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Il Risiko di D’Alema: passo indietro solo se vince Bersani, con Renzi è guerra.

In diretta tv D’Alema detta le sue condizioni, in un periodo in cui nel centrosinistra si provano a far combaciare intenti affinché nessuno ne imponga: se vince Renzi sarà una battaglia.
A cura di Andrea Parrella
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Massimo D'Alema ospite a "Otto e Mezzo"

Massimo D'Alema va da Lilli Gruber per la sua uscita di scena, la passerella ultima che chiude virtualmente il suo percorso politico da "candidato" ufficiale. Non era chiamato ad altro, viste le sollecitazioni degli ultimi giorni, su tutte l'annuncio di Walter Veltroni di domenica sera. Subito dopo veniva lui, che in verità era stato chiamato a fare un passo indietro pure prima, prima di tutti gli altri, e per altri si intendono i veterani da rottamare sui quali Matteo Renzi sta basando la campagna per le primarie del suo inno all'Adesso. Così dopo aver apertamente mostrato sdegno per questa campagna di cui lui stesso è divenuto il simbolo, dopo aver motivato la sua affermazione di qualche ora fa – "Non sono un cane morto", riferito a quella sorta di foto-vignetta che lo vede investito dal camper di Renzi – il lider Maximo ha affermato che la sua intenzione a non candidarsi venisse da lontano, oramai da tempo.

Ha raccontato di averne discusso da tempo con Bersani, con una rinuncia alla candidatura motivata dalle cariche istituzionali che lo vedono impegnato fuori Italia. Ma ha giustamente fatto presente che si sarebbe palesato il problema di un seguito elettorale molto forte di cui ancora godeva, che richiedeva una fisiologica sostituzione con una personalità notevole. Elencando i suoi riscontri elettorali ha risposto a Riccardo Iacona, presente in studio, su quale fosse stato il motivo dei disagi del centrosinistra, del suo parziale fallimento. La risposta non poteva che concretizzarsi in un lapalissiano e reticente "le sue divisioni interne". Poi, sulla prevedibile messa alle strette di Lilli Gruber, che gli chiede se dunque si candiderà o no, viene fuori tutta la sua belligeranza e, inconsciamente, la spiegazione di quelle divisioni stesse:

Se vincerà Bersani non chiederò deroghe […] dovesse vincere Renzi, è chiaro che sarà scontro.

Verrebbe da chiedersi che ne è dunque di quella carta di intenti, quella sorta di giuramento al rispetto di taluni impegni che virtualmente sta firmando ogni membro del partito. Che Matteo Renzi fosse diventato l'unico antagonista contro cui i padri fondatori del Pd potessero muovere battaglia lo si era capito dalla Leopolda, dovevamo solo attendere la conferma, giunta proprio ‘stasera. La chiave di volta per smascherare il sindaco di Firenze esiste, non si deve far altro che cercarla, basterebbe un'intuizione. In fondo, acredine in eccesso a parte, D'Alema la trova proprio in serata, comparandolo e ponendolo su un piano eguale, anzi inferiore a Grillo. A detta sua il comico e Renzi offrono di fatto la stessa merce; scegliendo quella, non si vede per quale motivo gli elettori non dovrebbero preferire il "pacchetto" proposto dai cinque stelle. Una considerazione sulla quale si fatica a dissentire.

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