Il peso dell’Autonomia sulla sanità, Gimbe: “Legittimerà divari, Mezzogiorno sconterà carenza di medici”
Il Servizio sanitario nazionale è in crisi da oltre dieci anni e l'emergenza Covid non ha fatto che indebolirlo ulteriormente. A dirlo è il presidente della fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, che in audizione alla commissione Affari costituzionali al Senato ha messo in fila tutte le ragioni per cui la sanità nel nostro Paese è sempre più a rischio: un imponente sotto-finanziamento, la carenza di personale per assenza di investimenti, la mancata programmazione, l'incapacità di ridurre le diseguaglianze, modelli organizzativi obsoleti e, infine, l'inesorabile avanzata del privato.
"Autonomia legittimerà il divario tra Nord e Sud in Sanità"
Cartabellotta è intervenuto in merito alle proposte di legge per l‘autonomia differenziata, sottolineando che "per la nostra democrazia non è più tollerabile che i princìpi fondamentali del Ssn, universalità, uguaglianza ed equità, siano stati traditi e che i pazienti vivano oggi le conseguenze quotidiane di una sanità pubblica in codice rosso". E che "l'attuazione di maggiori autonomie in sanità, richieste proprio dalle Regioni con le migliori performance sanitarie e maggior capacità di attrazione, non potrà che amplificare le inaccettabili diseguaglianze registrate con la semplice competenza regionale concorrente in tema di tutela della salute".
Il presidente della fondazione Gimbe, ribadendo come sul Servizio sanitario pesino sempre più "infinite liste di attesa, aumento della spesa privata, diseguaglianze di accesso alle prestazioni sanitarie, inaccessibilità alle innovazioni, migrazione sanitaria, rinuncia alle cure, riduzione dell'aspettativa di vita", ha quindi aggiunto: "Il regionalismo differenziato in sanità legittimerà normativamente il divario tra Nord e Sud, violando il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini nel diritto alla tutela della salute. Peraltro proprio quando il Paese ha sottoscritto con l'Europa il Pnrr, il cui obiettivo trasversale è proprio quello di ridurre le diseguaglianze regionali e territoriali".
Mancano i medici di famiglia, il report Gimbe
Oggi la fondazione Gimbe ha anche pubblicato un report che approfondisce una delle criticità principali che il nostro Ssn si trova ad affrontare in questa fase post-pandemica: la carenza di medici. Ogni cittadino avrebbe infatti diritto a un medico di famiglia (Mmg, medico di medicina generale), ma spesso la carenza di questi comporta difficoltà per i cittadini nell'accesso a tutti i servizi e le prestazioni sanitarie. "È un problema che riguarda tutte le Regioni, per ragioni diverse: mancata programmazione, pensionamenti anticipati, medici con numeri esorbitanti di assistiti e desertificazione nelle aree disagiate che finiscono per comportare l’impossibilità di trovare un MMG nelle vicinanze del domicilio, con conseguenti disagi e rischi per la salute", ha spiegato Cartabellotta.
Ogni medico di famiglia dovrebbe seguire al massimo 1.500 pazienti (numero che in casi particolari può essere aumentato a 1.800 o addirittura 2.000). Secondo i dati raccolti da Agenas nel 2021, però, il 42,1% dei medici di base ha più di 1.500 assistiti. Per la maggior parte questo avviene in Campania, Valle d'Aosta, Veneto, Lombardia e le due province autonome di Trento e Bolzano, "con un'ovvia riduzione della qualità dell'assistenza".
Ci sono tanti problemi che il report di Gimbe evidenzia, tra i pensionamenti e la mancanza di nuovi medici: ci sono poche borse di studio ministeriali annue e anche se con il Pnrr queste sono aumentate non sono comunque sufficienti a colmare il ricambio generazionale. "Nel 2021 il 75,3% dei medici di base in attività aveva oltre 27 anni di anzianità di laurea, con quasi tutte le Regioni del Centro-Sud sopra la media nazionale, anche in conseguenza di politiche sindacali locali che non sempre hanno favorito il ricambio generazionale", ha detto Cartabellotta.
Tenendo conto di tutta questa situazione, le proiezioni future risultano particolarmente critiche. Sempre con nette differenze regionali: sarà in particolare il Mezzogiorno a scontare la carenza di medici. Una progressiva carenza che, ha concluso Cartabellotta, rischia di pesare sulla salute delle persone, in particolare di quelle più vulnerabili: "Guardando ai numeri, accanto alla carenza già esistente, le previsioni dimostrano che i medici di famiglia saranno sempre meno nei prossimi anni. Una “desertificazione” che lascerà scoperte milioni di persone con conseguenze sempre più rilevanti per l’organizzazione dell’assistenza sanitaria territoriale e soprattutto per la salute della popolazione, in particolare gli anziani e i fragili".