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Opinioni

Il referendum su Renzi

Dopo Silvio, ecco Matteo: ovvero della tentazione tutta italiana di trasformare il dibattito politico nel solito, inutile, referendum su una persona. Secondo un modello che non serve a nessuno e che ha lasciato solo macerie, in politica e tra l’opinione pubblica.
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La domanda delle settimane precedenti era: "Caro Matteo, da dove prendi i soldi per il bonus in busta paga?". E la risposta, al netto delle anticipazioni e dei giri di parole, non è ancora arrivata. Quelle di queste settimane, molto più semplicemente sono: da dove arriva la legittimità politica di cui parli? In che senso "abbiamo già discusso"? Che ne sai di quello "che ci chiedono" gli italiani? Anche in questo caso, vere risposte non ne arrivano, a parte la solita, inutile, riproposizione del dualismo pantano / cambiamento. C'è poi la questione della fretta, che rimanda alla costruzione della figura messianica di Renzi, quello che guida il "Governo del fare presto", che non perde tempo in inutili formalismi e vecchie litanie, ma che soprattutto è disposto a passare sopra il cadavere del parlamentarismo pur di ottenere risultati immediati e concreti. E ancora, c'è la questione del "linguaggio", sulla quale le parole più sensate le ha scritte Fabio Chiusi (qui il post integrale): "[…] la lingua, bruttissima, è proprio la stessa (di certa destra, ndr); un misto di arroganza e denigrazione per chi non la pensa al tuo modo che francamente speravo si potesse evitare di riproporre in una leader che si vorrebbe tutto nuovo". E infine c'è la questione dell'enorme distanza fra i fatti e gli spot, fra il percorso concretamente intrapreso e le mille promesse, fra la tempistica ragionevole e quella dei sogni (qui il monitoraggio delle promesse mantenute e disattese). Tutte questioni che dividono in modo netto il fronte dei "renziani" (che ovviamente comprende i peones del "lasciatelo lavorare") da quello degli "anti-renziani" (dagli orgogliosi agli inconsapevoli, che poi sarebbero quelli che provano a parlare del merito delle questioni…per quanto è possibile in questo momento).

Insomma, l'elenco dei fronti polemici aperti dall'azione di Matteo Renzi è lungo e decisamente consistente. E di certo ai "detrattori" (sul termine sarebbe necessario riflettere, appunto) non mancano gli argomenti per impostare critiche sia di metodo che di merito, per quella che dovrebbe essere la normale dialettica politica fra Governo e stampa, fra maggioranza e opposizione, o fra parlamentari e cittadini, prendendo per buono il mito della disintermediazione (di cui si parla, molto spesso a sproposito). Il punto è che le tentazioni del manicheismo spicciolo da una parte e quella del qualunquismo a prescindere dall'altra sono sempre in agguato e il rischio è quello di trasportare il dibattito sul piano dello scontro ideologico. Ma davvero qualcuno crede che la partita sia fra riformisti e conservatori? Davvero siamo ritornati alla riproposizione della figura messianica al vertice di uno schieramento, con tutto ciò che ne consegue in termini di apostoli, fedeli e infedeli da convertire o al limite da scomunicare? Stiamo davvero per ripiombare nel baratro della politica come referendum personale, prima su Silvio, ora su Matteo?

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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