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Il sistema dei Cpr è fallimentare, ma il governo continua a investire sui centri per trattenere i migranti

ActionAid ha analizzato il sistema dei Cpr in Italia, dal 2014 al 2021: secondo il report il sistema è inumano e costoso, inefficace e ingovernabile. Eppure il governo vuole continuare a puntare su queste strutture.
A cura di Annalisa Cangemi
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ActionAid, insieme al Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bari ha realizzato un report con dati che riguardano i Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr), dal titolo ‘Trattenuti. Una radiografia del sistema detentivo per stranieri'. L'analisi si concentra su un periodo che va dal 2014 al 2021, ed è stata realizzata grazie a 51 richieste di accesso agli atti a Ministero dell’Interno, Prefetture e Questure e a 30 richieste di riesame.

Il governo Meloni intende puntare su queste strutture, ora anche in chiave anti-terrorismo. "Il Governo considera prioritario realizzare nuovi Cpr con l'obiettivo di disporre di almeno un Centro per Regione", ha ribadito ieri il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, chiedendo anche il supporto dell'Europa.

Secondo il report di ActionAid quello dei Cpr è un sistema inumano e costoso, inefficace e ingovernabile, che negli anni ha ottenuto un solo risultato evidente: divenire lo strumento per rimpatri accelerati dei cittadini tunisini, che nel periodo 2018-2021 rappresentano quasi il 50% delle persone in ingresso in un Cpr e quasi il 70% dei rimpatri. Ma i migranti tunisini sono stati solo il 18% degli arrivi via mare nel 2018-2023.

Dal 2017 in poi i diversi governi che si sono succeduti hanno deciso di investire nella detenzione amministrativa degli stranieri come efficace politica di rimpatrio con l’obiettivo di istituire un Cpr in ogni regione, 20 in tutto, e si è aumentata la capienza fino ai 1395 posti del 2022. Oggi sono attive 10 strutture, ma solo 9 sono attualmente aperte e funzionanti. I centri si sono rivelati praticamente ingestibili: al loro interno si sono registrati atti di autolesionismo, rivolte e disordini provocati dalle condizioni di estremo disagio e privazione dei diritti basilari delle persone, trattenute senza aver commesso reati. Tutto questo ha portato a continui danni e distruzioni, rendendo indisponibili gran parte dei posti. Il sistema funziona, fin dal 2018, al 50% della sua capacità ufficiale.

Come emerge dal rapporto, l'andamento del numero di ingressi nei centri di detenzione per stranieri è stato fortemente oscillatorio tra 2014 e 2021, con una tendenza alla crescita a partire dal 2017. Tale dato è certamente condizionato dalle variazioni nella capacità del sistema detentivo, che a fine 2016 registrava solo 5 centri attivi per un totale di 359 posti disponibili. Nel periodo 2014-2021, i centri di Caltanissetta, Roma, Torino e Bari hanno ospitato, da soli, il 74% degli stranieri trattenuti.

Oltre tremila persone hanno fatto ingresso in un centro di detenzione per stranieri provenendo direttamente dal carcere tra 2018 e 2021. Questo significa quasi il 16% degli oltre diciannovemila ingressi nel periodo. Tra 2018 e 2021 l’incidenza degli stranieri provenienti dalle carceri è cresciuta, passando dal 10% del 2018 al 16% del 2021. In questo stesso quadriennio circa il 16% delle persone trattenute nei Cpr italiani era rappresentato da richiedenti asilo. Anche l’incidenza dei richiedenti asilo trattenuti sul totale degli ingressi nei Cpr è in crescita, essendo passata dal 15% del 2018 al 19% del 2021.

Nel periodo 2014-2021 cresce il tempo di detenzione

I termini di durata massima della detenzione si sono dilatati sempre di più: nel 1998 erano di 30 giorni, nel 2023 sono diventati di 18 mesi. A questo però non è corrisposto un tasso crescente di rimpatri, anzi.

Nel periodo 2014-2021 è aumentato il tempo trascorso in detenzione, con una percentuale di persone trattenute fino a decorrenza termini massimi che nel 2021 raggiunge il 13,9% degli ingressi. Ma all'aumento del tempo speso in detenzione non corrisponde una maggiore efficacia della politica di rimpatrio. Al contrario, l’incidenza dei rimpatri eseguiti sul numero di ingressi nei centri di detenzione registra una decrescita, con una media del 48,3% nel secondo quadriennio a fronte di una media del 55,1% nel primo.

I costi del sistema Cpr

Il costo complessivo del sistema detentivo per stranieri è stato di 53 milioni di euro nel periodo 2018-2021, con un costo medio di ciascuna struttura di un milione e mezzo l'anno, mentre il costo medio annuo di un posto è di 21mila euro. Di questi, quasi 15 milioni spesi per la manutenzione dei Cpr, di cui oltre il 60% è stato utilizzato per interventi di manutenzione straordinaria, cioè ristrutturazioni dovute a danneggiamenti. A conferma del fatto che il prolungamento dei tempi di trattenimento comporta solo la crescita delle spese di manutenzione straordinaria: nel 2018 a 27 giorni di permanenza media in un Cpr corrispondono 1.2 milioni di euro per costi di manutenzione straordinaria; nel 2020, a fronte di 41 giorni di permanenza media i costi erano balzati a 4.1 milioni.

Crescono i costi mentre vengono fatti tagli ai servizi di assistenza per le persone: sono 9 i minuti di assistenza legale a settimana per ospite, 9 minuti a settimana di assistenza sociale per ospite, 28 minuti a settimana per la mediazione linguistica.

"L’investimento nei Cpr ha prodotto una crescita dei costi umani ed economici delle politiche di rimpatrio. Dal 2017 si rimpatria di meno, a costi più alti e in maniera sempre più coercitiva" continua Fabrizio Coresi. "Il ricorso a queste strutture ha già dimostrato di essere fallimentare, tuttavia, si continuano a presentare i Cpr come una soluzione per aumentare il numero dei rimpatri. I dati raccolti, invece, dicono l’esatto contrario".

Due tipi di Cpr: centri di frontiera e centri di detenzione

Emergono dal report, inoltre, due tipi di Cpr: i centri di frontiera, con tempi di permanenza media più corti ed elevata incidenza dei rimpatri eseguiti (Caltanissetta, Trapani) e i Cpr come estensione del carcere, con permanenza lunga e pochi rimpatri (Torino e Brindisi). Lo scenario è quello di una progressiva confusione del sistema di accoglienza con il sistema detentivo per rimpatri nelle zone di frontiera.

Dal 2014 al 2021 oltre il 74% delle 37mila persone entrate in un Cpr sono state trattenute nei centri di Caltanissetta (22%), Roma (21%), Torino (19%) e Bari (12%). La percentuale di donne trattenute è in costante calo: dal 20,5% sul totale degli ingressi del 2016 allo 0,1% del 2021. Infine, nonostante la retorica del Governo, tra il 2018 ed il 2021, le persone che fanno ingresso nei Cpr dal carcere sono solo il 15,8%. Si tratta di persone che, stando ai dati, nella gran parte dei casi non possono essere rimpatriate.

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