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Elezioni europee 2024

Il piano di Meloni per distruggere l’Europa e mangiarsi i Popolari, spiegato a Tajani e Von der Leyen

Distruggere l’Unione Europea e mangiarsi il Partito Popolare Europeo: Giorgia Meloni ripete la sua strategia ogni volta che può. Eppure proprio la presidente della Commissione e il leader di Forza Italia sono i primi che la sostengono.
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C’è una narrazione che si aggira per l’Europa: quella secondo cui Giorgia Meloni e la sua famiglia politica europea, quella degli auto-nominatisi riformisti e dei conservatori di Ecr, siano la parte ragionevole delle destre che crescono nel Vecchio Continente. Un’estrema destra, in altre parole, un po’ meno estrema di Identità e Democrazia. Conservatrice, la definiscono. Atlantista, sicuramente. Europeista, addirittura, si azzarda a descriverla qualcuno. Di sicuro, in quel pezzo di establishment italiano che spera che la presidente del consiglio entri a far parte dell’alleanza che darà le carte nel prossimo parlamento europeo, c’è la certezza che il potere ne annacquerà le idee meno potabili, facendola diventare una specie di piccola Merkel, prona ai desideri di Ursula von der Leyen e di Emmanuel Macron, in cambio di qualche poltrona e di qualche photo opportunity coi grandi della Terra.

È una narrazione che ha ampia diffusione sulle pagine dei giornali e negli studi dei talk show italiani e che di recente è stata rilanciata addirittura da Antonio Tajani, leader di Forza Italia, già presidente del parlamento europeo per i popolari, e dalla stessa Ursula von der Leyen, nel dibattito tra i candidati alla guida della Commissione Europea: “Con lei ho lavorato bene, è un’europeista”, ha detto la candidata popolare e attuale presidente della Commissione, per l’appunto.

La cosa buffa è che proprio Giorgia Meloni, giorno dopo giorno, si adopera di smontare questa narrazione, raccontando comizio dopo comizio, intervista dopo intervista come a lei non interessi governare l’Europa, bensì distruggerla. E come non voglia allearsi coi popolari, quanto piuttosto mangiarseli assieme ai suoi alleati di estrema destra. Sembrano parole forti, e in effetti lo sono. Ma è difficile leggere in altro modo le sue ultime dichiarazioni, e le sue ultime mosse.

Partiamo dall’Europa. “In questi anni l'Europa ha messo in atto una limitazione della libertà degli Stati nazionali da cui si deve tornare indietro”, ha detto Giorgia Meloni intervenendo al raduno degli estremisti di destra di Vox, suoi alleati, solo pochi giorni fa. Questa frase è la parafrasi di un progetto ben preciso: quello di fare in modo che il diritto nazionale torni a prevalere su quello comunitario. Non è una novità: è una proposta di modifica costituzionale presentata da Fratelli d’Italia già nel 2018. E per quanto difficilmente realizzabile intervenendo sulla nostra Carta – si dovrebbe intervenire sull’articolo 11, che sta nei principi fondamentali – è la base programmatica di quel’Europa delle Nazioni, cui tutte le forze dell’estrema destra europea, senza nessuna eccezione, si rifanno.

Il potenziale distruttivo di una simile modifica dei Trattati Europei è auto-evidente: un’Unione Europea in cui nessuno è tenuto a rispettare direttive e regolamenti decisi a Bruxelles e Strasburgo da Parlamento, Commissione e Consiglio Europeo, è semplicemente un’Unione Europea che non esiste più. Al più, è una comunità economica come quella della seconda metà del Novecento. Con la differenza che oggi ci sono delle forze autocratiche, al suo interno, che potrebbero minare la libertà di stampa, lo stato di diritto e i diritti sessuali e riproduttivi delle persone senza che nessuno possa dire nulla. O possa bloccare l’erogazione dei fondi comunitari, com’è più volte successo a Polonia e Ungheria, in questi ultimi anni. Strano che Ursula von der Leyen e i sedicenti europeisti all’italiana, primi fra tutti gli alleati di governo di Giorgia Meloni come Antonio Tajani, definiscano europeista chi sostiene queste tesi.

Strano anche che pensino, peraltro, che Giorgia Meloni sia diversa da tutti i suoi alleati e dai suoi amici-nemici di Identità e Democrazia. Perché, anche in questo caso, è lei stessa a rivendicare come questa diversità esista solo nella testa di chi, come Tajani e Von der Leyen, ci spera: "Non sono abituata a dare le patenti di presentabilità – ha detto Meloni a  In mezz’ora su Rai Tre, rispondendo a proposito dei suoi ingombranti alleati europei, da Vox al PiS polacco, da Viktor Orban e Eric Zemmour -. Il mio obiettivo è costruire una maggioranza alternativa. L'obiettivo è una maggioranza di centrodestra e mandare la sinistra all'opposizione in Ue”. Altro che staccarsi dagli estremisti, come suggerisce Tajani a lei e Salvini. Meloni, che non dà patenti, in maggioranza se li vuole portare tutti.

Sono i numeri a dirlo, del resto. Una maggioranza di centrodestra in Europa, come la chiama lei, può ambire a essere tale solo se raggiunge 353 seggi. In altre parole, solo se ai 181 scranni che gli ultimi sondaggi attribuiscono ai Popolari Europei, aggiungiamo i 92 di Ecr (Orban compreso), i 70 di  Identità e Democrazia (AfD esclusa) e quel che resta dei non iscritti che stanno a destra (c’è da pescare tra 62 europarlamentari)

Intendiamoci: è difficile accada, ma non punteremmo due euro sull’impossibilità di questo scenario, nemmeno dopo le elezioni europee dell’8 e 9 giugno. Dovesse accadere, presto o tardi, per il Partito Popolare Europeo sarebbe un abbraccio mortale. Un po' perché potrebbe trovare sponde Oltreoceano, con la più che possibile elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti d'America, il prossimo 5 novembre. Un po' per la capacità conclamata delle destre nel monopolizzare l'agenda politica e prendersi il centro della scena. Valga come esempio paradigmatico, il caso italiano. Quando Silvio Berlusconi “sdoganò” la destra estrema, il Movimento Sociale Italiano di Gianfranco Fini era un partner minore in una coalizione dominata da Forza Italia. A trent’anni di distanza, Forza Italia è un piccolo partito che vale meno del 10% dei consensi e la coalizione di destra, da almeno due legislature è dominata dai due partiti di estrema destra, la Lega di Salvini prima e i Fratelli d’Italia di Meloni, poi.

Tajani dovrebbe saperlo bene, e pure Ursula von der Leyen. Eppure, sono i primi che fanno finta di non vedere.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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