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Il rebus del senatore filo-Putin Petrocelli: tutti vogliono le dimissioni, ma nessuno sa come fare

Al Senato, continua a tenere banco il caso di Vito Petrocelli. Dopo le sue ultime esternazioni in favore dell’invasione russa dell’Ucraina, il destino del presidente della commissione Esteri di palazzo Madama sembrava segnato. Ma ottenere le sue dimissioni si sta rivelando più difficile del previsto.
A cura di Marco Billeci
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Il compagno Petrov per ora rimane al suo posto. Mercoledì 27 aprile doveva essere la giornata decisiva per le sorti di Vito Petrocelli, presidente della Commissione Esteri del Senato in quota M5S, ormai disconosciuto dallo stesso Movimento, per le sue posizioni quantomeno ambigue, riguardo all'invasione russa dell'Ucraina. Il senatore pentastellato però continua a rimanere aggrappato alla sua poltrona e nonostante tutte le forze politiche chiedano la sua rimozione, nessuno sa veramente come fare a ottenerla.

Il destino di Petrocelli  appariva segnato dopo che su Twitter aveva "celebrato" la festa della liberaZione, mettendo in evidenza la "Z", simbolo della cosiddetta operazione speciale della Russia in Ucraina. Il tweet arrivava al culmine di una serie di esternazioni controverse del senatore M5S. Poco dopo, il  leader dei 5 Stelle Giuseppe Conte, aveva annunciato l'espulsione di Petrocelli dal gruppo a palazzo Madama. La procedura di espulsione è attualmente in corso, ma nonostante questo, rimuovere Petrocelli dalla presidenza della Commissione Esteri si sta rivelando una missione quasi impossibile.

Un presidente inamovibile

Mercoledì 27 aprile, è stata convocata la giunta del regolamento del Senato, per discutere della questione. Tutti i gruppi politici hanno espresso la volontà di sostituire Petrocelli dalla presidenza della commissione Esteri. Tuttavia, le modalità con cui farlo rimangono incerte, tanto che la discussione è stata rinviata a una prossima riunione, martedì 3 maggio.

Il problema è che non esiste un meccanismo per sfiduciare un presidente di Commissione, cosa che rende Petrocelli quasi inamovibile. Ovviamente, la via più semplice per risolvere la situazione sarebbero le dimissioni del senatore pentastellato dalla presidenza. Per spingere in questa direzione, in queste ore i componenti della Commissione Esteri scriveranno una lettera alla presidente del Senato Casellati, in cui dichiarano che è venuta meno la loro fiducia nel presidente della Commissione. Un atto formale, che però non avrà conseguenze sostanziali, perché Petrocelli ha già detto più volte che a dimettersi non ci pensa proprio. Anzi, dopo l'annuncio della sua espulsione dai 5 Stelle, con una serie di tweet ha attaccato il leader del Movimento Giuseppe Conte e il fondatore Beppe Grillo.

Le dimissioni di massa

Rimangono allora altre due strade per arrivare alla destituzione di Petrocelli, entrambe però piuttosto strette. La prima sono le dimissioni in massa di tutti i membri della commissione Esteri. Secondo i sostenitori di quest'opzione, a quel punto Casellati dovrebbe constatare l'impossibilità di proseguire il lavoro della commissione e ordinarne lo scioglimento, procedendo poi a riformala da capo, con l'elezione quindi di un nuovo presidente. Il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri per sostenere questa opzione cita il precedente del cosiddetto "caso Villari". Spiega Gasparri a Fanpage.it: "Nel 2008 stavo in commissione di Vigilanza Rai, il presidente Villari non si voleva dimettere, allora ci dimettemmo noi e la commissione fu sciolta".

Qua però la storia si fa ancora più complicata, tanto da diventare un rompicapo anche per gli esperti dei regolamenti del Senato. Per provare a raccontarla, occorre spiegare la distinzione tra commissioni bicamerali e commissioni permanenti. Provando a farla il più semplice possibile, il precedente a cui fa riferimento Gasparri riguarda, come detto, la commissione di Vigilanza Rai, che però era una commissione bicamerale, con la funzione di indirizzo e controllo, ma senza un ruolo legislativo.

Al contrario, le commissioni permanenti – come quella degli Esteri – devono essere sempre operative, spiegano i tecnici più scettici riguardo alla soluzione delle dimissioni di massa. Per capirci, se per ipotesi oggi il governo decidesse di emanare un decreto urgente per l'invio di nuove armi in Ucraina, la commissione Esteri dovrebbe poter essere subito in grado di esprimersi sul provvedimento. Per questo motivo, anche se i membri della commissione si dimettessero tutti, i partiti dovrebbero immediatamente nominare i loro sostituti, rendendo vana l'operazione per forzare la rimozione di Petrocelli.

Spostare Petrocelli in un'altra commissione

Una seconda opzione possibile prevede che il Movimento 5 Stelle sposti Petrocelli dagli Esteri in un altra commissione, facendolo di fatto decadere dal ruolo di presidente. Anche qui però, le cose sono più facile a dirsi che a farsi. Se infatti, è consuetudine che i partiti possano muovere i loro parlamentari da una commissione a un'altra, la questione si fa più complessa quando si tratta non di un semplice membro dell'organismo, ma del suo presidente. Essendo stato eletto, Petrocelli infatti dovrebbe esercitare una funzione non più legata al partito di cui è espressione, ma super partes.

Anche qui, i promotori di questa alternativa si aggrappano a un precedente, quello del senatore Renzo Gubert che, spiegano fonti parlamentari, nella diciassettesima legislatura "fu rimosso dal suo gruppo parlamentare e spostato in un’altra commissione, facendolo in tal modo decadere automaticamente dalla sua carica elettiva di vicepresidente di commissione". Può essere dunque questa la soluzione del rebus Petrocelli?

Secondo la senatrice di Italia Viva e membro della commissione Esteri Laura Garavini, che per prima ha sollevato la questione Petrocelli, in questo caso problema è politico. Parlando con Fanpage.it, Garavini sostiene che i 5 Stelle vogliano solo prendere tempo, aspettando che si completi la procedura di espulsione di Petrocelli dal gruppo. A quel punto, il senatore dissidente si troverebbe nel Misto e la decisione su un suo eventuale spostamento ad altra commissione passerebbe alla presidente del gruppo delle cosiddette "anime perse", Loredana De Petris.

"I 5 Stelle continuano a menare il can per l'aia – dice Garavini -, ma al di là dei proclami, stanno procastinando la soluzione".  Dal canto loro, fonti parlamentari del Movimento spiegano che la stessa presidente Casellati avrebbe espresso dubbi sulla legittimità dello spostamento di Petrocelli. Il rischio è che una mossa azzardata ottenga l'effetto di prolungare ancora di più la questione, impantanando il Senato in una serie di ricorsi e controricorsi. Intanto il compagno Petrov rimane asserragliato nella sua personale trincea. Senza nessuna intenzione di arrendersi.

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