Perché qualcuno dovrebbe accettare di partecipare a una competizione sapendo di non poter vincere? Per due ragioni, principalmente: per puro spirito decoubertiniano, oppure per allenarsi in modo da avere maggiori chance di vincere nella gara successiva. La storia del MoVimento 5 Stelle ai tempi del Consultellum, dell’Italicum e del Legalicum, se vogliamo, è tutta qui.
La possibilità che si voti con un sistema elettorale che non garantirebbe in alcun caso la maggioranza dei seggi a una delle tre (?) liste / coalizioni in campo è sempre più concreta, almeno stando a quanto restituito dai sondaggi e a come si sta configurando la “convergenza” sulla proposta di modifica della legge elettorale. Dunque, senza girarci troppo intorno, l’esito più plausibile di un immediato ricorso alle urne è quello di una distribuzione dei seggi in Parlamento estremamente frammentata, senza che alcuna lista / coalizione possa contare su una maggioranza stabile.
"Che senso ha votare sapendo che nessuno potrà poi governare" è domanda che contiene anche la risposta. Perché è evidente che l'ennesimo pareggio elettorale non potrebbe che accelerare la crisi di un sistema che i 5 Stelle "devono far crollare", per provare poi o a ricostruirlo dalle macerie (come vogliono gli integralisti) o a dare una riverniciata, sostituendo uomini e gruppi di interesse (come vuole la corrente più istituzionale del MoVimento).
Un pareggio che renda ineluttabili le intese larghe, o addirittura larghissime, garantirebbe al MoVimento una prateria nei mesi successivi alla consultazione elettorale, accelerando il processo di disgregazione del Pd e di ciò che resta del blocco moderato. In uno scenario di questo tipo, specie se la transizione fosse affidata a un Governo debole e delegittimato in partenza (come in parte è l'esecutivo guidato da Gentiloni), la propaganda dei 5 Stelle potrebbe trovare terreno fertile negli inciampi e nelle contraddizioni di coalizioni raffazzonate in Parlamento e per nulla omogenee nel Paese.
Se questo scenario vi sembra irrealistico, probabilmente converrà ricordare che si tratta di un processo già in atto. Adesso, non in prospettiva futura, i 5 stelle stanno raccogliendo i consensi di delusi e disillusi, presentandosi come un punto di approdo per "i dimenticati dalla politica tradizionale". L'ultima rilevazione realizzata dalla Index Research per PiazzaPulita fotografa il trend con precisione chirurgica: il M5s è il primo partito con il 29,5% dei consensi, il PD scende al 29,1% e della disgregazione dell’area moderata beneficiano le forze “dichiaratamente antisistema” e più in grado di cavalcare disillusione e rabbia dei cittadini.
Certo, il 40% è lontano. Per adesso. E scommettere sul caos potrebbe sembrare da irresponsabili, ma non nella prospettiva dei 5 Stelle: i quali, del resto, perché dovrebbero "responsabilmente" salvare un sistema che contestano dalle radici?
Il punto è che fino a qualche mese fa, nessuno di noi era in grado di smontare con cognizione di causa il teorema che disegnava i grillini semplicemente come un argine all'avanzata dei populismi di estrema destra, come una forza che, certo con le sue battaglie e la sua dura opposizione, sembrava in fin dei conti funzionale alla conservazione del sistema. A legittimare uno scenario di questo tipo, che nel lungo periodo si traduceva in una "ventina d'anni di Governo di una forza moderata", anche la presenza di una leadership forte come quella di Matteo Renzi e la concorrenza, sul piano del "consenso populista" rappresentata dall'ascesa di Matteo Salvini, che sembrava in grado di fagocitare Forza Italia. Poi, l'azzardo referendario, la delegittimazione interna di Renzi, le resistenze di Berlusconi, e, non da ultimo, la svolta dirigista del M5s, che ne ha spostato decisamente a destra l'asse (almeno sui temi a forte impatto emozionale, che determinano i flussi di consenso ben più delle vecchie dinamiche, come nota anche Landini).
Un insieme di fattori che hanno arrestato il riflusso dell'onda grillina, che sembra potersi nuovamente abbattere sulla politica italiana. Certo, limiti e contraddizioni restano, così come questioni cruciali, tutte ancora sul tappeto.