Il referendum sulla caccia ha raggiunto 500mila firme, ma i Comuni sono di nuovo in ritardo
La proposta di un referendum contro la caccia ha raggiunto le 500mila firme, il numero necessario per richiederne l'indizione su iniziativa popolare. Ma anche questa volta si registrano ritardi da parte dei Comuni che dovrebbero inviare i certificati elettorali dei firmatari al comitato promotore Sì Aboliamo la caccia entro 48 ore dalla richiesta ricevuta. Senza questo passaggio, non sarebbe possibile procedere con il deposito in Cassazione che deve avvenire entro il 31 ottobre. "Alcuni Comuni hanno difficoltà a produrre certificati elettorali perché ci sono state le elezioni e anche perché ci sono diversi referendum in corso", dice a Fanpage.it la senatrice Virginia La Mura (Sinistra Italiana) che ha inoltrato alla ministra della Giustizia Marta Cartabia la richiesta di uno slittamento ulteriore al 15 novembre. Era già successo un mese fa, con la richiesta di referendum sulla legalizzazione della cannabis, quando a poche ore dalla scadenza, il governo ha varato un decreto con cui prorogava di un mese il termine ultimo per depositare in Cassazione le firme per le campagne referendarie avviate dopo il 15 giugno, proprio come quelle sulla cannabis e sull'abolizione della caccia. Per le richieste di referendum partite prima, invece, il decreto semplificazioni (che ha anche consentito che la raccolta avvenisse tramite Spid) aveva già previsto il 31 ottobre come data ultima. E proprio sulla scia di questo precedente, la senatrice Virginia La Mura spera che il referendum non cada nel vuoto: "È davvero un lavoro partito dal basso, autofinanziato, con tanto lavoro dietro e tanta partecipazione. Penso che un lavoro nato dal basso non debba essere lasciato cadere".
La Mura: La caccia mette a rischio la biodiversità
La proposta referendaria ha "abbondantemente superato la soglia delle 500mila firme", ha comunicato la senatrice La Mura sulla sua pagina Facebook. Segno di una grande partecipazione, favorita dalla possibilità di raccogliere le adesioni in modalità digitale. Come ricordato, è la seconda volta che viene chiesta una proroga a causa delle difficoltà che i Comuni incontrano nell'inviare i certificati necessari, forse perché impreparati a gestire così tante richieste in così poco tempo. "È stato importante – dice la senatrice – avviare la procedura digitale che spero si mantenga anche in futuro", ma le ultime campagne referendarie ricordano anche come i Comuni dovrebbero farsi trovare pronti: "Il governo sta investendo molto in digitalizzazione e ammodernamento delle procedure della pubblica amministrazione, ma serve anche assumere e formare il personale affinché utilizzi questi sistemi e li renda veloci ed efficaci".
Una velocità che anche questa volta sembra mancare e a farne le spese potrebbero essere gli stessi "processi democratici", come quello sull'abolizione della caccia sostenuto dalla senatrice: "Dovremmo andare verso una tutela maggiore della biodiversità e quindi anche della fauna selvatica. Se la biodiversità è tra i pilastri del Green Deal, non possiamo pensare che la caccia non pregiudichi la conservazione e la salute della biodiversità". Insomma, la caccia sarebbe un pericolo per la biodiversità soprattutto se si considera che "l'Italia è in procedura d’infrazione sia sulla Rete Natura 2000 (lo strumento Ue che prevede l'istituzione di zone protette per la tutela degli habitat naturali in cui vengono impedite attività dell'uomo n.d.r) sia sulle specie di animali che possono essere cacciati, perché ancora non abbiamo aggiornato gli allegati delle specie in via d’estinzione".
Cosa chiede il referendum sulla caccia
La raccolta firme per la richiesta di un referendum di iniziativa popolare per l'abolizione della caccia è partita a luglio, raccogliendo più di 200mila firme già a metà settembre. Il quesito propone di abrogare parzialmente la legge in materia, la numero 157 del 1992, per vietare l'attività di caccia e sancirne il divieto. "Sono stati tanti – spiegavano i promotori all'avvio della raccolta firme – i tentativi di presentare in Parlamento alcune modifiche ai troppi privilegi riservati solo ai cacciatori, evidenziando, nel tempo, sempre una maggiore presa di coscienza tra la popolazione e soprattutto tra i giovani, del rifiuto della caccia e della violenza nei confronti degli animali".
Nel dettaglio, la proposta referendaria chiede non solo di eliminare alcune disposizioni della legge – come quella che consente l'attività di caccia – ma anche di modificare altri articoli, rendendoli previsioni normative che si limitano a dare una definizione di caccia o di "attività venatoria" e a fornire gli elementi utili a riconoscerla. "Se si raggiungesse il quorum – aggiungevano i promotori – la legge 157 tornerebbe alla sua vera natura cioè quello della tutela della fauna selvatica e vieterebbe la caccia in ogni dove ed in maniera totale costringendo le amministrazioni a trovare soluzioni ‘ecologiche' cioè naturali e senza uccisioni nella gestione degli animali selvatici".