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Il reddito minimo garantito, il nuovo ammortizzatore sociale per l’Italia

Nella nuova riforma del lavoro preparata dal Ministro del welfare potrebbe entrare anche il reddito minimo di disoccupazione, una nuova forma di ammortizzatore sociale per l’Italia ma da anni usata in quasi tutti i Paesi europei per sostenere i lavoratori in difficoltà.
A cura di Antonio Palma
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Nella nuova riforma del lavoro preparata dal Ministro del welfare potrebbe entrare anche il reddito minimo di disoccupazione, una nuova forma di ammortizzatore sociale per l'Italia ma da anni usata in quasi tutti i Paesi europei per sostenere i lavoratori in difficoltà.

Nella convulsa seconda fase della manovra economica due sono le principali riforme messe in cantiere da parte del Governo Monti, una è quella che riguarda le liberalizzazioni, l'altra la riforma del mercato del lavoro. Su quest'ultimo versante il Ministro del Welfare Fornero da mesi ormai è alle prese con un disegno di legge che l'ha tenuta impegnata quasi per intero. Tra i tanti temi toccati dalla riforma uno in particolare potrebbe rivelarsi una vera rivoluzione per il nostro Paese, stiamo parlando del reddito minimo di occupazione.

Il reddito minimo garantito ad ogni cittadino in difficoltà lavorativa è un vecchio pallino della Fornero, che già all'inizio di dicembre si era espressa a favore di un simile provvedimento pur avvertendo che si trattava di un suo giudizio personale e non del Governo. Ma il Ministro secondo le ultime indiscrezioni sembra aver convinto i suoi colleghi e Monti, e il reddito minimo potrebbe entrare a far parte nel nuovo pacchetto del Governo sul lavoro. La misura, da elencare tra quelle relative agli ammortizzatori sociali, è un provvedimento di tutela a favore di alcune categorie di cittadini in situazione di disagio economico a seguito di perdita dell'occupazione o con difficoltà di reinserimento nel mercato del lavoro, ma anche a favore di alcuni gruppi di persone in condizione di marginalità sociale.

In realtà la misura del reddito minimo garantito ha già avuto una comparsata in Italia, seppur di breve durata, quando nel 2000 il ministro Livia Turco varò una serie di esperimenti in qualche centinaia di Comuni italiani che, però, finirono presto anche per la mancanza di fondi per coprire i costi. Lo stesso motivo per cui tanti altri tentativi a livello Regionale e locale dopo poco tempo sono falliti, anche contro la convinta volontà delle amministrazioni locali. Il grosso problema di un'introduzione simile a livello nazionale è proprio quello dei costi che si prevedono esorbitanti.  In realtà secondo le previsioni di alcuni studi in merito, un nuovo provvedimento in materia di reddito minimo di occupazione che inglobasse le tante misure attualmente erogate dallo Stato con sussidi e sostegni economici vari, potrebbe rivelarsi non del tutto insopportabile dal punto di vista dei costi.

Proprio per questo nell'ipotesi del Ministro, parti sociali e partiti permettendo, dovrà trattarsi di una riforma radicale del nostro sistema lavoro che parta dalle tipologie di contratto e arrivi alla modifica degli ammortizzatori sociali, passando per la modifica delle regole su licenziamenti e retribuzioni. Del resto l'esempio c'è lo danno i nostri vicini europei dove, a parte qualche raro caso, la misura del reddito minimo è molto diffusa nei Paesi della comunità europea. Ovviamente si tratta di aiuti a tempo che presumono una volontà del lavoratore ad adattarsi attraverso la formazione e l'aggiornamento alle mutate condizioni del mercato lavorativo.

E proprio questo uno dei punti fondamentali, perché di modalità di reddito minimo ve ne sono diverse nel mondo, ma quasi tutte connesse ad una qualche forma di condizione a cui i lavoratori devono sottostare. Non sappiamo cosa ha in mente nel particolare la Fornero, ma sicuramente alcune concessioni i sindacati dovranno farle, magari proprio su alcuni degli altri ammortizzatori sociali oggi in vigore. Quegli ammortizzatori che se garantiscono i lavoratori a tempo indeterminato, escludono però completamente tutta quella massa di precari che oggi costituiscono una corposa fetta di lavoratori e che con l'introduzione del reddito minimo garantito avrebbero accesso a tutele fino ad oggi solo sognate.

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