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Il Pd è davvero pronto a sacrificare anche Prodi in nome delle larghe intese? (VIDEO)

Secondo indiscrezioni provenienti da ambienti a lui molto vicini, Romano Prodi sarebbe pronto a lasciare il Partito Democratico. A pesare in maniera determinante il “boicottaggio” dei franchi tiratori durante l’elezione del Capo dello Stato.
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Per ora non c'è alcuna conferma ufficiale, ma solo una serie di indiscrezioni e voci di corridoio: Romano Prodi starebbe "seriamente pensando di lasciare il Partito Democratico". A rilanciare questa suggestione anche un pezzo di Fabio Martini su La Stampa, nel quale si ricostruiscono le vicende che avrebbero portato il Professore alla decisione: "Prodi è rimasto lontano dalla politica, salvo rientrare involontariamente in scena, quando Pier Luigi Bersani lo ha candidato al Quirinale e i 101 franchi tiratori lo hanno cecchinato nel segreto dell’urna. Da quel giorno Prodi, amareggiato, non ha più parlato di quella vicenda. D’altra parte nei mesi e nelle settimane precedenti il Professore non aveva brigato per essere candidato e dunque la superficialità con la quale era stato messo in campo e il «tradimento» dei 101 hanno finito per convincerlo che la crisi del Pd è molto più grande della sua vicenda. Una crisi che Prodi giudica quasi irreversibile, al punto che l’ex premier sta meditando una decisione clamorosa: lasciar consumare il suo rapporto col partito, sia pure senza strappi plateali, ma con un gesto simbolico: non ritirando la tessera in occasione del prossimo congresso di autunno".

Si tratterebbe ovviamente di una decisione clamorosa, proprio per ciò che Prodi ha rappresentato e rappresenta all'interno del Partito Democratico. Il Professore non è soltanto il fondatore del Pd, non è solo l'ex Presidente del Consiglio e una delle personalità italiane più apprezzate all'estero, ma è anche l'unico ad aver battuto per ben due volte Silvio Berlusconi alle urne. È, per dirla in modo brutale, ciò che rimane del vero antiberlusconismo all'interno del partito, un punto di riferimento essenziale per chi ancora considera l'accordo con il Popolo della Libertà un male senza se e senza ma, un sacrificio nemmeno tanto necessario ed in ogni caso una prospettiva di brevissimo respiro. E la domanda che sono in tanti a porsi è proprio questa: può il gruppo dirigente del Pd, per quanto malandato e in "ben altre faccende affaccendato", permettersi il lusso di rinunciare a cuor leggero ad un pezzo di storia e alla sua alterità di fondo rispetto al centrodestra? Inoltre, per citare Peppino Caldarola, "i partiti che non sanno trovare un ruolo ai loro ideatori e fondatori sono partiti nati male" e i democratici non possono permettersi il lusso di non capire che il Professore è ormai di diritto nel pantheon di tanti italiani (non solo della base militante del Pd, come dimostra il voto delle quirinarie del M5S, addirittura condizionato dalle dichiarazioni "contro" il Prof. di Grillo e Casaleggio ad urne aperte). Sempre che coloro che hanno in mano ora le chiavi del partito vogliano davvero evitare lo "scivolamento al centro" e la pacificazione nazionale, sia chiaro. E la cosa, come insegna l'operazione dei 101, potrebbe essere davvero più che probabile.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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