Ha tutte le ragioni Pierluigi Bersani per parlare di "nettissimo rafforzamento del Partito Democratico e del centrosinistra" e di "tsunami" nel centrodestra. E mentre "Berlusconi non ha la minima idea di cosa fare" (secondo la lettura disincantata del solitamente ben informato Giuliano Ferrara), è indubbio che la situazione in casa democratica dopo il primo turno delle amministrative sia sostanzialmente diversa. Certo, restano le mille contraddizioni di un partito che spesso non resiste alla tentazione dell'autolesionismo e resta anche la sensazione che la transizione sia ancora lenta e complessa, eppure, come nota Stefano Menichini: "Passato lo tsunami, il Partito democratico rimane l’unico partito in piedi. Il bilanciamento col Pdl è ormai mera finzione, retaggio parlamentare di un’epoca cancellata. I democratici non sono solo primi in Italia, lo sono ormai anche nel Nord un tempo impenetrabile. Per vie contorte e per meriti non tutti loro, sono finalmente quella forza centrale nel paese che era nella missione originaria". Ed il punto è proprio questo. Come gestire una situazione del genere "date le attuali condizioni"?
Chi staccherà la spina al Governo Monti? – Anche su questo Bersani è stato "stranamente" determinato: "Andiamo avanti con Monti, ma c'è un certo rammarico perché se il Governo ci avesse ascoltato su Imu e pensioni il disagio nel Paese non sarebbe così forte". Eppure negli ambienti democratici (e soprattutto nel vortice di commenti sulle pagine facebook e tra i profili twitter) si è già cominciato a dibattere sulla possibilità di "liquidare" Monti e spingere verso elezioni anticipate (anche con questa legge, si mormora…) che, visto che difficilmente le condizioni sembrano poter cambiare in così breve tempo, potrebbero regalare un'ampia maggioranza ad un ricostruito centrosinistra. In tale ottica non guasterebbe sottolineare l'impasse nella quale si trovano sia l'Italia dei Valori che Sinistra Ecologia e Libertà, scavalcate dal Movimento 5 Stelle sul "piano della radicalità e dell'alternativa" ed incapaci di ripensare la loro proposta politico – comunicativa (eccezion fatta per i "regali" democratici a Palermo e Genova…). Sia detto per inciso, ma l'idea di sfiduciare Monti è probabilmente accarezzata anche dai vertici del Popolo della Libertà, che stanno vedendo disintegrarsi su base territoriale quel consenso di cui godevano, anche se appare evidente che "una competizione elettorale in queste condizioni sarebbe un suicidio politico".
Il Partito Democratico è pronto a guidare il Paese? – E' chiaro che, come ripetevano dal quartier generale democratico, un test del genere, per quanto significativo, non deve essere sopravvalutato ma analizzato in maniera estremamente lucida. Anche in considerazione di un aspetto non marginale che è quello del rapporto fra militanti e classe dirigente, tra i voti democratici e le scelte dall'alto. La sensazione è che i militanti democratici siano sostanzialmente "più avanti" della loro classe dirigente. Sia politicamente che "culturalmente". E soprattutto che siano in grado di valutare il lavoro e l'affidabilità dei propri rappresentanti nonostante la confusione, i pasticci, le scelte scellerate e le inutili guerre di fazione. E rappresentano la schiena dritta di un partito che ha ancora una classe dirigente territoriale vecchia ed inadeguata, con enormi problemi di democrazia interna e ricambio generazionale (con le dovute eccezioni, ci mancherebbe…). Un Partito che invece ha tante energie, tante idee e tanti progetti che possono e devono contribuire alla rinascita del Belpaese.