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Il Ssn dovrebbe assumere 15mila medici e 40mila infermieri all’anno: il nuovo rapporto Crea

L’ultimo rapporto sulla sanità stilato dal centro studi Crea paragona la situazione italiana alla media europea. Le carenze più forti sono nel personale: i medici e gli infermieri sono pochi e vengono pagati meno. Il rischio è che il Servizio sanitario nazionale non riesca a rimanere universale.
A cura di Luca Pons
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In Italia mancano quasi 30mila medici e 225mila infermieri, per rientrare nella media dell'Unione europea, e lo Stato dovrebbe spendere fino a 15 miliardi di euro all'anno in sanità, invece dei 2 stanziati dal governo Meloni. Sono alcuni dei numeri che emergono dal 18° rapporto Crea (Centro per la ricerca economica applicata in sanità), centro studi legato all'Università Tor Vergata di Roma.

Medici e infermieri sono troppo pochi e non pagati abbastanza

Per quanto riguarda il personale, per mettersi in linea con i principali Paesi dell'Unione europea in Italia servirebbero quasi 30mila medici in più. Anche se il numero di medici ogni mille abitanti è persino migliore di quello di altri Stati – 3,9 medici ogni mille abitanti, mentre sono 3,8 in Spagna, Regno Unito, Francia e Germania – le cose cambiano considerando l'età della popolazione, che in Italia è molto alta.

Guardando solo agli over 75, infatti, il numero diventa di 34,3 medici ogni mille anziani, contro i 38,5 in media negli altri Paesi. Tenendo in conto che quasi 12mila medici andranno in pensione ogni anno, nei prossimi 10 anni sarebbe necessario assumerne almeno 15mila all'anno in Italia. Una cifra non teoricamente impossibile, dato che vengono bandite circa 17mila borse di specializzazione all'anno, ma estremamente complicata.

Lo stesso vale, e in misura ancora maggiore, per gli infermieri. Nonostante i leggeri aumenti di personale negli ultimi anni, l'Italia ha quasi la metà del personale infermieristico rispetto agli altri Paesi: 5,7 infermieri ogni mille abitanti, mentre sono 9,4 dei quattro Stati già citati. A livello numerico, significa che servirebbero quasi 224mila nuove unità di personale.

Concretamente, significherebbe assumerne 30-40mila ogni anno, per dieci anni, dato che in media 9mila all'anno andranno in pensione. Se raggiungere questo livello sembra impossibile, va ricordato che gli obiettivi fissati dal Pnrr richiederanno comunque di assumere tra i 40mila e gli 80mila infermieri, nei prossimi anni.

Solo per colmare questa differenza di personale, mantenendo gli attuali stipendi, servirebbero 30,5 miliardi di euro. E anche il fatto di non alzare gli stipendi sarebbe un problema, dato che i medici italiani guadagnano in media il 6% in meno e gli infermieri il 40% in meno dei loro colleghi. Se si tenesse in conto anche la necessità di rivalutare le buste paga del personale sanitario, il costo per le casse dello Stato salirebbe a 86,8 miliardi di euro.

Servono 15 miliardi di euro all'anno, una cifra "irraggiungibile"

Guardando all'aspetto più strettamente legato ai bilanci pubblici, l'Italia risulta ‘indietro' di circa 50 miliardi di euro. Questa è la somma che dovrebbe spendere per avere un rapporto tra spesa sanitaria e Pil simile a quello dei Paesi considerati. È un problema di lungo periodo: dal 2000 al 2021, la spesa sanitaria è cresciuta del 2,8% all'anno, in media. Nello stesso periodo, nei Paesi di riferimento è aumentata del doppio.

All'atto pratico, per recuperare servirebbe significherebbe qualcosa come 10 miliardi di euro all'anno per cinque anni (50 miliardi in tutto, appunto), più altri 5 miliardi all'anno per tenere il passo con la crescita economica degli altri Paesi.  Sono cifre "del tutto irraggiungibili", chiarisce il rapporto.

Gran parte della differenza tra l'Italia e gli altri Paesi europei sta proprio nella quantità e nella retribuzione del personale sanitario. Per questo ha suscitato proteste la decisione del governo Meloni di dedicare di 2 miliardi di euro all'anno alla sanità, prevedendo un aumento limitato degli stipendi – solo per il personale del Pronto soccorso, e solo dal 2024.

Cosa succede se l'Italia continua a non investire in sanità

Se la spesa non dovesse aumentare nei prossimi anni, magari in seguito a una crescita economica di tutto il Paese, servirà una riorganizzazione del Servizio sanitario nazionale, che potrebbe portare a una forma di "universalismo selettivo". Ovvero, ci sarà la necessità di "concentrare le risorse disponibili sui più bisognosi".

Un sistema sanitario che potrà occuparsi non proprio di tutti, ma solo di quelli con situazioni particolarmente gravi, cosa che avrebbe "un significativo impatto sull'equità" della sanità in Italia. Chi se lo può permettere potrebbe essere spinto verso la sanità privata. Già oggi, le famiglie italiane spendono in media più delle loro controparti europee per la salute.

Ogni famiglia, in media, paga oltre 1700 euro per i servizi sanitari ogni anno. In queste spese rientra anche più di un miliardo di euro per farmaci che sono compresi tra quelli rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale. Più di 378mila famiglie, nel 2020, si sono impoverite per affrontare le proprie spese sanitarie.

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