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Il razzismo spiegato a una madre che ha chiamato “scimmia” una giocatrice accanto alla figlia

Signora, mi rivolgo a lei: i razzisti ogni tanto tornano, ma poi durano poco, come la peperonata. Questo è il vostro momento storico, ma mi ascolti: cambi squadra, venga a giocare con la Costituzione, abbiamo l’umanità come alleata, alla fine vinceremo noi e potremo tornare a volerci bene. Alla faccia dei razzisti.
A cura di Saverio Tommasi
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Razzismo nel basket giovanile, mamma tifosa: “Sei una scimmia”. La giocatrice reagisce.
Razzismo nel basket giovanile, mamma tifosa: “Sei una scimmia”. La giocatrice reagisce.

L’avete visto questo video?
Ve lo riassumo: siamo a una partita di basket, le ragazze hanno 19 anni. Dagli spalti la madre di una di queste insulta una giocatrice dell’altra squadra, per l’appunto una ragazza nera, per l’appunto chiamandola “scimmia”.
Qualche attimo prima le aveva urlato: “Chi sei? Il guinzaglio di un cane?” E subito dopo le grida: “Ma non ti vergogni? Sei una scimmia!"

La ragazza la sente, smette di giocare e prova ad avvicinarsi alla donna responsabile degli insulti razzisti. La donna, più tardi, dirà: “Non era detto per il senso del razzismo. Mi è uscito”.

Signora,
si esce per andare a bere un bicchiere di vino, o per fare la spesa. Si esce con gli amici, per fare una passeggiata o si esce per andare al cinema. Il razzismo invece non esce, quando esce significa che ce l’hai dentro.

Signora, il razzismo non si basa solo sull’intenzione individuale. Il razzismo è un fenomeno storico, culturale e sistemico. La sua intenzione – tra l’altro tutta da verificare – non è neanche rilevante, perché il razzismo non è soltanto quello che si intende dire, ma come viene percepito e vissuto da chi lo subisce.

Signora, mi rivolgo sempre a lei, anzi faccia conto che da questo momento ci siamo soltanto io e lei.
La frase è razzista perché richiama una lunga storia di disumanizzazione.
Per secoli le persone nere sono state paragonate alle scimmie per giustificare il colonialismo, la schiavitù e la segregazione. Paragonare le persone nere alla scimmie le identificava come inferiori, alla stregua delle bestie. Ed era un mezzo per opprimere quello stesso gruppo sociale, privandolo di opportunità e sfruttandolo come forza lavoro a disposizione, gli schiavi, esattamente come avrebbero potuto fare con una vacca oppure con un maiale. Numeri. I campi di concentramento hanno poi seguito lo stesso modello.

Signora, facciamo un passo indietro. Offendere una giocatrice, durante una partita di basket, in qualunque modo e al di là del colore della pelle, non è tifo. Non è neanche maleducazione, o malacreanza. Si tratta proprio di inciviltà. Il mondo non si divide in bianchi e neri, ma in civili e incivili, ci rifletta.

Signora, è colpa sua, ma non è soltanto colpa sua. Io lo so. Viviamo nella cultura della prevaricazione, immersi in un odio sociale senza precedenti recenti. Il razzismo viene tollerato, sminuito, giustificato. L’omofobia, la transfobia, sono diventate un’alternativa possibile all’accoglienza. Il linguaggio ampio viene vilipeso. Le leggi a tutela delle minoranze cancellate. Una fetta dell’elettorato, spesso maggioritario, si nutre di attacchi quotidiani a chi ritiene diverso. Politici lucrano sui social per uno spicchio di consenso in più, ad esempio sottolineando il colore della pelle di presunti criminali, quando gli fa comodo, e tacendo sul colore quando si tratta del rosa pallido. Vengono richiamati periodi storici dittatoriali con il sorriso sulle labbra, in Italia come in Germania, o in Ungheria. Quelle idee sono diventate un’alternativa politica, talvolta maggioritaria, come è oggi negli Stati Uniti d’America.

Signora, io non la conosco. Non conosco neanche sua figlia, se è come lei, mi auguro di no. S'immagini che figura le ha fatto fare, ieri. S'immagini l'imbarazzo, che a 19 anni anche un bacio dalla madre in pubblico può essere motivo di vergogna, ma la madre che urla "scimmia" a una sua compagna di basket, non oso neanche pensarci.
Signora, per lei immagino sia tardi per cambiare, ha una certa età, ma non è mai troppo tardi, mi creda. Non è mai suonato il gong fino a che non suona davvero. Può leggere un libro, fare una passeggiata, conoscere amici. Ci sono mille cose che è possibile fare senza insultare le altre persone per il colore della pelle, o per come giocano. Tra l’altro, come vede, poi finisce che sul campo i razzisti perdono sempre. Perché i razzisti sono veloci, a loro basta una frase per diventarlo, non devono neanche impiegare tempo a ragionare, ma poi hanno il fiato corto. Senza argomenti, si sgonfiano subito. I razzisti tornano, ogni tanto, ma poi durano poco, come la peperonata. Questo momento storico è il loro momento, ma probabilmente per poco. Signora, mi dia retta: non si faccia trovare impreparata, cambi squadra, venga a giocare con la Costituzione, abbiamo l'umanità come alleata, alla fine è scontato: vinceranno i buoni.

Signora, passi la palla quando vede che sta per dire cose che non le farebbe piacere ricevere. Perché in fondo il segreto è tutto qui: fare alle altre persone soltanto quello che vorremmo loro facessero a noi. E immagino che lei, a essere insultata sul campo per il colore della pelle, non vorrebbe starci.

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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