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Il sottosegretario Delmastro: “Sul mio caso la penso come Meloni”, che ha attaccato i magistrati

Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro ha detto che sulla sua imputazione coatta la pensa “esattamente” come Giorgia Meloni. La presidente del Consiglio ha sottolineato che la decisione è una “questione politica”, e in una nota aveva accusato i magistrati di fare opposizione politica.
A cura di Luca Pons
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Un altro capitolo nello scontro tra il governo Meloni e la magistratura. Dopo gli interventi del ministro Nordio e della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, anche lo stesso sottosegretario Andrea Delmastro ha risposto – in un'intervista al Corriere della Sera – sul caso giudiziario che lo ha visto ricevere un'imputazione coatta dal gip per rivelazione di segreto d'ufficio.

"Dall’imbarazzo di parlare di una mia posizione personale mi ha tolto la presidente del Consiglio: la penso esattamente come lei", ha affermato. E alla domanda "Incluso il fatto che sia stata ‘irrazionale'?", ha aggiunto: "Non ho mai frazionato il pensiero di Giorgia Meloni. L’ho sempre condiviso nella sua totalità".

Cosa ha detto Meloni sul caso Delmastro

La totalità del pensiero di Giorgia Meloni sul caso Delmastro è piuttosto chiara, e la presidente del Consiglio l'ha ribadita più volte. Prima con una nota anonima di "fonti di Palazzo Chigi", in cui Meloni ha poi detto di identificarsi. Qui si leggeva che "è lecito domandarsi se una fascia della magistratura abbia scelto di svolgere un ruolo attivo di opposizione e abbia deciso così di inaugurare anzitempo la campagna elettorale per le elezioni europee", in riferimento non solo al caso del sottosegretario, ma anche a quello della ministra Daniela Santanchè.

Specificamente sull'imputazione coatta per Delmastro, Meloni ha poi affermato che "è sicuramente una questione politica. Delmastro è sottosegretario alla Giustizia, quindi riguarda un esponente del governo nell'esercizio del suo mandato". Insomma, è "giuridicamente lecita ma è una scelta, quindi io la valuto come scelta" che "non avviene quasi mai". E "per come la vedo io in un processo di parti, la terzietà del giudice significa che il giudice non dovrebbe sostituirsi al Pm imponendogli di formulare l'imputazione quando questi non intende esercitare l'azione penale".

Tensioni nel governo, in gioco c'è la riforma della giustizia

Nel frattempo, il governo continua a gestire il fronte giustizia con diversi temi sul tavolo. Hanno fatto discutere le parole del ministro Nordio sul concorso esterno in associazione mafiosa. Oggi lo stesso Delmastro, come fatto da altri esponenti dell'esecutivo, ha sottolineato che modificare il reato non è intenzione del governo: "La linea è chiara: non si tocca". Negli scorsi giorni, anche il leader della Lega Matteo Salvini ha detto che "non è una priorità".

Il ministro della Difesa Guido Crosetto, a seguito delle molte critiche arrivate proprio a Nordio, ha invece espresso "solidarietà" nei suoi confronti. Il titolare del dicastero della Giustizia, ha detto Crosetto, "si trova stretto nella morsa tra chi vuole mantenere il potere di utilizzare la “giustizia” come uno strumento di lotta politica e chi ha paura di sfidare l’ingiustizia facendo una scelta Giusta, perché teme “ritorsioni”". Senza specificare se ci fossero anche riferimenti alla magistratura, o solo alle parti politiche.

Un retroscena circolato in queste ore, intanto, riporta che la presidente del Consiglio avrebbe chiamato proprio Nordio, chiedendogli di abbassare i toni. In questo momento, al di là del dibattito sul concorso esterno, il governo ha aperta la questione della riforma della giustizia. L'esecutivo ha approvato il disegno di legge, e ora tocca al presidente Mattarella firmarlo per poi inviarlo al Parlamento. Ma sull'abuso d'ufficio – che è stato cancellato nonostante le richieste dell'Europa – potrebbe servire un impegno a fare un passo indietro, per ottenere il via libera del Quirinale.

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