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Il risveglio di Genova

I lavoratori dell’AMT di Genova sono al quarto giorno di sciopero, eppure nessun telegiornale ne parla: non si avrà mica paura che la rabbia di Genova diventi la rabbia dell’intero paese?
A cura di Paolo Becchi
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Genova, la mia città, non cessa mai di sorprendermi. Di solito è la città, i cui abitanti si contraddistinguono per il tipico mugugno che li fa lamentare con rassegnazione e senso d’impotenza di tutto e di tutti. Ogni tanto però l’atteggiamento disfattista cede il passo a momenti di azione memorabili. Alcuni forse ricorderanno ancora per esempio il 30 giugno 1960, quando i portuali in lotta riuscirono a mettere in discussione addirittura il Governo Tambroni. E dopo di allora?

Passiamo ai nostri giorni. Una mattina ti svegli e c’è uno sciopero dell’AMT (Azienda Municipale Trasporti), uno dei tanti. Però questa volta è diverso, non vengono rispettati i soliti criteri: il preavviso e le fasce orarie garantite ovvero tutto quello che priva di senso ed efficacia qualsiasi sciopero. Non dai troppo peso alla cosa, senonché la protesta non si blocca e nonostante la precettazione i lavoratori continuano a lottare.

Al secondo giorno sei convinto che tutto finirà lì, con una Genova – come l’Italia del resto – ormai rassegnata al suo inevitabile destino. Ma, per fortuna, ti sbagli e la compattezza degli scioperanti ti stupisce: non un bus attraversa le strade cittadine.

Il terzo giorno quei lavoratori continuano imperterriti, rischiando di rimetterci più di un intero stipendio mensile. E allora cominci a interrogarti. Ma cosa sta succedendo? E decidi di andare di fronte al Comune a incontrare quei lavoratori. La seduta comunale è in corso e la giunta è barricata dentro. Il portone cinquecentesco del Comune è chiuso. Fuori il popolo insorge, dentro un sindaco del medesimo orientamento della Presidente della Camera Boldrini e radicalchic come lei sta cercando di far passare l’idea di privatizzare i servizi pubblici (con l’unica opposizione del M5S). Certo non ti aspetteresti che un sindaco sedicente di sinistra proponga una cosa del genere, ma purtroppo è così. D’altra parte questo genere di proposte sembra proprio andar di moda fra quelli che si definiscono di sinistra. Infatti alla sera del terzo giorno arriva la notizia che per far cassa il Presidente del Consiglio Letta ha deciso di cominciare a vendere i “gioielli di famiglia”, tra cui la Fincantieri che ha sede anche a Genova.

A questo punto la protesta si allarga a macchia d’olio e Fincantieri, le altre aziende partecipate e persino i tassisti si uniscono ai tranvieri genovesi. Oggi la città è di fatto in sciopero generale, anche se i sindacati non l’hanno indetto. Inizia un quarto giorno di occupazione che mette in ginocchio il capoluogo ligure, ma vede comunque gran parte della cittadinanza solidale come non mai con i lavoratori.

La cosa più incredibile è che di tutto questo nessun telegiornale ne parli. Non si avrà mica paura che la rabbia di Genova diventi la rabbia dell’intero paese?

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