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Pensioni

Il sistema pensionistico italiano premia chi è più ricco e chi vive di più: lo studio Inps

Uno studio dell’Inps fa emergere come nel sistema pensionistico siano avvantaggiati i più ricchi, in quanto vivono mediamente di più, perché il coefficiente di trasformazione non tiene conto dell’aspettativa di vita.
A cura di Andrea Miniutti
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Secondo uno studio dell'Inps, pubblicato nel XXII Rapporto annuale dell'Istituto, il sistema previdenziale italiano ha un aspetto controverso: chi è più ricco viene "premiato". L'analisi parte dal presupposto che l'attuale coefficiente di trasformazione – cioè quello che converte i contributi versali nell'assegno mensile – è "indifferenziato": significa che tiene conto esclusivamente dell'età di pensionamento e non della speranza di vita delle persone. Quindi, non considera che la mortalità varia in base al reddito e alla zona in cui si vive: "Tale sistema, non tenendone conto, trasferisce risorse dai meno abbienti ai più ricchi e longevi, generando una solidarietà al contrario".

Così si legge nel Rapporto Inps:

La presenza di differenze così significative è problematica dal punto di vista dell’equità ed anche della solidarietà in quanto l’attuale sistema previdenziale applica al montante contributivo un tasso di trasformazione indifferenziato, che presuppone speranza di vita indifferenziata. Il non tener conto del fatto che i meno abbienti hanno una speranza di vita inferiore alla media risulta inevitabilmente nell’erogazione di una prestazione meno che equa a tutto vantaggio dei più abbienti.

Inoltre, siccome i coefficienti di trasformazione variano a seconda dell’età di pensionamento, significa più tardi si va in pensione e maggiore è l’importo dell'assegno.

Per quanto riguarda le differenze nella speranza di vita sono due le variabili considerate dall'Inps: il reddito e la provenienza regionale. Partendo dalla condizione economica delle persone, si può notare come a 67 anni un maschio nel primo quintile abbia ancora circa 16,3 anni di vita davanti a sé, mentre chi appartiene al quintile più ricco ne vive in media altri 18,9 (+2,4). Invece, la differenza nel genere femminile è minore: una donna di 67 anni nel primo quintile di reddito vive ancora circa 19,9 anni, invece una che sta nella fascia più abbiente altri 21,6 (+1,7).

Grafico Inps: aspettative di vita a 67 anni per classe di reddito
Grafico Inps: aspettative di vita a 67 anni per classe di reddito

Le differenze esistono pure in base al luogo in cui si vive: nelle regioni del Centro-Nord le persone sono mediamente più longeve. L'aspettativa di vita per un 67enne che abita in Campania è di 17 anni, per una donna è di 19,6. Invece, l'Umbria e le Marche sono dove gli uomini hanno una speranza di vita maggiore (18,3), mentre per il genere femminile è il Trentino-Alto Adige (21,6).

Grafico Inps: differenze regionali della speranza di vita a 67 anni
Grafico Inps: differenze regionali della speranza di vita a 67 anni

Quindi, come evidenziato dall'Istituto di previdenza, il fatto che il coefficiente di trasformazione non consideri queste differenze genera un sistema "fortemente penalizzante per i soggetti meno abbienti il cui montante contributivo viene trasformato in una pensione più bassa di quella che otterrebbero se si tenesse conto della loro effettiva speranza di vita". Al contrario, "i più abbienti ottengono pensioni più elevate di quelle che risulterebbero da tassi che tengono conto della effettiva durata media della loro vita".

Siccome la speranza di vita aumenta di anno in anno, l'aggiornamento del coefficiente avviene di solito al ribasso, avendo quindi un impatto negativo generalizzato sull'importo mensile delle pensioni. Tuttavia, prendere in considerazione una differenziazione del tasso di trasformazione consentirebbe di rendere più equo il sistema previdenziale.

L'Inps smentisce il dialogo col governo

In mattinata alcuni articoli hanno riferito di una proposta di riforma pensionistica fatta dall’Inps, ma l'Istituto ha diffuso una nota per smentire quanto detto. L'Istituto ha ricordato che è da sempre “impegnato nella raccolta, sistematizzazione e condivisione dei dati relativi alle materie di pertinenza, per offrire al Paese una panoramica fondamentale sulle dinamiche demografiche, sociologiche ed economiche” e che “i dati raccolti possono rappresentare una risorsa per l'elaborazione di scelte politiche e amministrative, ma non è nei compiti dell'Istituto fare proposte al legislatore in materia di welfare”.

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