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Opinioni

Il “pentito” Favia e la scoperta dell’acqua calda

“Nel Movimento 5 Stelle la democrazia non esiste”, parola di Giovanni Favia, uno dei pochissimi ad aver avuto visibilità accanto alla stella di Beppe Grillo. E’ la scoperta dell’acqua calda, ma che segnerà, forse, la fine della sua parabola politica.
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Ci sono molti punti del "caso Favia" che andrebbero considerati, prima di emettere un verdetto unanime, di gridare allo scandalo, di dare in pasto il consigliere regionale alle fauci della reazione grillina o di contro di sparare a zero sul progetto nato e cresciuto in Rete all'ombra del comico genovese. Questioni che, in parte, prescindono anche dalle considerazioni di Favia, che restano comunque di grande impatto.

Innanzitutto Favia conferma quello che già era stato "oltremodo ipotizzato" sia dagli avversari politici che dai militanti più anziani del Movimento. I dubbi sull'invadenza della Casaleggio associati nella gestione del Movimento, l'influenza che Gianroberto Casaleggio direttamente esercita su Beppe Grillo, la mancanza di una reale trasparenza nella catena di comando, l'assenza di democrazia e di dialettica politica, la particolare forma di bonapartismo con cui il comico genovese liquida le discussioni interne. Cose sulle quali sono stati versati fiumi di inchiostro e sulle quali anche chi scrive è più volte ritornato negli ultimi mesi. In tal senso quelle di Favia sono tutt'altro che rivelazioni clamorose, quasi delle conferme non necessarie per oppositori, critici ed avversari politici. Ad una riflessione invece, dovrebbero essere chiamati i teorici del complotto, i pasdaran grillini che avevano sempre reagito con livore, rabbia e cieca ostinazione alle perplessità manifestate in tal senso.

Ed è questo l'aspetto centrale della questione. Perché ha un bel dire Favia che si è trattato di uno "sfogo privato e scomposto, rubato da un cronista di cui mi ero fidato", perché si tratta di un discorso che non è riconducibile ad un gossip di fine estate, ma ad un sostanziale vulnus dell'intero Movimento. Problema che del resto lo stesso consigliere regionale dell'Emilia Romagna ribadisce anche a bocce ferme:

Nel mio sfogo del fuori onda, parlando di assenza di democrazia, non attaccavo il Movimento, ma un problema che oggi abbiamo e che presto dovrà risolversi. Ovvero la mancanza di un network nazionale dove poter costruire collettivamente scelte e decisioni, comprese le inibizioni e le attribuzioni del logo. Questa falla concentra tutto in poche mani, seppur buone e fidate, generando una contraddizione che spesso sul territorio ci viene rinfacciata. Non è un problema di sfiducia, è un problema d’efficienza, d’organizzazione e di principio. Basta leggere il nostro non-statuto.

E non c'è solo l'emergere della figura di Casaleggio a spingere a riflessioni di questo tipo. C'è anche, caso unico per un partito accreditato quasi al 20%, l'assenza pressocché totale di figure di riferimento, di rappresentanti legittimati a prendere decisioni, di "correnti di pensiero riconoscibili" che non rimandino nelle mani di Grillo (e Casaleggio) l'onore – onere delle decisioni, degli orientamenti e finanche della comunicazione. E ha un bel dire Grillo che si tratta dello spirito originario del Movimento, che la dialettica ed il confronto vengono praticati in Rete (qualcuno ha seguito ultimamente le pseudo – discussioni nei forum? Beh…), che la scelta delle candidature sarà affidata a consultazioni online (e il suo diritto di veto?), che lo stesso programma (siamo seri…) è la garanzia della bontà del lavoro svolto "collegialmente" negli ultimi anni, che lui è semplicemente il megafono di istanze, progetti ed idee dei cittadini: tutte cose sulle quali discutere, ma che perdono completamente di valore se oppresse dalla cappa di un centralismo pseudo – democratico. Forse meglio evitare di scendere nel merito, come fa Casaleggio con uno stringato messaggio sul blog di Beppe Grillo: "Né io, né Beppe Grillo abbiamo mai definito le liste per le elezioni comunali e regionali. Né io, né Beppe Grillo, abbiamo mai scritto un programma comunale o regionale. Né io, né Beppe Grillo abbiamo mai dato indicazioni per le votazioni consigliari, nè infiltrato persone nel MoVimento Cinque Stelle."

Contraddizioni e perplessità che trovano una diretta conferma nel modo in cui Grillo gestisce la comunicazione politica. Già, perché lo "sfogo" di Favia rivela anche alcuni particolari sul divieto praticamente assoluto di "andare in televisione" e in generale di avere rapporti con i mezzi di informazione cui dovevano (e dovranno?) rispondere i candidati a 5 Stelle. In buona sostanza si tratta di un meccanismo ingegnoso teso a controllare il dissenso, a prevenire problemi, ad evitare incomprensioni (e strumentalizzazioni, va detto) e allo stesso tempo a rimediare alle carenze "politico – amministrative" dei candidati a 5 Stelle (mancanze del tutto scontate e sulle quali non ci sentiamo di infierire del resto, se si considera che gran parte di essi era e sarà alla prima esperienza). E lo stesso Favia si dice "costretto a mentire" ai media (come un politico qualunque, direbbero i grillini d'assalto). Come poi Grillo e Casaleggio abbiano sempre inteso declinare la questione è cosa abbastanza nota: molto meglio gridare al complotto dei media che ammettere serenamente l'esistenza di nodi irrisolti, di questioni aperte e di un cantiere necessariamente in divenire.

Ma c'è un altro punto su cui riflettere: la questione del leader. Già, perché forse occorrerebbe sottolineare che l'autore di un simile sfogo non è l'ultimo arrivato in casa grillina, bensì uno dei referenti storici del Movimento, uno dei pochi ad aver già in passato espresso perplessità e distinguo di fronte al pensiero unico grillino, uno dei pochissimi ad avere un minimo di riconoscibilità personale nella galassia a 5 Stelle. Nonché uno dei papabili per la leadership alle politiche del 2013, aggiungiamo noi. Ed uno dei pochissimi (il solo?) ad aver conservato un ruolo nel Movimento nonostante le distanze con il guru Casaleggio (si veda il caso Tavolazzi). E che il fuori onda di Piazza Pulita sarà un modo per regolare i conti appare fin troppo chiaro. Così come del resto chiaro è che la stella di Favia è destinata ad eclissarsi, nonostante la solidarietà di tanti grillini delusi ed un primo abbozzo di polemica con il tandem di comando che rimbalza sui social network.

Insomma, fermento tra i militanti, critiche dalla base, insofferenza tra i dirigenti e gli amministratori e problema di leadership: caro Beppe, benvenuto nel dorato mondo della partitocrazia italiana.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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