Il reato di integralismo islamico è un perfetto esercizio di demagogia
Pochi giorni dopo l'attentato di Dacca, dalle pagine di Libero la presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, aveva detto che "il massacro in Bangladesh confuta tutte le tesi care ai paladini del politicamente corretto in tema di terrorismo islamico" e che, guardando in faccia la realtà, "la causa di quanto sta accadendo è la diffusione del fondamentalismo islamico", dietro il quale c'è "semplicemente una specifica ideologia rafforzata da una base religiosa". In quell'occasione Meloni aveva anche proposto la possibile ricetta per risolvere la questione: introdurre nell'ordinamento italiano il resto di "integralismo islamico". Il proposito è stato poi ribadito come assolutamente necessario all'indomani della strage di Nizza, perché quello che è accaduto è anche "colpa del buonismo" e "dobbiamo difenderci".
Con una conferenza stampa alla Camera Fratelli d'Italia ha poi effettivamente presentato una proposta di legge che mira a introdurre "la previsione di un nuovo reato, quello di integralismo islamico", ha spiegato Meloni, che ha precisato che "non si tratta di un reato d'opinione", né di "una norma che intende minare la libertà religiosa, ma ha come finalità unica quella di garantire la sicurezza di chi vive in Italia, impedendo di continuare ad alimentare l'odio, l'integralismo la violenza e il terrorismo".
Il disegno parte, seguendo le parole della leader di Fdi, dal presupposto che "alla base fondamentalismo islamico c'è una specifica cultura" e che il terrorismo non si combatte "come ci dice il governo Renzi mettendo i soldi nella cultura e cantando tuti insiem Imagine di John Lennon". Per questo motivo il partito guidato da Giorgia Meloni chiede di poter punire con una pena da 4 a 6 anni chi "al fine di o comunque in maniera tale da mettere in concreto pericolo la pubblica incolumità propugna o propaganda idee dirette a sostenere sotto qualsiasi forma l'applicazione della pena di morte per apostasia, omosessualità, adulterio o blasfemia, l'applicazione di pene quali la tortura e la flagellazione, la negazione della libertà religiosa, la riduzione in schiavitù o servitù, in particolare per le donne". Il tutto nel presupposto che, ha spiegato Meloni, si tratta di un fenomeno "inserito nella cultura islamica, interno alla cultura islamica che prolifera ovunque ci sia un'importante comunità islamica e musulmana. Il che non vuol dire dire che tutti siano terroristi" ma che c'è una "specifica ideologia mescolata a una base religiosa".
Al di là del fatto che nel nostro ordinamento esistano già norme per combattere la minaccia terroristica – comprese le misure di prevenzione che possono essere disposte – davanti a una proposta del genere si pongono alcune domande. La prima è: se è "un fenomeno inserito nella cultura islamica", come si riconosce un integralista e un possibile terrorista? Qual è il confine tra una lettura rigida del Corano e finire con l'essere considerato – o anche solo sospettato – colpevole di integralismo islamico? E se si arresta un Imam, dei fedeli che gli davano retta che si fa? Meloni ci tiene a dire come premessa che "non è un reato d'opinione". Dunque, cosa occorre? Provo a immaginare se il reato fosse davvero inserito nel nostro ordinamento: viene fermata una persona sospettata di integralismo islamico, e inizia un processo, con relativa difesa. "Il mio assistito è musulmano praticante, segue i precetti del Corano, ma di meno, insomma, non nel senso che intendete voi".
Un dubbio anche sull'efficacia. Prendiamo l'ultimo episodio, quello di Nizza. Stando alle ultime informazioni, il killer non era un musulmano particolarmente praticante, non frequentava la moschea, pare che la sua "radicalizzazione" fosse stata piuttosto blanda e rapida. L'avrebbe bloccato dal compiere il suo proposito criminoso un reato di integralismo islamico? Credo proprio di no.
Per portare avanti la proposta e chiedere la calendarizzazione, Fratelli d'Italia ha anche promosso una raccolta firme, dal nome "Disinnesca l'odio, una legge per punire chi aiuta i terroristi". Ecco, un altra questione: combattere l'odio, sì, ma solo quello di una qualche matrice islamica. A questo punto se un gruppo non bene identificato si mettesse a predicare lo sterminio di italiani o europei in nome di qualche altra divinità al di fuori di Allah rientrerebbe nel circuito penale normale; nel caso di un non ben precisato collegamento con l'Islam no. Allo stesso modo da questo "combattere l'odio" sarebbero escluse altre categorie: tipo i razzisti, gli omofobi, coloro che inneggiano a Hitler, invocano forni e leggi razziali – e ce ne sono parecchi.
Insomma, c'è non poca demagogia in una proposta del genere, e ce n'è ancora di più nel rilanciarla davanti a una collettività spaventata e vulnerabile com'è ovviamente la nostra dopo un altro attentato come quello di Nizza – per lo meno presentato come riconducibile allo Stato islamico, poi in realtà l'associazione è molto meno semplice. Del resto il terreno in Italia per un discorso di questo tipo è favorevole: secondo uno studio del Pew Center l'atteggiamento negativo nei confronti dei musulmani in Europa è in crescita generalizzata e il nostro paese si piazza al secondo posto con il 69% di indice di diffidenza. Per completare il quadro, in Italia la minaccia terroristica sembra essere legata anche al fenomeno dei rifugiati, per 60% degli intervistati dallo studio. Cavalcare questa situazione non è "disinnescare l'odio", è alimentare il sospetto e, dietro il baluardo della "difesa", perseverare nella costruzione di un nemico che è un perfetto catalizzatore di consenso.