"Il senso di questo governo è quello di favorire una ripresa della crescita e in primo luogo attraverso un blocco dell'Iva e la riduzione dell'Imu". A poco più di una settimana dall'aumento di un punto percentuale dell'Iva (che scatterà il primo di luglio), ci pensa Fabrizio Cicchitto a rilanciare una polemica che ormai dura da settimane e che rischia seriamente di dividere il Governo. Sull'imminente aumento dell'Iva le posizioni sono note e esplicitate con evidenza solo poche ore fa dal botta e risposta fra Angelino Alfano e Dario Franceschini. Da una parte c'è l'area che fa riferimento al Popolo della Libertà che ripete il mantra dello "stop all'aumento dell'Iva – via l'Imu" (senza se e senza ma), dall'altra ci sono i "possibilisti – realisti" che ricordano come sia necessario che il Governo trovi in altro modo tali risorse e quanto danno faccia la propaganda post elettorale in questo frangente.
È evidente, infatti, che in gioco vi è anche il consenso stesso del Governo, dal momento che Iva – Imu sono i cavalli di battaglia della propaganda di un centrodestra uscito a pezzi dalla tornata delle elezioni amministrative. Ma allo stesso tempo, c'è anche da tenere conto del precario equilibrio su cui si regge la maggioranza di Enrico Letta e soprattutto dell'emergere di un serio problema legato alle responsabilità delle scelte passate. Perché se Cicchitto affonda: "Se non facesse questo, il governo perderebbe una delle sue fondamentali ragioni visto che rispetto all'altra, quello della pacificazione, è stato prevaricato da forze potenti, di natura giudiziaria politica finanziaria editoriale che giocano al tanto peggio tanto meglio non solo contro Berlusconi, ma anche contro questo stesso governo"; non manca chi in casa democratica è tentato dalla "rivendicazione di responsabilità". È il centrodestra ad aver impostato l'aumento dell'Iva (due punti con la clausola di salvaguardia, poi ridotti ad uno dal Governo Monti) e la riproposizione dell'Imu: dunque questa battaglia non può essere strumentalmente usata ora dai falchi pidiellini e le eventuali conseguenze negative non possono ricadere solo sul Pd.
In ogni caso, resta poi il nodo risorse. L'appello all'Europa, ultima "trovata" di alcuni esponenti del centrodestra, sembra davvero poca cosa, dal momento che di non chiara definizione e di tempistica incerta (oltre che dall'esito non prevedibile). Servono una decina di miliardi, almeno. E serve che il Governo imposti un metodo meno elusivo e che rifugga la tentazione di inutili palliativi: l'ombra del Governo del rinviare è qualcosa che il Paese non è in grado di sopportare.