Il referendum contro il Jobs Act lanciato da Landini che può mettere in difficoltà il Pd
Domenica 27 agosto il segretario della Cgil Maurizio Landini ha annunciato un referendum per eliminare le leggi che favoriscono il precariato: "Noi stiamo chiedendo di cambiare le leggi precarizzanti fatte da tutti i governi. E insieme alla modifica delle leggi vogliamo contrastare la precarietà e lo sfruttamento con la contrattazione collettiva, rivendicando la stabilizzazione dei rapporti di lavoro. Se Governo e Parlamento non intervengono, siamo pronti nei prossimi mesi a prendere in considerazione anche uno strumento che i cittadini hanno: quello di fare un referendum per abrogare le leggi folli, compreso, evidentemente il Jobs Act".
La proposta non ha suscitato entusiasmo dalle parti del Pd, visto che fu proprio il governo Renzi a intestarsi la riforma del lavoro, il cosiddetto Jobs Act, nel 2014, che venne votato dalla maggioranza dei dem. Ancora non esiste un quesito scritto, non è partita alcuna raccolta firme, e in ogni caso gli italiani non verrebbero chiamati ad esprimersi non prima della primavera 2025. Ma intanto la segretaria del Pd Elly Schlein si è mostrata aperta alla discussione. Martedì alla Versiliana, interpellata sul Jobs Act, ha detto: "Io sono sempre stata contraria, sin da quando ero nel Partito Democratico nel 2015, e per me si deve fare altro per diminuire la precarietà, i contratti a termine. Quindi noi seguiremo le iniziative della Cgil, perché condividiamo i problemi sulla precarizzazione del lavoro in Italia". Non un vero e proprio invito ai suoi a sostenere il referendum di Landini. Né sì né no insomma, ma comunque c'è l'intenzione di approfondire e capire se sarà possibile una convergenza con il sindacato.
E anche oggi ad Avvenire, a una domanda sul fatto che schierandosi con la Cgil rischierebbe di finire troppo a sinistra, come accadde ai laburisti di Corbyn, la segretaria dem ha glissato sul referendum contro il Jobs Act, spostando l'attenzione sulla battaglia per il salario minimo: "La proposta unitaria dice due cose fondamentali: rafforzare la contrattazione collettiva e far valere i contratti firmati dalla organizzazioni più rappresentative, per spazzare via contratti pirata. Accanto a questo introduce la soglia minima dei 9 euro l'ora. Non credo che questa proposta sia radicale. Credo sia popolare, tant'è che è condivisa da più del 70 per cento degli italiani".
Un atteggiamento cauto nei confronti della proposta della Cgil, di chi per il momento preferisce non esporsi, perché capisce di poter apparire contraddittorio davanti al proprio elettorato. E tanto è bastato per fornire un assist a Renzi e Calenda, che hanno subito fatto sottolineato l'atteggiamento incoerente da parte del Partito Democratico.
"Il JobsAct ha creato oltre un milione di posti di lavoro, ha aumentato la stabilità e non il precariato, ha abbassato le tasse sul lavoro. Chi lo mette in discussione? Chi vuole vivere di sussidi come i 5 Stelle. Il Pd ha votato il Jobs Act e ora fa un referendum contro il Jobs Act. Provo imbarazzo per chi nel Pd non ha il coraggio di alzare la voce contro questa scelta masochista. Il Partito democratico che smette di essere riformista per diventare la sesta stella del grillismo fa venire un tuffo al cuore", ha scritto il leader di Italia viva, Matteo Renzi, nella sua enews di oggi. L'ex premier e padre della riforma ha anche chiamato in causa i suoi ministri di allora: "Paolo Gentiloni, Roberta Pinotti, Beatrice Lorenzin, Marianna Madia, Dario Franceschini, Graziano Delrio: vi ricordate che voi eravate in consiglio dei ministri in quei giorni? Cari Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani, vi ricordate che voi eravate i vicesegretari di quella squadra? Quale faccia indosserete per recarvi al seggio? Io un referendum l’ho perso, ma meglio quello che perdere la dignità".
"Appoggiare il referendum contro il Jobs act è un grave errore del Pd", ha fatto notare anche Carlo Calenda. "Non bisogna ingessare il mercato del lavoro".
"A sinistra si fa la gara a chi rincorre di più il populismo, guardiamo Elly Schlein sulle spese militari. Ma la cosa più incredibile è quanto accaduto due giorni fa: la segretaria del Pd che sostiene la raccolta firme per abolire il Jobs act, una legge fatta dal Pd", ha attaccato ieri il senatore di Italia viva, Enrico Borghi, da poco uscito dal Pd. "Il Jobs act l'ha fatto Renzi? Andate a vedere chi ha votato quella legge. Io c'ero – ha aggiunto – e il mio capogruppo, che mi disse di votare il Jobs act, era Roberto Speranza. L'ha votato Pierluigi Bersani, e potrei continuare. Quindi, o hanno sbagliato allora, e quindi dovrebbero ammetterlo. Oppure sbagliano adesso".