La ripresa, però, sarà più lenta del previsto e restano le tare originarie dell’intero sistema: una disoccupazione ancora a livelli altissimi e un numero abnorme di persone che vivono in povertà relativa e assoluta.

Sono questi, in sintesi, i punti che emergono dalle anticipazioni del Rapporto Svimez 2016, in cui si sottolineano le lacune sistemiche e i limiti di un percorso che ancora non mette al centro lo sviluppo del Sud come precondizione per la crescita del Paese.

Partiamo dai dati dello scorso anno, considerato “positivo” per il Sud, “il cui PIL è cresciuto dell’1%, più che nel resto del Paese, dove è stato pari allo 0,7%”. Per la SVIMEZ tale risultato è dipeso anche dalla forte decontribuzione sulle nuove assunzioni col Job Acts, che ha portato nuove risorse in circolo e aumentato il prodotto interno lordo. Tra i fattori che hanno trainato la crescita, la SVIMEZ individua la crescita della domanda interna, l’aumento dei consumi e soprattutto degli investimenti nel Mezzogiorno che sono cresciuti dello 0,8% dopo 7 anni di variazioni negative. I miglioramenti sono evidenti in tutti i settori, tranne che nell’industria, che cala dello 0,9%, probabilmente a causa di una serie di crisi industriali che hanno coinvolto Puglia e Campania.

Per il prossimo biennio, però, le previsioni indicano un ritmo di crescita molto più basso del previsto: 0,3% al Sud e 0,9% nel resto del Paese per il 2016 e 0,9% e 1,1% nel 2017. Anche dal versante occupazionale, i timidi miglioramenti del 2015 non bastano, anche e soprattutto considerando la tipologia di contratti: “Nel Mezzogiorno ci sono stati 37 mila occupati in più (+1%) tra i dipendenti a tempo indeterminato, grazie alla decontribuzione sulle assunzioni con le nuove regole del Job Act. Ma il maggior contributo alla ripresa occupazionale è venuti dai contratti a termine, +56 mila, pari a +7,4%”.

Resta molto elevato il dato relativo alla disoccupazione, in particolar modo quella giovanile, e su livelli altissimi sono i tassi di NEET e inoccupati.

La vera emergenza, però, è rappresentata dalla povertà. Spiega la SVIMEZ: “La grande recessione ha inciso pesantemente sulle condizioni delle famiglie, in particolare quelle più numerose. Gli individui in condizione di povertà assoluta sono aumentati di 218 mila unità nel Mezzogiorno. E il rischio povertà è nel Sud triplo rispetto al resto del Paese”.

I dati ISTAT, del resto, parlano chiaro: al SUD le famiglie in povertà assoluta sono 744mila, circa 2 milioni di individui, con una “intensità della povertà” che arriva al 19,9%. Su scala nazionale, la la crescita dell'indice di povertà assoluta si deve principalmente all'aumento della povertà nelle famiglie con 4 componenti – passato dal 6,7% del 2014 al 9,5% del 2015 –  in particolare delle coppie con due figli (nel 2015 pari all'8,6%, nel 2014 al 5,9%) e le famiglie straniere (dal 23,4% al 28,3% nell'ultimo anno).

In tal senso, il nuovo sostegno all’inclusione attiva (che il Governo chiama reddito minimo) inserito nel piano per la povertà è un primo passo, ma le risorse a disposizione (600 milioni di euro quest’anno e 1 miliardo dal 2017) appaiono gravemente insufficienti.

Per avere un'idea della questione, insomma:

 
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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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