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Festival di Sanremo 2025

Il Sanremo sovranista che (non) ci aspettavamo: l’uso dei bambini prodigio e ovunque “mamma” e “papà”

I bambini prodigio sul palco, bravissimi. Maschi, vestiti bene, educati, pettinati, bravi a presentare, a suonare, a ricordare nomi e date. E poi tutte queste “mamme” e “papà”, per ricordarci quello che davvero la società si aspetta da noi: che ci riproduciamo.
A cura di Saverio Tommasi
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Carlo Conti e un bambino prodigioso
Carlo Conti e un bambino prodigioso
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Che bella, la famiglia italiana. Quella normata, sicura, accogliente, che guarda il Festival di Sanremo e applaude alla buona musica, e anche a quella così così. Devono aver pensato questo, dalle parti di viale Mazzini: chi guarda il Festival vuole essere rassicurato, coccolato; evitiamogli i cattivi pensieri, non sia mai che poi a qualcuno prenda voglia di rivoluzione e mimose.

Insomma, dopo tre serate: grazie. Ora mi sento più sicuro, nella mia tiepida casa. Ci avete tolto i monologhi, siamo costretti a ridere del grasso sulle braccia di Katia Follesa, una roba così anestetizzata che ero pronto a non aspettarmi Ricky Gervais sul palco, ma forse così è troppo. Ieri sera mi avete obbligato a ridere anche sulla durata a letto di Carlo Conti, vi odio.

Sia chiaro: questo è un pezzo ironico, sarcastico e tutto incredibilmente vero. Se vi offendete, stavo scherzando. Se concordate, è bello condividere le stesse idee.

La questione più tradizionale, ieri sera, è stata quella classica: la famiglia a trazione sovranista. Perché di tutti i possibili tipi di famiglie, di tutti i possibili colori della pelle di un nucleo famigliare, è stata rappresentata soltanto la stessa idea di nucleo tradizionale che avrebbero potuto rappresentare negli anni ‘60.

Da una parte i bambini prodigio, mamma mia, bravissimi. Maschi, vestiti bene, educati, pettinati, bravi a presentare, a suonare, a ricordare nomi e date. Portenti e pallosissimi. Non per colpa loro, a me i bambini piacciono sempre, anche quelli di ieri sera, ma io stamani ho messo la caffettiera sul fuoco e l'ho scordata lì; quell’altro a sei anni sapeva i nomi dei vincitori di ogni anno di Sanremo, compresi i secondi, i terzi e i titoli delle canzoni. Io la mattina controllo d’aver chiuso l’auto tre volte e poi la ritrovo aperta. Mi permetterete di invidiarli, o no?

Dateci bambine e bambini che si scaccolano e al massimo strimpellano. Voglio bimbetti che per studiare una pagina di Storia ci mettono due ore, per favore. Te lo dico da amico, signor Sanremo a trazione famigliare sovranista: se la presenza di quei piccoli geni pensavate servisse a incentivare la riproduzione delle persone adulte, secondo me avete sbagliato i calcoli: ieri sera abbiamo perso due punti di natalità. Quelli erano cartonati fatti con l’intelligenza artificiale, mica fanciulli.

E poi, a proposito di bambini, la pervicace esaltazione di chi li concepisce, come se poi l’atto fosse una fatica. Di solito è un godimento, la fatica viene dopo. E invece artiste (soprattutto) e artisti presentati per tre sere consecutive come mamme e papà, come se queste parole fossero aggettivi qualificativi del loro essere in vita. Ve lo dico io: non è così, non c’è nessun merito a essere genitori, e poi quelle “mamme e papà” sono lì in quanto cantanti, modelle, intrattenitori e intrattenitrici, cosa c’entra presentare una donna, davanti a dodici milioni di persone, come “mamma”? Non è un titolo, non è lì per quello, toglie attenzione al resto perché tu in quel momento stai soltanto ripetendo a voce alta, accarezzandola, l’idea che la società (sessista) si aspetta da loro: essere mamme.

Confesso: di solito a noi genitori non riesce neanche tanto bene, questo ruolo. Non dovete esaltarci, ma prenderci a sberle. Essere padri (e madri) è un casino continuo e una frustrazione, anche se nessuno lo dice perché è la lobby di noi genitori: abbiamo costituito un patto segreto, siamo pagati per mentire, ci manteniamo in vita poggiandosi sui complimenti dei conduttori e dei vicini, ma la verità è che siamo tremendi. Sbagliamo di continuo, creiamo problemi ai nostri figli per cui a loro ci vorranno anni di terapia per uscirne, e comunque ci siamo soltanto per una frazione del loro tempo.

Siamo tutti pessimi genitori, non c’è niente da riconoscere a un padre, o a una madre. Carlo, frustaci, non ci esaltare. "Signore e signori, è diventato da poco anche papà". Ecco un altro disgraziato prossimo al fallimento più totale! Questo avresti dovuto dire ieri sera, Carlo Conti.

E ora scusate ma devo andare a pulire i fornelli, è tutto sporco di caffè. Ma non scordate che sono padre.

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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